«Una vita fortunata a creare le teste di vip e dive famose»

Mercoledì 15 Luglio 2020
«Una vita fortunata a creare le teste di vip e dive famose»
L'INTERVISTA
«La mia vita al Bauer è stata meravigliosa». Una vita in cui Giancarlo Zennaro ha fatto del taglio dei capelli, alle più belle donne che arrivavano a Venezia per soggiornare in laguna, un'arte. Ora, dopo quarant'anni di servizio come apprezzato parrucchiere dell'hotel Bauer, per lui, veneziano di Cannaregio ma residente a Mestre, è arrivato il momento di appendere le forbici al chiodo. E godersi, a 81 anni, la meritata pensione. Si porta via una miniera di ricordi preziosi e nel cuore il Bauer che per lui è una seconda famiglia.
Giancarlo Zennaro è arrivato il momento di lasciare il lavoro?
«Sì, troppa burocrazia. Il coronavirus ha reso insostenibili per uno vecchio stampo come me, gli adempimenti. Il virus non permette di lavorare in serenità. Così ho comunicato la mia disdetta agli artigiani. Arrivato a 81 anni è anche giusto».
Non ci fosse stato il Covid avrebbe continuato?
«Sicuramente, almeno fino a fine anno: la mia è una passione. Ma bisogna, con intelligenza, anche sapere interpretare i segni dei tempi e quando è il momento giusto per dire basta».
Quando è stato il suo ultimo giorno di lavoro?
«A inizio marzo con il lockdown. Ora il Bauer è ancora chiuso, ma prossimamente riaprirà, per poi richiudere nuovamente per restauri. Per cui lascio ora».
Questa scelta le porta nostalgia?
«Ho avuto una vita meravigliosa e non cambierei nulla. Per questo mi sento molto fortunato e non potrei chiedere di più. Al Bauer ho avuto la possibilità di conoscere una clientela internazionale, personale stupendo, delle clienti che potrei tranquillamente definire delle dogaresse per eleganza e amore per Venezia».
Nemmeno un piccolo rammarico?
«Beh, sicuramente non mi aspettavo di andare via così, quasi all'improvviso, causa Covid, senza avere il tempo di salutare nessuno e ringraziare le mie storiche e affezionate clienti. Approfitto per farlo attraverso questa intervista».
C'è qualcuno che vorrebbe ringraziare in particolare?
«La signora Francesca Bortolotto che nel 1980 mi ha accolto al Bauer, una donna eccezionale, di una generosità unica, che non dimenticherò mai. Mi ha messo a disposizione un intero piano dell'albergo per poter sviluppare al meglio la mia attività. Le sarò grato per sempre».
Come è iniziata la sua carriera di parrucchiere?
«Nel 1954. Avevo 16 anni e cominciai con il mio primo impiego alla Loreal di Milano. A 17 anni sono tornato a Venezia lavorando in vari negozi e poi, a 18, ecco il colpo di fortuna che mi ha cambiato la vita: sono entrato a far parte del negozio Carlos a San Marco, alla scuola del grande titolare Enzo Cassetti, un negozio frequentato da una clientela internazionale. Sono rimasto cinque anni e il titolare mi ha mandato a fare uno stage a Parigi che mi ha allargato gli orizzonti».
L'anno successivo, un altro stage a New York, da Kenef: e poi?
«Sempre di ritorno a Venezia, dopo aver concluso l'esperienza da Carlos mi sono messo in proprio aprendo un negozio in campo San Maurizio. Fino a quando ho saputo che c'era la possibilità di rilevare l'attività all'hotel Bauer. A quel punto ho preso il coraggio a due mani e mi sono fatto avanti».
Che atmosfera si respirava?
«Il top del glamour per gli ospiti, ma anche il massimo in quanto a professionalità. Ho conosciuto moltissime celebrità dal cinema al teatro, dalla moda all'aristocrazia veneziana».
Con alcune si è instaurato un rapporto di amicizia?
«Sì, ad esempio con Marta Marzotto, della quale sono stato ospite anche a Mararakech che ricordo con grande affetto, oppure Mara Robinson che ho seguito a Santa Fe in Messico. Un mio saluto speciale va poi anche alla Maresa Bellingeri».
C'è poi il rapporto speciale con Naomi Campbell.
«Sì, è vero un giorno arrivò a Venezia e per sistemarsi i capelli chiese di me perché avevo già lavorato con loro in uno yacht per due settimane».
In un'occasione, però, Naomi le diede anche buca...
«Sì, l'aereo da Londra doveva arrivare nel tardo pomeriggio, per cui avevano preso appuntamento dal parrucchiere. Fece ritardo e così, appena sbarcati a Venezia, lei e il suo staff decisero di andare prima a cena all'Harry's Bar e si fece notte fonda».
Come andò a finire?
«L'aspettai fino a mezzanotte, ma al rientro in albergo non aveva più necessità della piega, ma solo voglia di andare a dormire. Mi ricompensò per il disturbo con una lauta mancia, due milioni di lire, dieci volte l'importo del lavoro previsto».
Oggi, consiglierebbe ad un giovane di fare il suo lavoro?
«Sì anche se è tutto cambiato rispetto al mio inizio. Ora più della bellezza conta l'immagine. E non è detto che sia un bene».
Lorenzo Mayer
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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