Gerry Scotti: «Voglio restituire il vitalizio, sono rimasto disgustato dalla mia esperienza in politica»

Il conduttore racconta la giovinezza e gli esordi in radio in Tv. Un accenno anche al suo mandato parlamentare con il Psi di cui però non conserva un buon ricordo

Giovedì 24 Novembre 2022
Gerry Scotti: «Voglio restituire il vitalizio, sono rimasto disgustato dalla mia esperienza in politica»

Gerry Scotti, al secolo Virginio. Conduttore televisivo, volto storico di mediaset, con un passato in radio e… in Parlamento. Il giudice di Tu si que vales fu infatti eletto deputato nel 1987 nelle fila del Psi, allora guidato da Bettino Craxi. Un impegno che divise sempre con il lavoro in tv e di cui non parla volentieri. «Ho vissuto male quell’esperienza», ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera. «Se nella mia carriera sento di aver ricevuto molto perché ho dato molto, nella mia esperienza politica ho ricevuto poco perché ho dato poco», commenta.

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Complici gli impegni lavorativi, Gerry Scotti fu spesso assente durante il suo mandato, ma durante il primo periodo presentò comunque varie proposte di legge relative alle condizioni dei giovani, materia che gli era stata affidata, rimaste tutte inascoltate. All’impegno politico è seguita la disillusione: «Per dieci anni non sono più andato alle assemblee di condominio e non ho più votato. Ero disgustato», dichiara nell’intervista. Quel che rimane dell’avventura parlamentare è solo il vitalizio maturato a 65 anni: «Mi restano i famosi mille euro di pensione a cui voglio rinunciare: l’ho già detto a tre presidenti del consiglio (il primo fu Matteo Renzi nel 2014, ndr) e lo dirò anche a Giorgia Meloni.

Mi suggeriscono di darli in beneficenza: c’ero arrivato. Ma vorrei non essere costretto a ritirarli. Da quando ne parlo sa quanti altri ex onorevoli mi hanno scritto per unirsi a questa idea? Zero», dice all'intervistatrice.

 

La carriera in Tv

Accantonata la politica, meglio parlare della carriera in Tv, che però non è stato il primo amore. «Facevo la radio e mi sembrava il massimo. Sentiamo Linus da 30 anni: se non avessi preso la mia strada, oggi sentireste lui e me, perché quello volevo fare, la radio». Gerry Scotti si definisce un ragazzo fortunato, un timido della periferia di Milano, figlio di operai, che non ha problemi ad ammettere: «Non avevo spirito di rivalsa e non ho mai desiderato diventare chi sono: non era il mio obiettivo. Semplicemente sono successe molte cose». L’arrivo in video arriva con l’esperimento pioneristico di DeejayTv, lanciata nel 1983 da Claudio Cecchetto, il fondatore di Radio DeeJay e Radio Capital. «Cecchetto si è preso la briga per primo di dirmi che quello che facevo in radio potevo farlo, allo stesso modo, in tv. Mi sembrava il massimo allargamento della mia professionalità: lo vivevo come una protesi, come un abusivismo», spiega Gerry al Corriere. Il successo arriva qualche anno dopo col Festivalbar, in cui Scotti entra quasi in punta di piedi, con le telepromozioni tra un cantante e l'altro, ma una sera il boato del pubblico al suo ingresso convince gli organizzatori che era l’uomo giusto per condurre l'edizione del 1988. «Non era nemmeno nelle mie speranze. Questo è stato il primo grande atto contro la mia previsione e anche contro la mia volontà», commenta commosso.

