Silvio Garattini: «Volevo fare il sacerdote, poi ho fatto il medico: la vera cura è amare gli altri come se stessi»

A novantaquattro anni portati con leggerezza, Garattini resta un riferimento obbligato per tutte le tematiche della sanità

Giovedì 20 Aprile 2023 di Paolo Graldi
Silvio Garattini: «Volevo fare il sacerdote, poi ho fatto il medico: la vera cura è amare gli altri come se stessi»

«Guerriero gentile», è una definizione che si attaglia perfettamente alla personalità di Silvio Garattini, oncologo, farmacologo, ricercatore, fondatore e presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.

A novantaquattro anni portati con leggerezza, Garattini resta un riferimento obbligato per tutte le tematiche della sanità. Avversario del “Metodo Di Bella” contro il cancro, («non serviva a niente»), favorevole alla sperimentazione animale, («insostituibile e necessaria»), sostenitore dell’utilità dei vaccini, Garattini è stato ed è protagonista di battaglie con al centro l’Uomo. Il suo palmarès è ricchissimo e lo pone tra le personalità più autorevoli della ricerca scientifica internazionale. 

Professor Garattini, quale è la più bella pagina della sua carriera di scienziato?
«La fondazione dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, perché ha permesso in 60 anni a migliaia di ricercatori di contribuire allo sviluppo delle conoscenze per la salute».


C’è stato un punto di riferimento che l’ha guidata? 
«Ho sempre cercato di imparare da tutti, ma non posso non menzionare lo stimolo di mio padre che mi ha educato allo spirito critico e gli insegnamenti del professor Emilio Trabucchi che ha permesso di esprimere la mia volontà di migliorare».
Nella sua vita ha realizzato il sogno della sua infanzia?
«I sogni nel tempo si sono diversificati. Avrei voluto fare il sacerdote, poi lo psichiatra e alla fine ho fatto il medico, ma con il dispiacere di mia mamma, e senza curare pazienti, perché mi sono dedicato alla ricerca».
Che cosa si deve chiedere alla ricerca scientifica oggi?
«Bisogna chiedere di essere sempre dalla parte dell’ammalato. Troppi interessi economici ne deviano il fine e l’etica».
C’è bisogno di dare più dosi di etica nel mondo della ricerca e della medicina?
«Certamente. Non esiste l’informazione indipendente, ma solo quella di chi vende. Esiste poca ricerca indipendente perché l’Italia considera l’attività scientifica una spesa anziché un investimento».
Che cosa ci si può aspettare dalla ricerca scientifica in tema di nuovi farmaci?
«Molti sviluppi, soprattutto nel campo della terapia genica e cellulare».
Contro quali patologie è prevedibile il più ampio successo dei futuri farmaci?
«In tutte le patologie in cui c’è possibilità di guadagno. Molto poco si farà per ciò che è più difficile come per le circa 7.000 malattie rare che per loro natura non sono economicamente attraenti».
Davvero siamo vicini a disporre di un vaccino contro il cancro e altre gravi patologie?
«Sono delle buone notizie che devono essere tradotte in risultati concreti. È comunque un po’ difficile che un solo vaccino Rna curi tutti i tipi di tumore, molto diversi tra loro».
 

