«Amore, chiamami domani. Poi hanno ucciso Vittorio». Parla la fidanzata di Iacovacci, il carabiniere morto in Congo con Attanasio

Martedì 29 Giugno 2021 di Raffaella Troili
«Amore, chiamami domani. Poi hanno ucciso Vittorio». Parla la fidanzata di Iacovacci, il carabiniere morto in Congo con Attanasio

«Chiamami all'alba amore mio, prima che parto, fallo te non voglio svegliarti». Un presentimento, chissà, quello del carabiniere scelto Vittorio Iacovacci ucciso lo scorso febbraio in un agguato in Congo al seguito dell'ambasciatore Luca Attanasio.
 

Domenica Benedetto, 29 anni, era la sua fidanzata. Anzi è. Spesso in questa conversazione parlerà al presente.
«C'è il fuso di un'ora e mi ha detto chiamami te che ti voglio sentire.

Io non ti sveglio, però domattina ti voglio sentire. Guardava l'alba, stava sul lago. Era felice di partire, il panorama era bello. Era il 22 febbraio, un'oretta prima che accadesse il fatto».

Iacovacci, il carabiniere morto in Congo con Attanasio


Vittorio Iacovacci non le aveva mai accennato a situazioni di pericolo in Congo.
«Non in quella zona. Poi era molto riservato con me come con i colleghi. Solo una volta mi ha detto: Domenica sappi che qua non è tutto come sembra. In Italia ti racconterò meglio. Penso si riferisse alla società, al clima, insomma disse non è tutto rose e fiori».

Lei ha sempre tenuto a ricordare l'attaccamento al lavoro e alla divisa di Vittorio Iacovacci. Ma anche il profilo privato ha colpito l'opinione pubblica.
«Che vuole che le dica, di Vittorio mi piace tutto, ci vuole poco a parlare bene di una persona bella. Era uno spettacolo. Sono orgogliosa di lui. E in questi mesi ho scoperto che in tanti gli volevano bene, era circondato da gente su cui ha sempre potuto contare. Lo stanno dimostrando con la loro vicinanza».

Come vi siete conosciuti?
«Ci eravamo incontrati in discoteca, a Firenze dove era paracadutista dell'Esercito, 23 anni io, 25 lui. Non cercavamo storie importanti e invece ci siamo trovati bene insieme. Stavamo assieme da sei anni ma chi ci vedeva diceva che sembravamo due che si erano appena innamorati. Ci completavamo. Io più razionale, lui più istintivo, se fosse continuata sarebbe stata una bella cosa».

Chi era Vittorio Iacovacci?
«Si metteva sempre in discussione, aveva a cuore il punto di vista di tutti, lo rendeva felice far star bene gli altri. Era sempre attento a me e a tutti, non sapeva dire di no. E noi due ci completavamo, ho capito che l'avevo aspettato 23 anni, è stato subito coinvolgente, ha spazzato tutto, non c'era più niente di paragonabile».

Avevate progetti importanti.
«Stavamo mettendo su casa a Sonnino dove è nato e ha la famiglia. A settembre l'ho accompagnato alla stazione con tristezza, perché non amavo le missioni, preferivo stesse più vicino, sarebbe tornato a marzo, quando è stato ucciso mancavano 15 giorni al suo rientro. Pensavamo a metter su famiglia, lui voleva a tutti i costi un figlio. Eravamo complici. E lui speciale. Proposte di matrimonio? L'intenzione c'era, doveva trovare il momento giusto».

Poi è arrivato l'ok per la missione in Congo.
«Funziona che vengono proposte delle missioni e quando uno vuole esprime parere favorevole e aspetta che sia chiamato. E così è stato, la sua disponibilità è stata accettata. Una volta partito, a settembre, ogni momento che aveva libero ne approfittava per telefonare. Ma non l'ho più visto».

Cosa le raccontava della missione?
«Era felice, si trovava benissimo con l'ambasciatore, parlava solo bene. Di lui, della moglie, del contesto. Ben venga se mi tengono qui diceva, era appassionato della natura, affascinato da quel particolare contesto di flora e fauna».

Non aveva paura?
«Ma no, poi uno nelle ambasciate si sente tutelato. Insomma era un'opzione remota, non avevo considerato il pericolo perché anche lui non mi dava adito. L'ambasciatore era pieno di impegni e lui lo accompagnava. Questo lavora tanto e nel tempo libero aiuta gli altri mi diceva».

Poi il 22 febbraio l'agguato mortale. Quella vostra ultima telefonata.
«Ho fatto due più due per conto mio. La mattina ho letto ferito l'ambasciatore Attanasio, ho capito tutto da sola, stavo a Roma in quel periodo».

Ha cercato di approfondire gli eventi?
«Sulla dinamica del fatto non mi sono messa l'anima in pace, ogni volta che cerco una spiegazione non la trovo, continuo a rimuginare su quello che può essere stato. Ho solo una certezza. Vittorio non avrà avuto il minimo dubbio sul da farsi, sul comportamento che doveva tenere e perché era lì. Ci credeva davvero in quel che faceva, era devoto alla Patria, più di ogni altra cosa, voleva il Tricolore in casa. Legato alla bandiera, non l'avrebbe mai tradita».

Come sta?
«Non c'è consolazione che tenga. Prendo atto del fatto che tutte le autorità si siano attivate per superare ostacoli amministrativo-burocratici e arrivare alla verità. È bello sapere che tutto ciò in cui credeva Vittorio sia vero ed è giusto per noi familiari e per l'Italia. Al suo posto poteva esserci chiunque. Quanto a me, non faccio progetti, vivo giorno per giorno, l'amore rimarrà per sempre, non è sostituibile in alcun modo. Vittorio è Vittorio».

Ultimo aggiornamento: 30 Giugno, 09:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA