Un artista chiamato Banksy

Venerdì 17 Luglio 2020
Un artista chiamato Banksy
IL PERSONAGGIO
È lui o non è lui? L'ultima uscita di Banksy apre un intrigante squarcio sull'identità dell'artista che ha fatto del proprio anonimato un fenomeno di curiosità globale: nel video postato questa settimana su Instagram, in cui il writer (o qualcun altro, appunto) si traveste da addetto alle pulizie ed entra in azione nella metropolitana di Londra, spicca un fotogramma in cui per la prima volta appaiono due occhi: i suoi? «Chissà se questo dettaglio vorrà dire qualcosa per il futuro, ma di sicuro è un elemento di novità che si aggiunge a un messaggio civico di altissimo significato», dice il padovano Pietro Folena, già deputato di Pci-Pds-Rc e ora presidente di MetaMorfosi, associazione culturale che in collaborazione con Ferrara Arte presenta a Palazzo dei Diamanti un'interessante mostra dedicata al misterioso personaggio inglese.
L'AUTENTICITÀ
Il riferimento è al messaggio trasmesso dal filmato: quello che appare come l'addetto alla disinfezione dei vagoni, usa in realtà lo spray per disegnare un topo nero, animale-feticcio di Banksy, il quale a sua volta tossisce e starnutisce vernice verde su un finestrino, finché altri ratti si salvano indossando un paracadute a forma di mascherina. «Se non ti proteggi, non puoi farcela», è il senso della performance, peraltro poi fatta cancellare dalla Transport of London, nell'ambito della politica anti-graffiti perseguita dall'azienda dei trasporti. Uno dei tanti cortocircuiti di cui è costellato il percorso di Un artista chiamato Banksy, per citare il titolo della rassegna ferrarese su cui è stampigliato il timbro unauthorized, visto che l'autore non riconosce alcuna esposizione delle proprie opere e sulla sua pagina web ha bollato anche questa come fake. Dissente elegantemente Folena: «Falsa? Assolutamente no, tant'è vero che su questo punto abbiamo in corso un confronto con la sua società Pest Control, a cui abbiamo scritto per contestare l'uso di un termine improprio. Buona parte del nostro lavoro è stata anzi dedicata proprio all'accertamento dell'autenticità degli esemplari esposti».
LO SPAZIO
Un centinaio fra dipinti, stampe, sculture, magliette, banconote, poster e vinili, prestati da collezionisti privati e selezionati dai curatori Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Acoris Andipa. A spiccare è la trentina di serigrafie originali, fra cui l'iconica bambina con il palloncino. Ma si fanno notare anche la riproduzione del murale dedicato al piccolo migrante e apparso nottetempo a Venezia, l'omaggio ai sanitari Covid con il bimbo che elegge la bambola-infermiera a supereroe, l'ironia di un poliziotto armato di mitra ma anche dotato di un paio di ali d'angelo, i tranquilli pensionati che giocano a bocce con le bombe a mano. Provocatorio, dissacrante, sfrontato: Banksy, insomma. «Un artista geniale commenta Folena ben inserito in quella tendenza creativa che, negli ultimi 10-15 anni, ha occupato uno spazio che il tradizionale pensiero della sinistra non è più in grado di mantenere. Ormai l'unico pensiero globale di segno progressista è quello di papa Francesco, sui grandi temi dell'ambiente, della giustizia sociale, dei diritti delle persone, dei migranti».
L'INTERCONNESSIONE
Tutti concetti che, non a caso, riecheggiano nella produzione di Banksy, in un'interconnessione fra le radici del pop, la cultura hip hop, il graffitismo anni Ottanta e i nuovi approcci del tempo digitale. Attività di un singolo o di un collettivo, come qualcuno sospetta? «Che sia un uomo, una donna o un gruppo risponde Folena a noi interessa poco. Ci preme molto di più ragionare sull'opera di artista che è anonimo e intende rimanere tale». A meno che quei due occhi...
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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