Tullio Vietri, il pittore delle trasformazioni sociali

Domenica 21 Aprile 2019
ARTE
La sua pittura ha documentato dinamiche, trasformazioni sociali, economiche e politiche dell'ultimo mezzo secolo del 900, raccontando vite individuali e collettive, il vissuto di piazze e periferie cittadine, le dinamiche del territorio, ma anche i grandi eventi e le loro ripercussioni sul tessuto sociale del paese. Tullio Vietri era più di un pittore, difficile dimenticare la sua «singolare lezione civile, intellettuale e artistica». Proprio per riscoprire e raccontare il percorso artistico di questo grande interprete dei cambiamenti dell'Italia contemporanea, la sua città natale, Oderzo, gli dedica una corposa antologica che resterà aperta fino al 2 giugno a Palazzo Foscolo.
L'ESPOSIZIONE
Curata da Roberto Costella, Vietri, Cronache Italiane 1958 2008. Dipinti di mezzo secolo della nostra storia: dal boom economico alla globalizzazione esplora vita, pensiero e l'articolata ricerca estetica di questo artista attraverso 84 opere disposte in ordine tematico e cronologico. «Esteticamente Vietri ha elaborato un linguaggio saldamente realistico, teso alla sintesi formale e alla chiarezza contenutistica - spiega il curatore Costella - una pittura diretta e comunicativa, fedele al naturalismo visivo ma di pregnante valore concettuale e documentale, che nel corso dei decenni e però divenuta più dura e drammatica. Il deliberato cambio di registro pittorico, nelle intenzioni dell'artista, aveva la funzione di rendere palese la regressione e la devastazione incombenti su societa e ambiente».
L'ARTISTA
Opitergino di nascita (1927) e bolognese di adozione (dove è morto nel 2016), Vietri ha esordito negli anni Quaranta imponendosi nel panorama nazionale nel periodo 1960-75. Convinto della valenza comunicativa dell'arte, ma preoccupato del destino del mondo occidentale, nel corso degli anni ha sviluppato una visione più drammatica e pessimista, manifestatasi successivamente attraverso colori più cupi, forme sfocate, segni infranti. La sua ultima produzione, caratterizzata da scenari estremi sempre più destrutturati, sembra svelare la crisi del villaggio globale e la progressiva perdita di prospettive sociali e civili: ecco palazzi e auto chiusi come scatole, paesaggi cupi e aridi, fili elettrici che rinchiudono, uomini e donne che, come una folla indistinta, si sfiorano senza mai incontrarsi, figure stilizzate prese di spalle. «Il deliberato cambio di registro pittorico - spiega Costella - nelle intenzioni dell'artista, aveva la funzione di rendere palese la regressione e la devastazione incombenti su societae ambiente». Cronache italiane di ordinaria follia.
Chiara Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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