«Tutte le persone che spariscono sono la mia ossessione»

Domenica 10 Dicembre 2017
«Tutte le persone che spariscono sono la mia ossessione»
L'INTERVISTA
«Amo ripescare le paure di quand'eravamo bambini, le più belle. La mia paura più grande sono tutt'ora le bambole. Le persone pensano che scherzi, così quando arrivo in libreria si presentano con delle bambole in mano, e io sono spaventatissimo». A poche settimane dall'esordio come regista cinematografico con La ragazza nella nebbia, trasposizione del suo omonimo bestseller, Donato Carrisi è tornato in libreria col nuovo thriller L'uomo del labirinto.
«È il labirinto della mente, della coscienza», ha spiegato a Castelfranco, lo scrittore pugliese, classe 1973. Il thriller racconta la storia di una tredicenne scomparsa e riemersa all'improvviso quindici anni dopo dalle tenebre. La storia di due cacce al mostro, quella del dottor Green che esplora l'inconscio della ragazza in cerca di indizi e quella dell'investigatore privato Bruno Genko su una scena del crimine avvenuto troppi anni prima. La scomparsa era anche al centro del thriller La ragazza nella nebbia.
Perché?
«Le scomparse sono sempre state le mie ossessioni, sia quelle definitive che quelle che potrebbero essere seguite da un ritorno. In questo caso la tredicenne ricompare, dopo molto tempo, non si sa se è scappata o se è stata liberata. Il finale sarà sconvolgente, non lascia indifferenti. Io stesso ero terrorizzato quando scrivevo questo libro».
Che rapporto ha con la paura?
«Io sono un fifone, altrimenti non riuscirei a raccontare le paure. Disprezzo la violenza. Ripescare le paure, soprattutto quelle di quand'eravamo bambini, è un gioco psicologico. Mi piace far uscire allo scoperto le paure, scrivendo thriller, ma scrivo anche per divertirmi».
Perché ama così tanto scrivere thriller?
«Perché affrontano i lati oscuri dell'animo umano, la cosa che più mi affascina. Tutti abbiamo delle ombre, esplorare il lato oscuro e misterioso, per fare luce, è la cosa più interessante. Siamo tutti affascinati dal male, dal gioco di ombre e di luci».
Cosa si scoprirà calandosi nel labirinto della mente del nuovo thriller?
«Entrando in questo libro, nel labirinto della coscienza, il lettore non sa se e quando ci uscirà. Tutti i miei romanzi sono collegati da passaggi segreti. Quest'ultimo libro è una summa che raccoglie un po' di tutti i temi che ho trattato finora, dalla caccia ai mostri che esistono realmente nel mondo esterno a quelli che sono presenti soltanto nella mente delle vittime. La realtà è come un gioco di specchi».
Nel film La ragazza nella nebbia, oltre a Jean Reno, Alessio Boni, c'è l'attore Toni Servillo, è lui l'investigatore protagonista.
«Già mentre scrivevo la sceneggiatura avevo in testa Toni Servillo, le sue movenze, la sua voce. Non poteva che essere lui ad interpretare l'investigatore che si serve dei media per affrontare i suoi casi, provocando l'opinione pubblica. Io scrivo per immagini. E quando lo faccio ho già in mente i personaggi, con le loro sembianze, le luci e le ombre».
Com'è stato passare dalla parola alla macchina da presa?
«In realtà sono nato sul set, come sceneggiatore. Fare il regista è stato un po' come tornare a casa, il mondo del cinema lo conosco bene. Anche i tempi di lettura cerco di deciderli io: se il lettore non riesce a sganciarsi dal romanzo, leggendolo tutto d'un fiato, così come guarda il film senza interruzioni, vuol dire che ho colto nel segno».
Maria Chiara Pellizzari
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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