Una sirena a teatro la sfida di Zingaretti

Martedì 19 Marzo 2019
L'INTERVISTA
Il teatro, per lui, è il richiamo di una sirena. Sarà per questo che Luca Zingaretti, di anno in anno, ama tornare in scena con il suo antico progetto, La sirena, ovvero Lighea, racconto postumo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa col quale sarà in tour veneto grazie ad Arteven da giovedì 21 marzo (a Villa dei Leoni di Mira, poi dal 22 al 24 all'Astra di San Donà, dal 29 al 31 al Comunale di Treviso). Una piccola storia delicata che lo riporta nella Sicilia del suo Montalbano, il celebre commissario siciliano ideato da Camilleri ormai fuoriclasse della tv italiana, venduto in 65 paesi e amato da più di un miliardo e mezzo di spettatori nel mondo. Eppure Luca Zingaretti non dà nulla per scontato: per lui, artista inquieto e curioso, sempre pronto a interrogarsi sul presente con nuove sfide, il teatro è «ossigeno» che lo porta sempre più un là. Con orazioni civili (55 Giorni. L'Italia Senza Moro), letture integrali di testi importanti (Spingendo la notte più in là scritto da Mario Calabresi, il figlio del commissario assassinato), e poi le regie, da The Pride di cui era anche protagonista, a The Deep Blue Sea dove guidava la moglie Luisa Ranieri.
Teatro, tv, cinema e una famiglia di sole donne, moglie e due figlie. Come fa a far tutto?
«Diciamo che la famiglia è la cosa più bella e più facile, poi viene tutto il resto. E da unico maschio sto benissimo: mi sono sempre circondato di donne, anche nel lavoro. Come diceva Funari... se devi scherzare, giocare e fare casino, circondati di uomini, se invece devi lavorare, scegli le donne. E aveva ragione».
La Sirena è un testo che porta in giro da moltissimi anni.
«Una folgorazione nata molti anni fa. Ma mi viene ancora richiesta, accetto volentieri perché mi fa stare bene».
In che senso?
«Il testo è un capolavoro della letteratura, ahimè poco conosciuto. Una fiaba per adulti che ti riporta in una dimensione onirica, quasi fiabesca. Crea incredibili suggestioni. La prima volta che l'ho letto sono rimasto abbagliato. Mi ha spinto poi a riflettere... ma davvero si possono vedere le sirene?»
Adesso è ancora in Sicilia, su set del nuovo film Tuttoaposto. Chi interpreta?
«Sono un preside barone, un personaggio neanche tanto bello, emblema di quest'Italia poco edificante. Ma mi diverto un mondo a interpretarlo. È una commedia garbata ed elegante, ben scritta da un giovane attore siciliano, Roberto Lipari, ha 29 anni ed è molto talentuoso».
Anche per i nuovi episodi di Montalbano dovrà tornare in Sicilia quest'estate. Il suo commissario ormai compie vent'anni. È cresciuto con lei, anche se ha provato a liberarsene...
«(risata) Avevo annunciato di lasciarlo, per poi ricredermi tre anni dopo. Di solito bisogna uscire tra gli applausi. I fatti poi ci hanno dato ragione, gli applausi non sono mai terminati, anzi, sono aumentati. A conti fatti è stata una scommessa vinta».
Perché sente sempre la necessità di tornare al teatro?
«Il teatro è il mio primo amore. Lì ho cominciato e lì torno sempre. Come attore, come regista, come produttore. In The Deep Blue Sea per la prima volta ho seguito la regia, ma senza recitare. All'inizio non è stato facile mi sembrava che mi mancasse qualcosa. Poi mi sono abituato e anzi ho goduto di questa esperienza tutta proiettata sugli altri e sul progetto».
Com'è stato guidare sua moglie in scena? Davvero mai una lite?
«Devo dire non avevo nessun timore di come sarebbe andata. Siamo due professionisti di lungo corso, poter finalmente lavorare insieme era una curiosità che avevamo. È stata un'esperienza molto bella, siamo molto contenti del risultato, del successo e sì, anche di non aver litigato neanche una volta sul palco e giù dal palco!».
Da veterano del palco, entrare in scena dà ancora il batticuore?
«Se così non fosse ci si dovrebbe preoccupare. C'è sempre un misto di adrenalina, emozione e anche paura. È una sensazione unica alla quale non potrei mai rinunciare e che, per fortuna, non si esaurisce mai».
Ama sempre esplorare nuovi territori: che molla scatta quando decide di abbracciare un progetto?
«Un insieme di cose: il presente, la passione per il teatro che mi porta a girare il mondo sempre alla ricerca di nuovi testi, i rapporti con altri artisti, il mio amore per la storia - in particolare per la storia patria - che mi apre interrogativi, voglia di raccontare, necessità».
Meglio attore o regista?
«Meglio riuscire a farli tutti e due. Non potrei mai fare solo il regista. Ho un bisogno fisico del palco e delle telecamere».
Contento della vittoria di suo fratello come segretario del Pd?
«No comment».
Chiara Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci