Una Speranza lunga 25 anni

Martedì 18 Febbraio 2020
Una Speranza lunga 25 anni
LA STORIA
Dietro ogni grande storia d'amore c'è un nome. Questa storia d'amore comincia con Massimo. Morto di leucemia a 13 anni. Per lui, lo zio Franco Masello, imprenditore vicentino dall'indubbia capacità strategica e dal piglio sicuro, piantò un seme. Anzi, fece per così dire una talea, partendo da un albero statunitense. E la trapiantò in Veneto. Quella che negli UsA era la City Hope - pool di aziende a sostegno del mondo pediatrico, scese in campo in unione di forze per investire in ricerca scientifica - con un coraggioso copia e incolla divenne la Fondazione Città della Speranza. Era il 1994 il 16 dicembre, per l'esattezza - e i primi a mettersi in pista a fianco di Masello, allora trentanovenne presidente e amministratore delegato dell'azienda Deroma, furono gli amici imprenditori del Consorzio Gestione Argille. Il nucleo della Speranza fu così abitato da quel nome Massimo e da una fornace, anzi più fornaci; la primigenia sede legale divenne la sede del Consorzio, a Isola Vicentina.
LA MISSIONE
Il passaparola, la volontà condivisa di agire per far vincere il bene e lasciar sbocciare dalla morte la vita, fecero la loro parte, e la Città venne animata da 13 aziende, una ottantina di soci, in prima linea accanto a Masello l'ingegner Gaetano Meneghello, fratello di quel Luigi, scrittore di Libera nos a Malo, e Virginio Zilio, il papà di Massimo. A quei pionieri si aggiunsero le forze dell'Ail, l'Associazione italiana leucemie di Padova, e di tante famiglie, dai De Stefani ai Pagnan ai Bedeschi. Su tutto, la fondamentale amicizia con un professore, l'oncoematologo Luigi Zanesco, all'epoca direttore della Clinica di Oncoematologia pediatrica dell'Azienda ospedaliera universitaria di Padova, una grande esperienza nella quotidiana guerra a tumori, linfomi e sarcomi, quarant'anni fa praticamente inguaribili. Un'enorme sfida, la sua, contro mali difficili da dire, relegata in locali angusti e inadeguati. Il sogno di costruire un nuovo reparto si trasformò presto in realtà era il 1996 - non senza immane fatica, tra cavilli, pastoie burocratiche e lentezza politica: scavando, per realizzare le fondamenta di quella che sarebbe divenuta la moderna, attuale Clinica oncoematologica, emersero a sorpresa i resti di una fornace.
LA SFIDA
Segno inequivocabile, per gli occhi attenti della Fondazione, che la strada imboccata era quella giusta. La versione italiana della City Hope continuò poi a crescere, grazie all'aiuto di liberi professionisti e privati cittadini. Tre le parole chiave del suo incedere spedito: trasparenza, oculata gestione del denaro, concretezza. I numeri che ne raccontano la grandezza: 72 milioni di euro raccolti dal 1995, 119 progetti di ricerca finanziati (88 direttamente e 31 con fondi derivanti da realtà esterne), 8,2 milioni di euro i proventi da raccolta fondi nel 2018 (quasi il doppio rispetto ai 4,9 milioni di euro del 2016), 17esima onlus in Italia e prima in Veneto per donazioni da 5x1000 nella categoria volontariato (risultato 2017: 54.385 firme, valse 1.626.406,88 euro donati), 183 Comuni gemellati tra Veneto, Calabria, Puglia, Sardegna, Campania e Lombardia, 350 iniziative realizzate ogni anno. Abbiamo sempre combattuto la nostra non facile battaglia - argomenta Masello - immaginando che i bambini ammalati possano vivere la loro quotidianità in una città felice, in grado di dare speranza al futuro.
IL LABORATORIO
Dopo aver costruito quella preziosa struttura ospedaliera, la Fondazione si è impegnata a raggiungere altri risultati tangibili e dall'importanza non quantificabile come la realizzazione dei laboratori di ricerca della Clinica oncoematologica, un Day Hospital e un Pronto Soccorso pediatrici sia a Padova che a Vicenza. L'obiettivo dichiarato della Città della Speranza è quello di svuotare l'ospedale. Nel 2004 l'abbrivio per una nuova, grande avventura: la contessa Anna Maria de Claricini, medico pediatra, nobildonna milanese di origini patavine donò, in memoria del marito Corrado Scarpitti, 4 milioni e mezzo di euro per la costruzione di un centro di ricerca pediatrico. Fu così che nel 2009 non a caso il 16 dicembre - iniziarono i lavori di costruzione del nuovo Istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza su terreno donato, al costo simbolico di mille euro dalla Zip, la Zona industriale di Padova. Il 14 dicembre 2010 venne firmato l'atto costitutivo della Fondazione Istituto di Ricerca pediatrica Città della Speranza, una costola della Fondazione, esclusivamente atta al finanziamento della Torre, presieduta sempre da Masello.
LA COSTRUZIONE
Il magnifico grattacielo, uscito (gratuitamente) dalla matita dell'architetto Paolo Portoghesi, dall'originale forma che coniuga l'immagine di un angelo con le ali spiegate al cielo, con l'elica del Dna (ogni piano è ruotato di 1,5 gradi rispetto agli altri), è stato inaugurato l'8 giugno 2012. Una struttura di oltre 17.500 metri quadrati, di cui 10 mila dedicati esclusivamente alle attività di laboratorio, in grado di ospitare circa 400 ricercatori. E mentre la torre si è andata riempiendo di studiosi, l'edificio è curiosamente diventato meta di scoperta. Su corriere in partenza da città e paesini veneti, ma anche extraregione, ricercatori mescolati a casalinghe e disoccupati, ingegneri, studenti, commercianti e semplici sostenitori, a scoprire la torre, costruita a tempo di record (1005 giorni), alta 52 metri. Ai visitatori, che poi rappresentano l'opinione pubblica, viene raccontata la sua storia, che prese il via da quattordici energiche zappate, undici anni fa: a dissodare simbolicamente il terreno furono quattro campionesse del nuoto, le azzurre Federica Pellegrini, Romina Armellini che riprese a gareggiare dopo aver sconfitto un cancro alla tiroide, Alice Carpanese e Renata Spagnolo.
IL COMPLEANNO
Un passo dopo l'altro, questa Speranza che fondò la sua Città, ha compiuto venticinque anni. Festeggiati in Torre naturalmente: Vogliamo far diventare il nostro centro di Padova il numero uno in Europa per la ricerca pediatrica, e ci riusciremo se le forze economiche del territorio veneto e fuori Veneto ci sosterranno. Investire sulla ricerca significa investire sulla vita, ha ripetuto ancora una volta l'instancabile Masello. Vogliamo diventare grandi non in dimensioni - ha precisato - ma in attrattività, per attirare i migliori cervelli del mondo. E loro, quelli della Speranza, hanno dimostrato in questi cinque lustri che i sogni non muoiono all'alba (tutt'altro!), contribuendo a innalzare i tassi di guarigione dal 20% dei primi anni Novanta all'80% di oggi. I protocolli di cura, messi a punto nei laboratori alle porte di Padova, sono adottati in molti Paesi al mondo. Nel nome di Massimo.
Federica Cappellato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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