Un Leone d'oro per Almodóvar

Sabato 15 Giugno 2019
CINEMA
«Non è solo il più grande e influente regista spagnolo dopo Buñuel, ma l'autore che è stato capace di offrire della Spagna post-franchista il ritratto più articolato, controverso e provocatorio». Non sembri un eccesso, che comunque ben si addirebbe al premiato, il modo in cui il direttore della Mostra Alberto Barbera celebra la decisione di assegnare il Leone d'oro alla carriera al regista spagnolo Almodóvar (come ama vezzosamente firmare i suoi film col solo cognome): Pedro forse ha perso nel tempo quella carica sovversiva, trasgressiva e irriverente dei primi lavori quasi sgangherati, ma la gioventù svanita ha lasciato il posto a un autore maturo, che filtrando una crescente malinconica nostalgia, sublimata nel suo ultimo lavoro (Dolor y gloria), ha piegato il melodramma a un intenso viaggio esistenziale personale, nel quale molti spettatori si sono ritrovati. Una scelta dunque senza dubbio condivisibile.
GLI ESORDI
Figlio della Mancha e successivamente della Madrid che negli anni '70 scopriva la movida, Almodóvar ha raccolto l'euforia di un Paese uscito dalla lunga tragedia dittatoriale, sconfinando subito nei territori fino allora proibiti, ponendo il desiderio e soprattutto la sua omosessualità al centro di una ribellione artistica, in quel momento esuberante. Fin dal suo film L'indiscreto fascino del peccato, presentato proprio a Venezia nel 1983, dove faceva irruzione con intenti parodistici in un convento di suore, scatenando l'ilarità, la matrice oltraggiosa (almeno per quell'epoca) ha sempre rappresentato la principale forza del suo cinema, sovvertendo, attraverso un'estetica pop e barocca, il conformismo di un mondo che cambiava velocemente.
IL SUCCESSO
Subito dopo La legge del desiderio, fino ad allora il suo film più personale e il primo con cui inizia a confrontarsi direttamente con il mondo del cinema, è con Donne sull'orlo di una crisi di nervi (1988), affollata ed esilarante commedia ad altissimo tasso di divertimento, anch'esso battezzato dalla Mostra, che Almodóvar conquista le pagine dei giornali, i servizi sulle riviste di cinema e la sua prima candidatura all'Oscar, oltre a diversi premi Goya in Spagna. Da qui in poi il percorso è quello più noto, ricco di innumerevoli tappe prestigiose, dove le donne hanno sempre ottenuto lo sguardo più nobile, l'affetto più sincero e la forza di portare avanti il mondo: arrivano, tra gli altri, Tacchi a spillo, Il fiore del mio segreto, Tutto su mia madre, La mala educación, Volver, con qualche inciampo qua e là dovuto alla voglia di deviare anche dalla propria routine di successo, ma sempre smosso da una voglia di raccontare la vita nei suoi slanci più complessi, tutt'altro che facili.
I SUOI ATTORI
Premiato più volte, capace di costruirsi un gruppo attoriale amico e fedele (Carmen Maura, Marisa Paredes, Penélope Cruz, Victoria Abril, Javier Bardem e Antonio Banderas, proprio premiato lo scorso maggio a Cannes nel suo Dolor y gloria), oggi Almodóvar, ormai 70enne, guarda il mondo con occhi non più corrosivi, ma resta un cantore privilegiato di una società libera da pregiudizi, soprattutto sessuali, e vincoli religiosi. E con un sincero affetto per Venezia: «Sono emozionato ed onorato del premio. Alla Mostra devo molto. Questo Leone diventerà la mia mascotte, insieme ai due gatti con cui vivo».
Adriano De Grandis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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