Un volto in 3d per Valmo

Domenica 19 Gennaio 2020
Un volto in 3d per Valmo
LA STORIA
Lo scheletro di 8mila anni fa trovato a Mondeval de Sora, in zona passo Giau, ha un volto. E pure un nome. Quello che è considerato il reperto più importante d'Italia per quanto riguarda il Mesolitico, possiede ora un'identità. Degli specifici studi hanno infatti tratteggiato i lineamenti del viso e del busto di Valmo, come è stato chiamato il cacciatore di un tempo i cui resti perfettamente conservati, così come il suo corredo funebre, sono ammirabili al Museo Vittorino Cazzetta di Selva di Cadore. Un gioiellino di storia e scienza che propone al visitatore anche la riproduzione delle cosiddette orme del Pelmo, cioè la prima pista trovata in Italia di impronte fossili di dinosauro risalente a 225 milioni di anni fa.
LA NOVITÀ
«Alla luce degli enormi passi avanti compiuti dalla scienza nell'ambito della somatica - spiega Diego Battiston, responsabile del Museo Cazzetta in rappresentanza dell'associazione Tramedistoria - è stato possibile dare a questa persona un volto che non fosse fantasioso, bensì individuato sulla base di tutto ciò che si poteva ricostruire partendo dal cranio. Utilizzando, di fatto, la medesima tecnica usata dalla polizia scientifica sulla scena del crimine. L'operazione è stata affidata all'Arc-Team di Cles, gruppo trentino di archeologi al top nella rielaborazione dei visi. A sua volta questi professionisti si sono avvalsi anche della collaborazione dell'Università di Ferrara e dell'antropologo brasiliano Cicero Moraes».
L'IDENTIKIT
Un percorso che ha portato a identificare con certezza l'arcata della fronte, la profondità dell'incavo degli occhi, l'altezza degli zigomi, la forma delle mandibole e le dimensioni del naso. «Resta il dubbio - dice Battiston - sul colore di occhi e capelli. Dettagli che confidiamo di scoprire al termine di un importante studio in corso presso l'Università di Ferrara, che ha in capo la concessione delle ricerche sui reperti di Mondeval. L'Ateneo emiliano sta infatti cercando di risalire alla traccia del Dna che aprirebbe le porte anche a un altro tipo di approfondimenti: quelli medici. Sì perché sappiamo che quest'uomo, circa 40enne all'epoca della morte, soffriva del morbo di Paget, una malattia genetica che comporta degli accrescimenti ossei che portano alla deformazione della persona. Una patologia rara ma ancora oggi esistente in Francia e Gran Bretagna».
LA SEPOLTURA
«La sepoltura di Valmo - sottolinea Battiston - risale a 8mila fa ed è perfettamente conservata: ha un valore immenso per la conoscenza del Mesolitico. Consente di capire il popolamento delle Alpi dopo l'ultima glaciazione che spazzò via tutto quanto esisteva prima. Di siti con selce, che è praticamente indistruttibile, ne esistono centinaia. Molto meno numerosi invece quelli che hanno rivelato presenza di materiale organico. Decisamente rare le aree in cui quest'ultimo è ben conservato come quello di Mondeval de Sora».
Tanto più che Valmo, uno degli ultimi cacciatori nomadi stagionali, è stato sepolto con un ricco corredo funebre - composto da una sessantina di oggetti - che tanto è riuscito a illustrare sulle tecniche dell'epoca di caccia e di sopravvivenza in generale. Sono stati ritrovati, ad esempio, un trapano ad archetto che serviva per costruire degli utensili, una punta di arpione che veniva usata come fiocina per pescare, della colla a base di resina e ocra per attaccare le punte delle frecce e anche della propoli utilizzata probabilmente come medicamento. «Come associazione Tramedistoria - prosegue il responsabile del Museo - stiamo facendo ricerche di archeologia sperimentale, cercando cioè di riprodurre gesti, tecniche e procedimenti di lavoro degli uomini preistorici per individuarne usi e abitudini. Nei laboratori e attività museali cerchiamo di trasferire queste conoscenze al pubblico, proponendo ad esempio la scheggiatura di selce vera. Ovviamente con i procedimenti dell'epoca».
I DINOSAURI
Fu l'abitante di Selva di Cadore e appassionato di storia Vittorino Cazzetta - alla cui memoria è dedicato il Museo paleontologico, archeologico e storico - a individuare, a metà degli anni 80, il sito di Mondeval de sora (la sepoltura verrà portata alla luce successivamente dall'equipe del professor Antonio Guerreschi dell'Università di Ferrara). Mentre risale ancora a prima un'altra sua eccezionale scoperta: quella delle impronte di alcuni tra i primi dinosauri al mondo, risalenti alla fine del Triassico superiore. Le identificò su una lastra di pietra staccatasi dal monte Pelmo. «C'è da pensare - ricorda Battiston - che all'inizio i dinosauri erano più piccoli di quelli dell'immaginario comune moderno. E qua, nella zona del caregon del Padreterno, camminavano attorno alla laguna composta da barene e spiagge. Ossa, purtroppo, non ne sono mai state trovate. Ad ogni modo queste piste di 225 milioni di anni fa sono una realtà di enorme valenza paleontologica». Nel museo vi è esposta una copia, molto accattivante per i più piccoli.
I CURATORI
Federica Fontana, docente all'Università di Ferrara, è la conservatrice del Museo mentre la gestione è affidata all'associazione Tramedistoria, composta da operatori specializzati che propongono al pubblico visite animate, laboratori, conferenze, mostre, escursioni guidate. Ma essi si occupano anche di quell'archeologia sperimentale che consente di ricostruire la catena operativa originaria, per condividerla nei momenti divulgativi coinvolgendo i partecipanti in un vero e proprio viaggio nel passato. Il Museo Cazzetta si trova in via IV Novembre a Selva di Cadore e per i prossimi mesi invernali sarà aperto nel seguente orario: tutti i giorni dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30 (giorno di chiusura il lunedì). Per maggiori informazioni è possibile consultare i siti internet www.museoselvadicadore.it o www.tramedistoria.it. Contatti: email info@museoselvadicadore.it; telefono 0437521068 o 3294757082.
Raffaella Gabrieli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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