Gerry Scotti: «Dopo 40 anni in tv vorrei fare il mestiere di Piero Angela. L’errore? La laurea mancata»

Il popolare conduttore: «Vorrei uscire dagli studi televisivi e raccontare il Paese. La mia esperienza in Parlamento? Non eclatante»

Sabato 30 Luglio 2022 di Andrea Scarpa
Gerry Scotti: «Dopo 40 anni in tv vorrei fare il mestiere di Piero Angela. L’errore? La laurea mancata»

Domenica prossima Virginio Scotti, per tutti Gerry, il presentatore schiacciasassi che asfalta tutta la concorrenza portando sempre a casa il risultato, compirà 66 anni.

E pochi giorni dopo, il 29 agosto, tornerà nel preserale di Canale 5 con il game show Caduta libera, che nel corso dell’anno taglierà il traguardo delle mille puntate. Il tempo passa, ma non molla.

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Nel 2015 aveva detto che a 60 anni si sarebbe ritirato.
«Lo so, è vero. Però finché continuo a divertirmi, e con me il pubblico, vado avanti».
A parte le quattro edizioni da conduttore del Festivalbar, dal 1989 al 1992, ha sempre lavorato in studio: non s’è stufato?
«Un po’, sì. Dopo 39 anni di carriera in tv vorrei uscire e mettermi a fare il divulgatore».
Tipo Piero e Alberto Angela?
«Sì, anche se fisicamente sembro più Roberto Giacobbo. Loro sono bravissimi, io farei tutto con un approccio molto più nazional-popolare. Per la terza e ultima parte della mia carriera mi piacerebbe andare in giro a raccontare i paesini italiani, il cibo, il vino, i mercati. Almeno all’inizio mi concentrerei sul territorio».
A Mediaset che ne pensano?
«Ogni volta che ne parlo mi dicono: “Sì, certo. Buona idea”, come si fa con i matti. Però a furia di ripeterlo lo farò davvero».
L’anno prossimo gli anni di tv saranno quaranta: quale super potere c’è voluto per arrivare fin qui?
«Non avere la puzza sotto il naso. Ho fatto un calcolo: all’ora delle cena, a fine giornata, sono entrato nelle case degli italiani almeno diecimila volte. In quella fascia oraria devi entrare in sintonia con la gente. E poi un po’ di follia».
La sua qual è stata?
«Nel 1982 l’agenzia pubblicitaria per cui lavoravo, la McCann Erickson, voleva mandarmi a Los Angeles per fare un corso di regia per gli spot. Mi avevano preso anche la casa. Poi Claudio Cecchetto mi offrì di andare a Radio Deejay e tre giorni prima di partire cambiai programma e rinunciai all’America e tutto il resto. Il più grande azzardo della mia vita».
Il momento peggiore?
«Quando mi chiedevano di fare tutto, troppo, alla fine degli Anni 90. La svolta ci fu con il preserale Passaparola, una scommessa. Ricordo che me l’offrì Giorgio Gori, all’epoca direttore di Canale 5 e oggi sindaco di Bergamo».

 


