Sull'erba di Wimbledon la vita va oltre il talento

Venerdì 10 Novembre 2017
Sull'erba di Wimbledon la vita va oltre il talento
IL MATCH
L'assenza di quel vs tra i due nomi, pur riordinando la memoria di uno delle sfide sportive più famose di sempre, indica lo scopo di andare al di là di una contrapposizione, che infatti nella vita sfociò nell'amicizia successiva tra i due avversari. Certo la finale 1980 di Wimbledon, il teatro regale del tennis mondiale, diventa la sineddoche di due esistenze complesse, più di quanto le apparenze farebbero supporre: il (finto?) glaciale Björn Borg, che aspettava dalla linea di fondo le proprie vittime, dalla pazienza infallibile: Un iceberg? No un vulcano, si dice a metà film e d'altronde la sua infanzia lo conferma; e l'esplosivo, irascibile John McEnroe, irruento anche nell'andare costantemente a rete, con quel suo gioco spavaldo e temerario, per mettere ansia al proprio avversario. Lo svedese e l'americano: due immensi talenti, nella loro complementare diversità. Entrambi ossessionati dal ruolo. Maniacale e superstizioso il primo: non a caso la scena fondamentale del film è anche una delle più apparentemente futili, quella scelta del garage esatto per fare una ripresa tv; divorato dalla smania di tener fede alla propria ambizione il secondo, con quelle scritte sul muro della camera dell'hotel per sorvegliare la strada per la vittoria.
Janus Metz firma un doppio biopic dai ritratti scanditi un po' meccanicamente, alternando sullo schermo le due vite, ma dedicando quasi due terzi del film allo svedese, finendo così col tenere spesso in disparte McEnroe, in una confezione accattivante e dosata nelle emozioni, ma che mostra una struttura fragile, specie nella rappresentazione della finale che non riesce a restituire pathos e angoscia. Non aspettatevi un altro Rush, la sfida tra i piloti Hunt e Lauda, raccontato da Ron Howard: qui la metafora del campo è meno incisiva, non riesce a configurare, dentro la retorica dello sport, un dualismo che evada dai confini sportivi. Bravi e credibili comunque Shia LaBeouf (McEnroe) e Sverrir Gudnason (Borg), il resto lo fa a suo modo la storia. (adg)
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