Federica Pellegrini: «Ero l'atleta di punta, avevo gli occhi di tutti addosso. Per l'ansia smettevo di mangiare»

Pubblichiamo in anteprima uno stralcio di "Oro": autobiografia della campionessa di nuoto

Lunedì 15 Maggio 2023 di Federica Pellegrini
Federica Pellegrini: «Ero l'atleta di punta, avevo gli occhi di tutti addosso. Per l'ansia smettevo di mangiare»

Si avvicinavano i Mondiali di Roma. Ero forte, gli allenamenti andavano bene, c'era una grande aspettativa su di me. Arriviamo a Roma, io e la squadra della Nazionale, una settimana prima dell'inizio delle gare. Ci sistemiamo al centro sportivo dell'Acqua Acetosa, dove finiamo la preparazione. Ero l'atleta di punta, avevo gli occhi di tutti addosso. Cominciano le interviste, le conferenze stampa. Immagino la gente scommettere: si fermerà o no? Scapperà ancora prima di tuffarsi? Per l'ansia smetto di mangiare.
A tre giorni dalle gare mangio come un uccellino. Ma sto bene, quindi non mi preoccupo. Alberto però avvisa Giovanni e gli dice presidente, la porti fuori a cena perché così non arriva alla gara. Giovanni mi ha portata al ristorante, ho ordinato un piatto di spaghetti vongole e bottarga, ancora me lo ricordo, e li ho mangiati quasi tutti.
Il primo giorno di gare, il 26 luglio, ci sono i 400 stile libero.

Peso 63 chili, un paio in meno del mio peso forma. Gli impianti sono meravigliosi, gli spalti quasi a 360 gradi, all'aperto, con questa vasca incredibile e il cielo che all'imbrunire diventa rosa. Quando il pubblico urla senti tutto vibrare, perfino l'acqua della piscina.

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LE BATTERIE

La mattina ci sono le batterie: faccio un buon tempo, ma esco dalla vasca scontenta perché avrei voluto andare ancora più veloce. Il pomeriggio, per la finale, arrivo in piscina e mi sento la febbre. Saluto i miei prima di entrare. Mia mamma mi tocca la fronte e mi fa Fede, sei calda. Sì, mamma, lo so, ho un po' di febbre, piagnucolo. Non ci pensare, mi dice lei, non succede niente. Sto di nuovo cercando una scusa per non fare i 400. Vado da Alberto con il costume da allenamento e la cuffia. Alberto, non mi sento bene. Come, non ti senti bene? Chiama Daniele Popolizio, il mio psicologo, che è a bordo vasca. Si parlano e Alberto mi dice entra in acqua e vedi quello che riesci a fare.
Faccio il riscaldamento tenendo 32 e 50 a passo. Uno schifo però almeno nuoto. Esco dall'acqua e mi metto il costume da gara. Ai 20 minuti io e Daniele andiamo in una stanzetta a parlare. Ho paura, gli dico. Ma paura di cosa? mi fa lui. Abbiamo fatto un'infinità di prove. Non capisci? Io questa gara la devo vincere, non la posso sbagliare, sono in casa, con tutto quello che ho passato questo oro me lo merito, è mio, lo voglio. (...)

IL BOATO

Ricordo il pubblico in delirio, ricordo il boato. Chissà, forse avere ritardato un po' l'entrata in camera di chiamata mi ha aiutato ad azzerare tutto. Ha rallentato le ondate di paura. Mi siedo con le cuffie in testa e l'applicazione settata su riproduzione casuale in quel momento mi manda Disturbia di Rihanna. No more gas in the rig / Can't even get it started / Nothing heard, nothing said / Can't even speak about it / Out my life, out my head / Don't want to think about it / Feels like I'm going insane / Yeah. Stava parlando a me. Un'altra di quelle incursioni dell'invisibile, una piccola intermittenza. E la mia testa fa clic. Ci sono, sono in pace, come se il rumore nel mio cervello si fosse spento di botto. Ora! Fatemi fare la gara ora, subito! grida il mio cervello.
Entro in acqua e faccio i primi 200 in pieno controllo. Dalle riprese si vede bene il momento in cui mi sposto per non dare la scia alle due inglesi, Joanne Jackson e Rebecca Adlington. Ai 100 sono già in testa. Quando viro ai 200 metri mi dico dai Fede, ora puoi accelerare. Ai 300 sono parecchio avanti. Tocco a 3'59"15: oro, record del mondo e prima donna a scendere sotto i 4 minuti nei 400 stile libero.

ADRENALINA

Dopo la gara di solito sei un po' assente, l'adrenalina pompa, i sensi sono alterati. Sei come dentro una campana. Ricordo un rumore sordo che veniva dagli spalti ma forse era dentro di me. Cerco Alberto con gli occhi ma non lo trovo. Esco dalla vasca e lui non c'è. La sera quando ci siamo abbracciati aveva ancora gli occhi rossi e gonfi. Era stato troppo anche per lui. Alla fine della gara era scappato, commosso. Ce l'avevamo fatta. Era stata dura ma ce l'avevamo fatta, insieme.
Due giorni dopo ci sono le batterie dei 200. La mattina vado scialla e faccio un tempo di merda. Alberto mi fa il cazziatone, i campioni devono fare i campioni! Entro in semifinale con il sesto tempo. Il pomeriggio mi dico dai, facciamo una gara tirata, così mi preparo per la finale del pomeriggio successivo. Faccio 1'53"67: record del mondo. Battendo il mio stesso record, 1'54"47, fatto a Riccione a marzo di quell'anno. Nessuno se lo aspettava. Alberto era sbigottito.
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Ultimo aggiornamento: 10:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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