È stato mai cercato dalla Rai?
«Mai. Chiacchiere, caffè, battute, ma niente di serio. Parlavo con un dirigente e dieci giorni dopo scoprivo che era andato a lavorare per l’azienda del gas».
Amadeus l’ha invitata a Sanremo?
«Due volte, ma purtroppo non potevo. E quando ero libero non mi ha chiamato. Vediamo il prossimo che succede». 
Dopo di lui andrebbe di corsa a condurre Il festival?
«Sanremo è Sanremo».
Un vecchio dj come lei non si annoia, diciamo così, con tutte queste vocine deboli deboli filtrate dall’autotune?
«Nella domanda c’è già la risposta... Ma seguo tutte le novità per sapere quello che succede. Nella sua Finimondo Myss Keta canta di “una serata calda come Gerry Scotti”».
Registrando il suo podcast, con lei ospite, Fedez ha detto di non aver mai sentito il nome di Giorgio Strehler, fra i più importanti uomini di teatro italiani. Vuole aggiungere qualcosa?
«Questi ragazzi hanno un ego talmente grande che riempie tutto quello che li circonda. Diventati popolari in pochissimo tempo, Fedez e tanti altri sono bravi nel loro campo, come gli sportivi. Peccato che parlino di presente e futuro senza sapere nulla del passato. C’è tanta ignoranza».
Nel 2003 litigò con Gabriele Muccino dopo aver visto il suo film “Ricordati di me” - girato nello studio Mediaset in cui lei conduceva “Passaparola” - con una ragazza, interpretata da Nicoletta Romanoff, pronta a tutto pur di lavorare in tv. Vi siete mai chiariti? 
«No. Non ho rapporti con lui. Mi incazzai perché venne a chiedere con modestia di poter usare lo studio, la struttura del programma e la scenografia. E poi descrisse un presentatore decadente e perverso che a me non è piaciuto. Non era quello il mondo di Passaparola (fra le Letterine c’erano Silvia Toffanin, Ilary Blasi e altre, ndr), non ha descritto la nostra realtà. Per quello mi arrabbiai».
Dopo però abbiamo visto tutti che quella realtà esisteva.
«Certo. Non nel mio programma, però».
Il 25 settembre, un mese dopo la partenza del suo show, si vota: lei è stato deputato del Partito Socialista dal 1987 al 1992: come si regolerà?
«Farò il mio dovere ma finché non si cambia la legge elettorale non si cambierà mai niente. Come tutti, o quasi, sono smarrito e non riesco più a capire cos’è destra e cos’è sinistra, vedo strani accorpamenti... Voterò l’uomo o la donna, che riterrò capace».
Che ricordo ha della sua esperienza parlamentare?
«Era un Paese alla deriva e c’era tanta impunità. Tanti, in certi ambienti, pensavano di essere al di sopra della legge. Io da estraneo fui subito messo in disparte. Quando passavo si giravano e mi ridevano dietro, smettevano di parlare. Pensavo di poter fare qualcosa di buono, discutere, organizzare. Volevo la presidenza della Commissione condizione giovanile, me l’avevano promessa. Mai avuta. Non mi facevano fare nulla, e quando provai a dare le dimissioni non le accettarono. Non è stata un’esperienza eclatante».
Ha firmato 33 proposte di legge: se ne ricorda uno?
«Certo. Sono stato il primo in assoluto a proporre una legge “green” per non usare la plastica per gli alimenti, i giornali eccetera. Ero avanti».
Il vitalizio lo prende ancora? 
«Sì. Dopo aver chiesto a tre premier di fare una regola per poter rinunciare a quei soldi, l’ultimo a cui l’ho chiesto è stato Matteo Renzi, mi sono arreso: li prendo e li dò in beneficenza».
A quanto ammonta e da quanto tempo lo incassa?
«Mille euro da settembre dell’anno scorso. A novembre per la Giornata della ricerca darò l’importo di un anno come borsa di studio. Se aspetto che cambino le regole...».
Due anni fa ha preso il Covid ed è stato 36 ore in terapia intensiva con il casco per la ventilazione: il pensiero ricorrente?
«Dopo un mese sarebbe nata mia nipote Virginia e non volevo perdermela. È stata dura: sono invecchiato di vent’anni e mi sono venuti i capelli bianchi».
Guadagna come Ronaldo o Dybala?
«Un onesto centrocampista di Serie A. In fondo sono uno dei pochi che può dire di giocarci da quarant’anni».
L’ultimo sfizio tolto?
«I miei risparmi, tolto il totem della casa, vanno tutti in auto e moto. Ne comprerei una al mese. Mi piacciono le Porsche. L’ultima che ho preso ha dieci anni. Ogni tanto la pulisco, l’abbraccio, me la bacio, l’accendo, faccio un giro e via. Alla mia età un oggetto di culto fa bene». 
L’errore più grande che ha fatto?
«Non essermi laureato in Giurisprudenza. Mi mancavano due esami. Ho mancato di rispetto ai miei genitori che per me avevano fatto tanti sacrifici».
“The best is yet to come”, come cantava Frank Sinatra, o “Coraggio, il meglio è passato” come scriveva Ennio Flaiano?
«Il meglio è passato e sono felice di averlo vissuto».
Come festeggia il compleanno?
«Con la famiglia, al mare. Ho una casa vicino a Nizza da una ventina di anni. Giocherò con la nipotina. Farò i tuffi a bomba».

Ultimo aggiornamento: 31 Luglio, 06:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA