Vittorio Pierobon

La prima notte magica non fu con Totò Schillaci,

Sabato 20 Luglio 2019
Vittorio Pierobon

La prima notte magica non fu con Totò Schillaci, che con i suoi gol faceva sognare l'Italia ai Mondiali del '90, con la colonna sonora di Gianna Nannini. La vera notte magica è quella del 20 luglio 1969 con Tito Stagno che gridava: «Ha toccato. Ha toccato il suolo lunare». Una diretta televisiva durata 25 ore! Quella voce è rimasta impressa nella memoria di tutti. Oggi Tito Stagno - che questa sera, alle 21, sarà in Piazza Vescovado a Caorle per il Premio Papa Hemingway 2019 - ha lo stesso timbro inconfondibile. Alla soglia dei novant'anni ha mantenuto la grinta e la freschezza per cui tutti lo ricordano. «La tensione era altissima. Non per la difficoltà della telecronaca, ma per l'eccezionalità dell'evento. Io ero preparato, erano anni che mi occupavo per la Rai della conquista dello spazio. Ero stato a Houston per assistere alle simulazioni. La Nasa mi aveva mandato i piani di volo, sapevo cosa doveva accadere. Ma la diretta di una pagina di storia è un'altra cosa».
Ci fu anche un black out di immagini che la costrinse a raccontare quello che non vedeva.
«Quando è iniziata la discesa del modulo lunare, dal centro di controllo di Houston hanno avvertito che per una dozzina di minuti non avremmo avuto immagini. Gli astronauti erano troppo impegnati. Sentivo i dialoghi. Spesso si parlavano in codice con sigle. Mi sono salvato perché ne conoscevo il significato. Il regista, non avendo immagini, inquadrava la mia faccia spiritata».
Il momento più difficile?
«Quando erano a pochi metri dal suolo. Sapevo che il carburante del Lem era limitato e sentivo che non trovavano il punto adatto per allunare. Se la pendenza fosse stata superiore al 20% il modulo rischiava di capovolgersi e sarebbe stato impossibile ripartire. Quando hanno toccato avevano carburante per soli 16 secondi».
È stato in questa fase che c'è stato il famoso diverbio con Ruggero Orlando. Lei ha gridato «ha toccato» e il suo collega ha replicato «no, ti sbagli».
«È stato un malinteso. Io intendevo dire che il Lem aveva toccato con le antenne per saggiare il suolo. Ruggero, grandissimo giornalista e amico, l'ha interpretato come atterrato. Avevamo ragione tutti e due, però in quel momento non ho gradito il tono brutale della smentita. Io in cuffia sentivo i dialoghi degli astronauti prima di lui».
E mentre voi due discutevate, il Lem è allunato davvero, senza che ve ne accorgeste immediatamente.
«Questione di secondi. La mia voce e quella di Ruggero hanno coperto Houston che diceva Eagle has landed, l'Aquila è atterrata. Orlando lo ha capito vedendo i tecnici della Nasa che si abbracciavano e ha gridato: è atterrato».
Quel giorno ha cambiato la sua vita?
«No, è stato però un grande momento della mia carriera. Quella è stata la più grande trasmissione della storia della Rai».
Ha avuto modo di incontrare gli astronauti?
«La prima volta è stata al Quirinale. La cerimonia andava per le lunghe e uno della delegazione americana mi disse che gli astronauti avevano fretta, perché avevano un pranzo privato a cui tenevano molto. Appena si sono liberati li ho guidati verso l'uscita. Allora ho scoperto che li aspettava Gina Lollobrigida».
In privato com'erano?
«Neil Armstrong molto serio, forse timido. Michael Collins mi è sembrato triste. Buzz Aldrin più aperto. Con lui sono diventato amico, abbiamo fatto una vacanza assieme con le nostre mogli».
Sono passati cinquant'anni, però c'è ancora chi sostiene che lo sbarco sulla luna sia stata una sceneggiata e non sia mai avvenuto.
«Sciocchezze. All'epoca Stati Uniti e Unione Sovietica erano passati dalla Guerra fredda alla sfida per lo spazio. I russi erano in vantaggio. Avevano lanciato in orbita la cagnetta Laika, il primo uomo, Jurij Gagarin, la prima donna, Valentina Tereshkova. Avrebbero fatto qualsiasi cosa per essere i primi a mettere piede sulla luna. E se fosse stato un falso avrebbero avuto tutto l'interesse a smascherare gli americani».
Torniamo alla diretta. È vero che ha fatto una parte della telecronaca in mutande?
«In studio faceva caldissimo. A un certo punto io e Andrea Barbato ci siamo tolti la giacca. Il direttore ci ha detto di rimetterla. Allora Andrea si è abbassato i pantaloni. Io lo ho imitato. Tanto le scrivanie ci coprivano. Lo ammetto siamo andati in onda in mutande».
Le è mai venuta voglia di andare sulla luna?
«Scherziamo! Quelli erano superuomini con una preparazione straordinaria. Ingegneri con quattro lauree e un addestramento eccezionale. No, io sto bene sulla terra. Non guardo mai la luna».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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