Nel settore della diagnostica, dopo la tac e la risonanza magnetica, quali altri progressi rivoluzionari ci attendono?
«Sarà molto importante la possibilità di diagnosticare l’andamento delle malattie croniche sulla base di parametri che permettano di valutare in tempi brevi l’efficacia delle terapie».
Il rischio di una nuova ondata pandemica è probabile?
«È molto probabile se non verrà realizzato un intenso lavoro di prevenzione».
Che qualità deve avere uno scienziato oggi?
«Curiosità, determinazione e umiltà».
Qual è la scoperta più importante di un uomo per l’uomo?
«Amerai il prossimo tuo come te stesso».
Gli ospedali italiani devono curarsi da quali malattie croniche?
«Anzitutto, dalla burocrazia che li rende poco flessibili e tempestivi».
Qual è l’insegnamento più importante di cui si è giovato nella sua lunga carriera?
«Il sentirmi ignorante e inadeguato».
Nella sua carriera piena di successi, c’è stata anche una sconfitta?
«Ce ne sono state molte, inclusa la triste necessità di chiudere l’Istituto Mario Negri Sud dopo 20 anni di importante attività per mancanza di risorse».
Quali concetti andrebbero insegnati fin dalla prima infanzia ai bambini in tema di salute?
«Vanno insegnate le buone abitudini di vita per evitare le malattie e i tumori».
Sul terreno dei corretti stili di vita che cosa resta da praticare, perché siano davvero efficaci?
«Occorre una rivoluzione culturale perché la prevenzione sia al centro dell’attenzione del servizio sanitario Nazionale e dei politici».
I suoi personali cinque comandamenti per vivere bene?
«Non fumare, evitare alcol e droghe, praticare esercizio fisico, alimentazione varia e moderata per evitare l’aumento di peso e attività intellettuale».
La parola più bella?
«Amore».
Che cosa considera imperdonabile nel comportamento degli altri?
«L’indifferenza».
A un ragazzo che le chiedesse un consiglio per la vita che cosa direbbe?
«Cerca di sviluppare quello che ritieni siano i tuoi talenti con determinazione e senza scoraggiarti».
Che cosa le suggerisce lo sguardo del paziente?
«Il desiderio di aiutarlo».
Le parole dei medici restano nella memoria del paziente: perché questo valore non viene rispettato, con affermazioni superficiali o inadeguate?
«Le scuole di medicina non insegnano che la competenza scientifica deve affiancarsi all’ascolto ed al dialogo con l’ammalato».
Perché ai giovani medici non si insegna il giusto rapporto medico-paziente?
«Perché spesso i medici escono dall’Università senza aver visto i pazienti e, con tutte le eccezioni, senza aver avuto l’esempio degli insegnanti».
Come si trasforma la fatica dello studio e della ricerca in piacere?
«Amando il proprio lavoro».
La fuga dall’Italia dei giovani laureati…
«Credo che aumenterà perché per raggiungere il livello di ricerca della Francia dovremmo spendere 22 miliardi di euro in più all’anno. Per usare un solo topo per la sperimentazione, oggi ancora indispensabile per la ricerca, bisogna aspettare 6 mesi».
La politica sa ascoltare la scienza?
«La politica non ascolta la scienza perché i tempi della scienza sono lunghi».
Quali sono i rischi che corre l’umanità?
«I rischi sono molteplici finché vi sarà diseguaglianza di reddito fra le popolazioni. L’Italia rischia l’estinzione se continuano a diminuire le nascite».
Il cibo ha subito negli ultimi decenni grandi trasformazioni: quali vantaggi, quali rischi?
«C’è chi rischia di morire di fame e chi diventa obeso. L’alimentazione più vicina alla salute è la dieta mediterranea che purtroppo stiamo abbandonando. Occorre mangiare meno carne e più vegetali, meno carboidrati raffinati e più carboidrati integrali».
Carne sintetica: lei che ne pensa?
«Se viene guidata può essere utile perché sarà povera in grassi saturi e soprattutto diminuire gli allevamenti intensivi che sono produttori di gas serra e di ammoniaca e corresponsabili delle antibiotico-resistenze».
Qual è, professore, il segreto della sua lunga vita di scienziato? 
«Avere buone abitudini di vita, non seguire le mode e sentirsi ignorante».
Quale ricordo vorrebbe che restasse di lei?
«La continuazione della ricerca indipendente dell’Istituto Mario Negri».
Tutti abbiamo un pensiero ricorrente. Qual è il suo?
«Come migliorare la conoscenza».
Le sue leggendarie maglie bianche a collo alto. Come mai questa scelta?
«Per non far stirare le camicie a mia moglie».
In cinque parole chi è davvero Silvio Garattini?
«Garattini? Lo dico così: se siamo uniti nulla è impossibile».
 

Ultimo aggiornamento: 18:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA