Tra pochi giorni ricorre l'anniversario della morte di Carlo Emilio Gadda, oggi

Sabato 15 Maggio 2021
Tra pochi giorni ricorre l'anniversario della morte di Carlo Emilio Gadda, oggi considerato da molti il maggior scrittore del nostro Novecento dopo Pirandello. Lo ricordiamo con la dovuta riverenza, anche se ne suggeriamo la lettura con cautela. In questo periodo di isolamento e di pandemia non è il migliore antidoto alla nostra depressione. E tuttavia, come le medicine omeopatiche, può stimolarci a una reazione energica e salutare.
LA VITA
Era nato a Milano il 14 novembre 1893, primogenito di un industriale tessile rimasto vedovo trent'anni prima, e risposatosi con l'ungherese Adele Leher, assai più giovane di lui. Come Leopardi, Gadda soffrì la rovina economica della famiglia a causa di spese dissennate. Per il poeta di Recanati era stata la gigantesca biblioteca ad assorbire le risorse del padre. Qui, era stato l'acquisto di una villa a Longone, i cui costi di mantenimento crescevano mentre le entrate del proprietario calavano, a causa della spietata concorrenza giapponese. Ma se la figura paterna fu deludente, quella materna fu addirittura fatale. Il ragazzo fu afflitto da un rapporto con la madre devastante e morboso. Questo macerato ambiente familiare può spiegare la cognizione del dolore che emergerà nella sua opera.
Gadda era tendenzialmente un idealista. Si arruolò volontario durante la prima guerra mondiale, combatté valorosamente, e nel 1921 si iscrisse al partito fascista, visto come simbolo di patriottismo ordinato e virile. Fu deluso in tutte queste aspirazioni e frustrato nella scelta professionale. Fu costretto a laurearsi in ingegneria e a intraprendere una carriera tecnica, mentre ambiva a scrivere, e a studiare filosofia e letteratura. Quanto al fascismo, una volte che ne intravide l'arroganza velleitaria e cafona, lo ripudiò del tutto. Non diventò mai antifascista militante, disprezzava troppo la politica per impegnarsi attivamente, ma tenne degli appunti, prudentemente riservati, che furono pubblicati nel 1967 con il titolo Eros e Priapo: una satira corrosiva del Duce e del suo codazzo servile. Questo bagno di amarezze convertì il suo iniziale idealismo in un positivismo disincantato. La sua educazione tecnica lo allontanò da ogni forma di retorica spiritualistica, orientandolo verso una visione sempre più negativa. Ma l'impulso di energie represse sotto sotto rimase, e si tradusse in una protesta collerica, talvolta irosa e beffarda fino alla petulanza. Scriveva - e talvolta pubblicava - ma per vari decenni, il suo nome fu ignorato.
POLIZIESCO
Nel 1957 uscì il suo romanzo più famoso, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. È un poliziesco ambientato a Roma, in un palazzo dove una signora benestante è stata rapinata e uccisa. Ma si tratta di un giallo solo apparente. La struttura di questo genere letterario, che ha fatto di Agatha Christie la scrittrice anglosassone più letta al mondo dopo Shakespeare, è duplice: la prima è detta How catchthem, (letteralmente: come prenderli), la seconda è quella più classica e più diffusa dell'Who dunit( chi l'ha fatto). Qui la sfida per il lettore consiste nello scoprire il colpevole: è il compito di Poirot, di Miss Marple e di Philo Vance. Lì, al contrario, l'assassino è noto sin dall'inizio, e la nostra attenzione si concentra nel modo in cui l'investigatore lo individua. L'esempio più noto è quello del tenente Colombo.
TERZA VIA
Gadda segue una terza via: il colpevole resta ignoto, e si vede benissimo che all'autore, e al lettore, la sua identità interessa poco. Il pasticciaccio del racconto non è quello del delitto, ma quello della vita, un'ingarbugliata matassa di cui nessuno capisce il senso, e che si dipana tra i moventi vili, gretti e utilitaristici dell'egoismo umano. Scoprire il colpevole dell'omicidio è vuota illusione, come lo è la pretesa di ricostruire i nessi causali che determinano gli eventi della nostra esistenza. Il principio virgiliano del felix qui potuit rerum cognoscere causas è abbandonato e deriso. O meglio, e portato alle estreme conseguenze. Poiché non potremo mai conoscere la confusione della realtà sottostante, saremo perennemente infelici. Gadda era un disperato furibondo, non un rassegnato filosofo docile agli insegnamenti di un' imperturbabile e indifferente natura.
IL SUCCESSO
L'opera ebbe un grande successo, tanto da esser portata sullo schermo da Pietro Germi due anni più tardi nel film Un maledetto imbroglio. Scrittore e regista avevano molte cose in comune, compreso un distacco quasi aristocratico dall'impegno politico che non fu mai perdonato dall'egemonico snobismo culturale della sinistra. Entrambi erano lontani dalla bigotteria minuziosa del fideismo integralista e dall'impeto tribunizio dei rivoluzionari salottieri. Il loro radicale pessimismo ripudiava le utopie velleitarie di tanti intellettuali subalterni alla dominante vulgata marxiana. Per fortuna quella volta il talento degli autori prevalse sul supponente ostracismo dei critici. Il romanzo è oggi un classico, e il film è un gioiello da cineteca.
Nel 1963 Gadda pubblicò La cognizione del dolore, un romanzo incompiuto scritto più di vent'anni prima. Inutile narrarne la trama, che è solo un rabbioso affresco delle nostre miserie in una cornice ambientale di pura fantasia. A una prima lettura ci si ritrae disorientai e sgomenti davanti a una processione funebre di creature fallite. Quanto alla forma, anche il glottologo più erudito deve munirsi di un corposo dizionario per tradurre i dissonanti contrappunti di storture bislacche, di formule classicheggianti e di neologismi provocatori. Tuttavia questa prosa sperimentale, che fonda le sue radici in Rabelais e si ritrova in Joyce, non è un vuoto esercizio di un domatore di parole. Esprime anche foneticamente le contorte fissazioni di un'anima inquieta, corrosa dalle fobie e dai complessi, ma illuminata da un realismo raziocinante che non si rassegna alla sconfitta. Come per il poliziotto il pasticciaccio del crimine è insolubile, così la nostra conoscenza è impossibile e ingannevole: è «una perenne deformazione del reale».
CONSOLAZIONE
Gadda morì il 21 maggio 1973. Era diventato e celebre, e benestante, soltanto in tarda età: una magra consolazione per una vita così travagliata, che né l'arte né il talento né la filosofia erano riusciti a sublimare. Non riuscì mai a svincolarsi dalla mortale veste di Nesso di un padre fallito e di una madre oppressiva. Dimostrando così che una componente fondamentale della nostra salute mentale, come del colesterolo, è scegliersi bene i genitori.
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