Tra qualche settimana, esattamente il 9 maggio, l'Europa celebrerà il settantesimo

Sabato 4 Aprile 2020
Tra qualche settimana, esattamente il 9 maggio, l'Europa celebrerà il settantesimo anniversario del suo primo atto fondativo: il discorso che Robert Schuman, allora ministro degli esteri francese, pronunciò a Parigi sulla necessità di una integrazione europea. Schuman era l'uomo più adatto per questa solenne enunciazione: era di madre lussemburghese e di padre franco-tedesco, giacché la sua terra, la Lorena, era stata ricorrentemente contesa, e spartita, tra la Francia e la Germania. Era un cattolico devoto, e aveva assunto vari incarichi governativi nel primo dopoguerra. Di carattere riservato e pacifico, senza esser un pacifista, era stato incarcerato dai nazisti nel 40, era evaso e si era rifugiato in un convento. Un cursus assai simile a quello del nostro De Gasperi, anche lui tra i padri dell'idea di Europa.
GLI ANTESIGNANI
Questa idea non era del tutto originale. Era stata oggetto di dibattiti tra i filosofi francesi del 700, e in parte anticipata dagli illuministi inglesi. Per Voltaire, che ne costituiva la sintesi, l'intero continente (o quasi) avrebbe dovuto unirsi in un medesimo esprit de société fondato sulla comune tradizione culturale. Una simile visione razionalista e laica era tuttavia riduttiva. Fu il Romanticismo, con la sua rivalutazione del medioevo e del cristianesimo, a integrare questo cerebrale sentire europeo con le sue componenti religiose e tradizionali. Così Manzoni e Chateaubriand suggellarono l'alleanza tra intelletto e sentimento nella nostra identità collettiva: era solo un'intuizione, ma era un'intuizione feconda.
IL CONFLITTO
I funesti nazionalismi, soprattutto quello tedesco, smentirono ripetutamente questa aspirazione generosa, che tuttavia rimase viva, benché compressa, persino nel periodo più buio del nazifascismo. Nel giugno del 41, nel penitenziario di Ventotene, Altiero Spinelli e Ernesto Rossi tracciarono quel Manifesto che auspicava un'Europa federale liberaldemocratica. In Francia Henry Frenay, mentre costituiva i primi gruppi di Resistenza armata, maturava un analogo progetto, e alla fine del conflitto, l'idea di Europa riprese vigore. Il 9 maggio del 48, all'Aia, Churchill, in uno dei suoi discorsi più belli, esaltò la missione e il disegno di un'Europa Unita le cui concezioni morali conquisteranno il rispetto e la gratitudine dell'umanità.
LA SPERANZA
Quando, due anni dopo, Schuman ne espose un primo obiettivo, anche i rudi teutonici, ammoniti dalla salutare disfatta militare e ispirati da personalità come Konrad Adenauer aderirono convinti a questo progetto embrionale. Lo scopo immediato fu l'eliminazione di una delle principali cause dei conflitti continentali: la gestione del carbone e dell'acciaio. Fu così che nel 57 nacque la CECA (Comunità europea del carbone e dell'acciaio): molto meno di un'Europa unita, ma molto di più di un'unione doganale. In effetti, i tre grandi statisti di Francia, Italia e Germania guardavano ben oltre una misera convenzione economica: il loro orizzonte era vasto come la loro intelligenza e sincero quanto la loro fede religiosa: l'istituzione di un Comunità sovranazionale amministrata da un'autorità sovrana, con un'unica anima etica e programmatica. Purtroppo, si è rivelata un'anima morta.
IL LASCITO
La data di questo decesso probabilmente c'è: quella della rinuncia a darsi una Costituzione, riconoscendone le radici religiose. Queste radici avevano prodotto la più straordinaria esplosione di energie creative nella storia dell'umanità. Nella filosofia, nella letteratura, nelle arti, nelle scienze, nella tecnica, nel diritto e nei costumi, la sintesi della fede giudaico-cristiana con l'eredità greco-romana aveva fatto del Vecchio Continente la culla della civiltà moderna. L'Europa avrebbe dovuto vantare con orgoglio questo lascito imponente, raccogliendone i frutti in un unitario impulso ideale. Invece l'ha ripudiato in modo grossolano e meschino, surrogandolo con delle banalità enfatiche destinate inevitabilmente a tradursi in inconsistenza politica. Perché una comunità non può sorgere e tantomeno prosperare senza una fede comune. Anche se oggi la secolarizzazione ha sfumato fino a dissolverli i segni del soprannaturale, i messaggi di Gesù e di Isaia, come quelli di Socrate e di Seneca rimangono intatti nella loro perenne vitalità. Ripudiandone, o ignorandone gli insegnamenti, l'Europa ha preferito sclerotizzarsi dentro uno schematismo arido e miope, controllato dall'inflessibile vigilanza di una mediocre burocrazia.
LE COLPE
Ma senza un lungimirante progetto, l'edificio scricchiola, e quanto più l'ambizione del costruttore è incompatibile con le capacità dell'architetto, tanto più rischia di crollare. Così questa Unione, nata male, è cresciuta peggio. Ha adottato una moneta unica, senza la garanzia di un'uniforme normativa giuridica e tributaria. Ha rinunciato a un sistema di difesa comune e integrato, riparandosi dietro un'organizzazione militare a guida americana creata per scopi diversi e gestita con incerte strategie.
Ha eretto un sistema regolamentare elefantiaco e complicato, che ciascun Paese, quando vuole, si sente in diritto di violare nel preminente interesse nazionale, cioè per un contingente calcolo elettorale. Ha rinunciato a una politica estera comune, accettando iniziative militari, come quella francese in Libia, svincolate da ogni consenso e controllo dei soci. Ha colpevolmente ignorato il fenomeno dell'immigrazione, abbandonando gli stati a una gestione frammentaria, consentendo la selezione dei rifugiati ai Paesi più forti e la chiusura delle frontiere a quelli più determinati.
L'IMPOTENZA
E infine, nel momento attuale della più grave crisi del dopoguerra, ha manifestato un'impotenza codarda davanti agli egoismi miopi e arcigni dell'Olanda e della Germania. È un fallimento doloroso per chi aveva creduto, e sperato, nella realizzazione dei nobili disegni di Schuman, di De Gasperi e di Adenauer. E la delusione è resa più amara dall'inadeguatezza complessiva degli attuali reggitori che invece di edificare una venerabile dimora comune hanno costituito un arido sodalizio di barattieri. Se questa è la nuova Europa, allora è meglio che non ci sia. Clemenceau diceva che i giovani decidono con il cuore, i vecchi con il cervello. L'Europa purtroppo lo ha smentito. Di quella vecchia si è perso il cervello, e quella nuova si è dimostrata senza cuore.
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