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La popolarità crescente porta presto il bambino a cui da piccolo non piaceva nemmeno la sua voce registrata sotto la lente dei massimi dirigenti Mediaset, in particolare di Fatma Ruffini, plenipotenziaria delle tv private italiane tra gli anni Novanta e gli inizi del nuovo millennio, che dice che quel volto non può restare solo nei programmi musicali. L’incontro in un parcheggio degli studi Mediaset: «“Sei contento di fare quello che fai?” [mi chiede Ruffini]. “Non mi sembra vero signora”, rispondo. Ma lei fa cenno di no con il dito e dice: “Tu sei adatto per essere formato famiglia: l’anno prossimo condurrai Il gioco dei Nove». Un altro “sogno involontario” che si avvera? «Macché. È un po’ come se a uno che oggi conduce X Factor dicessero di andare a fare il giochino tv delle sette di sera. Ma anche per Vianello ero la persona giusta». Sarà stata anche una simile benedizione a convincere Scotti al cambio di ruolo. Sta di fatto che da allora il conduttore è diventato un volto famigliare nelle case degli italiani, tra quiz delle sette, giochi, talent, prime serate e anche qualche sit com, pur senza mai essere diventato un attore a tutti gli effetti.

La famiglia prima di tutto

Oggi Gerry Scotti dichiara di aver fatto pace con la sua dimensione pubblica, ma quel che conta davvero è altro, soprattutto la famiglia e i valori che ti lascia. Un qualcosa che il conduttore ha capito fin da giovanissimo. Gli amici sono ancora oggi quelli del Liceo Carducci di Milano: «Il fatto di poter riatterrare ogni volta tra loro mi ha tenuto ben legato al Gerry Scotti che ero e che sono sempre stato». Un liceo in centro a Milano significava però entrare in contatto cuna una realtà diversa da quella della periferia in cui era cresciuto. All’epoca alle prime difficoltà in greco e latino cominciavano le occhiatacce e il “consiglio” di passare alle scuole professionali. I compagni invece arrivavano in Jaguar e Maserati, anche se questo non ha mai portato il giovane Gerry ad essere emarginato: «Eravamo ben voluti, andavo anche a fare i compiti da loro. Entravo in queste case e vedevo maggiordomi, sei, sette stanze... io vivevo in due stanze più servizio con i miei genitori. Ogni tanto qualche compagna veniva a studiare da me e il giorno dopo, in classe, mi chiedevano tutti: ma veramente a casa tua c’è la torta ogni giorno?». Episodi semplici che però hanno fatto capire al futuro conduttore che, pur senza avere un maggiordomo, era portatore di una ricchezza diversa da quella dei suoi compagni. «Lì ho capito che i benefit della vita sono altri», spiega. «Venivo da un ambiente umile ma dignitoso, dove se andavi in cortile senza merenda qualcuno che te la offriva lo trovavi. Non mi è mai mancato niente mentre in quelle famiglie di classi sociali più agiate credo mancassero un sacco di cose».

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Oggi la famiglia è ancora centrale e la torta in casa continua ad esserci sempre, anche se Scotti ha attraversato un periodo in cui questo nucleo rassicurante è sembrato andare in pezzi. Tra il 2002 e il 2009 con il divorzio dalla prima moglie di Patrizio Grosso e la morte a stretto giro dei genitori, «parevano bruciate di colpo tutte le statuine del presepe che rappresentava il mio concetto di famiglia», spiega. Ma il centro di gravità è stato ritrovato in quella stessa famiglia allargata e rinnovata. Nel 2011 è iniziata la relazione con l’attuale compagna, l’architetto Gabriella Perino, che ancora non è diventata sua moglie ma per cui il conduttore ha solo parole di ammirazione: «io so che avevo assolutamente bisogno di una donna come lei. Non ama il clamore, quasi la infastidisce». Oggi sprizza di nuovo soddisfazione per il suo ruolo di padre di famiglia: «sono il rompiscatole che dice di spegnere la luce o non far scorrere l’acqua in casa. Ora sono grandi, ma quante notti sono stato sveglio aspettando uno o l’altro che rientrasse... loro sono la mia ancora di salvezza, mi fanno sentire un uomo vivo e una persona qualsiasi». Forse anche per questo il compimento più bello che riceve oggi, dice, non è più come appare in Tv, ma «Siamo cresciuti con te».

Ultimo aggiornamento: 11:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA