Venezia, le leggende dei ferri: cosa indicano quei denti sulle gondole?

Domenica 16 Maggio 2021 di Alessandro Marzo Magno
Venezia, le leggende dei ferri: cosa indicano quei denti sulle gondole?

VENEZIA - Quante volte l'abbiamo sentita raccontare la leggenda secondo la quale i sei denti del ferro della gondola rappresenterebbero i sei sestieri di Venezia. È soltanto una simpatica storiella che va bene se rimane tale e non viene spacciata per verità storica, come purtroppo spesso accade. La prima volta che la si trova citata è nel 1908. Per la precisione nell'articolo di Achille De Carlo, Gondola e gondolieri, pubblicato nel numero di agosto della rivista Il secolo XX. È solo un breve passaggio: «E che la gondola sia il risultato della sapienza combinata insieme da infinite generazioni, lo dimostra chiaramente l'acuta osservazione fatta dal conte Cecilio di Prampero artista finissimo e acuto e geniale ricercatore di cose antiche sul ferro da gondola, che gli artefici fanno, inconsciamente, ma tutti egualmente, secondo le medesime leggi e col medesimo significato.

Difatti il rostro, può essere delimitato da tre quadrati perfetti di cui il primo costituisce il primo dente ad arco; il secondo i sei denti, che il Di Prampero, afferma significare (come i sei nastri in cui termina il gonfalone veneziano) i sei sestieri (rioni) in cui si divide la città».


Da queste righe si deducono due fatti: che i sei denti del ferro della gondola sono equiparati alle sei code del gonfalone e che il responsabile dell'affermazione è Cecilio di Prampero, nobile udinese, esplicitamente citato. Per quanto riguarda le code del gonfalone, ormai quasi più nessuno sostiene che rappresentino i sei sestieri. È chiaro invece che non c'era alcuna codificazione del vessillo e che siccome le bandiere venivano dipinte a mano, ognuno se la faceva fare un po' come credeva. Qualcuno, sulla base delle varie rappresentazioni pittoriche, sostiene che le code potessero rappresentare il rango: il doge aveva diritto al gonfalone a sei code, il capitano generale da mar a cinque, e via a scendere. Possibile, ma non certo.
Cecilio di Prampero era un figlio naturale di un nobile udinese e non viveva nella casa di famiglia, bensì a Padova, dove faceva l'artista e si occupava di studi di araldica. Ha scritto un libro, sulle due tombe Nassau a Padova, dove non c'è alcun riferimento alle gondole e neppure la famiglia, interpellata a Udine, ha trovato nulla tra le carte dell'avo che possa confermare quanto scritto nell'articolo del 1908. Dobbiamo quindi accontentarci della parola di De Carlo.


IL FABBRO
Ermanno Ervas è fabbro, i ferri li ha forgiati di persona, compreso quello che si trova sulla gondola reale nel cortile di palazzo Ducale, in sostituzione dell'originale, che era stato rubato. «I denti», spiega Ervas, «sono un prolungamento delle teste dei chiodi: col tempo le hanno fatte man mano diventare decorative finché non erano più nemmeno chiodi, ma solo decorazioni. Per fissare il ferro sono stati messi altri chiodi che a loro volta sono diventati decorativi, le tre fogie tra un dente e l'altro». Anche alle tre fogie vengono attribuite simbologie leggendarie: rappresenterebbero Murano, Burano e Torcello, oppure i tre chiodi della croce, dipende da chi racconta la storiella.
«Guardando l'evoluzione del ferro e il suo susseguirsi nei secoli», sottolinea Ervas, «risulta chiaro che si tratta di una protezione messa a prua perché la barca non si rovini sbattendo contro la riva». Le gondole raffigurate nei quadri di Carpaccio e Bellini mostrano una semplice copertura metallica, simile a quella che oggi caratterizza lo s-ciopon. Tra Cinque e Seicento i ferri da prua e da poppa diventano simmetrici, mentre nel corso del Seicento il ferro da poppa si evolve nel riccio e quello di prua si ingrandisce, tanto da diventare enorme. «I due ferri da gondola settecenteschi conservati a Torino, nella Venaria Reale, sono altri un paio di metri», precisa Ervas. A Venezia si trovano due ferri seicenteschi, uno al museo Correr, l'altro al museo Storico Navale.
D'altra parte che la simbologia del ferro da gondola sia solo una divertente leggenda lo dimostrano le rappresentazioni: in una stampa cinquecentesca appaiono gondole con ben undici denti, il ferro conservato al Correr ne ha cinque. Numerose foto di gondole tra Ottocento e Novecento mostrano ferri a cinque e in qualche caso anche a quattro denti, e non è che Venezia avesse cinque o quattro sestieri, ovviamente.
Ervas spiega che il ferro ha proporzioni ben precise e codificate: «Nasce dalla sovrapposizione di due quadrati che hanno il lato pari all'altezza dello scafo al trasto di prua. Si formano due quadrati e con la sagoma della prua della gondola ottiene la geometria esatta. Ora non serve più perché adesso le gondole sono tutte uguali, basate sul modello dello squero Tramontin. Un tempo ogni squero faceva la propria gondola, diversa da quelle degli altri squeri. Giuponi aveva la sua gondola, Casal la sua, e così via. Quindi il fabbro aveva i sesti dei diversi squeri e sulla base di quello disegnava la forma del singolo squero».


IERI E OGGI
La maggior parte dei ferri di oggi non sono più forgiati a mano, vengono tagliati a macchina e ce ne sono pure di alluminio e alcuni di lamiera ripiegata («scatolati» per essere precisi). Ervas ne ha fatti alcuni particolari, per esempio quello che ornava la gondola di Alex Hai - balzata alla ribalta mondiale oltre vent'anni fa come la prima donna che voleva fare il gondoliere - con un serpente alla sommità che riproduce un antico ferro che si trova sulla imbarcazione di casada della famiglia Marcello. Oppure il ferro per la gondola di un gondoliere particolarmente corpulento. Nelle gondole odierne, vogate da un solo gondoliere, il ferro funge da contrappeso a prua della massa del vogatore che si trova a poppa. Lo squero Tramontin aveva realizzato una gondola un po' più grande per questo gondoliere sovrappeso e quindi è stato necessario forgiare un ferro apposito per quell'imbarcazione.
E se qualcuno volesse mettersi in casa un ferro da gondola come elemento decorativo, può rivolgersi all'officina di Ermanno Ervas, a San Trovaso di Preganziol. Un ferro liscio di acciaio inox costa sui 2700 euro, uno di ferro mille euro in meno. «La differenza dipende dalla lavorazione», precisa Ervas, «l'inox è molto più duro da lavorare del ferro, ci vuole il triplo del tempo». Dopo però l'acciaio ha bisogno di meno manutenzione, mentre il ferro tende ad arrugginire e quindi bisogna strofinarlo per evitare l'ossidazione. «Per giudicare un gondoliere, bisogna guardare il ferro, ciò dimostra le sue capacità professionali» scriveva lo storico scozzese Horatio Brown all'inizio del Novecento, quando per mantenere un ferro lucido bisognava strofinarlo ogni giorno per un'ora e mezzo con sabbia e uno straccio.
 

Ultimo aggiornamento: 09:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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