Strage di Jesolo, accuse rafforzate

Domenica 10 Maggio 2020
Strage di Jesolo, accuse rafforzate
MUSILE/SAN DONA'
Le tesi suggerite dal consulente tecnico della difesa «non sono «tecnicamente accettabili, perché originano da presupposti errati».
A scriverlo è l'ingegnere Cristina Geddo, chiamato dal giudice a stabilire se il rispetto del limite di velocità avrebbe potuto salvare la vita ai quattro giovani annegati a Musile, dopo che la loro vettura, speronata dalla Golf condotta da un elettricista ventisettenne, il romeno Marius Alin Marinica, volò nelle acque del canale che costeggia via Pesarona, a Ca' Nani di Jesolo, nella notte tra il 13 e il 14 luglio dello scorso anno.
Il perito scrive che, se la Fiesta su cui si trovavano i ragazzi avesse proceduto a 70, invece che 77 chilometri orari, l'incidente si sarebbe verificato in un altro punto e con modalità differenti; e comunque è «impossibile stabilire con assoluta certezza quale sarebbe stata l'evoluzione dinamica del sinistro».
UN PUNTO ALL'ACCUSA
Le conclusioni dell'ingegnere, che rafforzano le accuse della Procura, saranno discusse all'inizio di luglio nel corso dell'udienza fissata nell'aula bunker di Mestre per giudicare con rito abbreviato Marinica, tutt'ora agli arresti domiciliari con l'accusa di omicidio stradale e fuga: il giovane, infatti, non si fermò per prestare soccorso, facendo ritorno a casa, sostenendo di non essersi accorto dell'urto.
La vettura dell'imputato, che procedeva in direzione Venezia, era lanciata a 100 chilometri all'ora e rientrò da un sorpasso stringendo troppo ed entrando in collisione con la Ford Fiesta condotta da Riccardo Laugeni, a bordo della quale viaggiavano anche Eleonora Frasson, Leonardo Girardi e Giovanni Mattiuzzo (tutti morti nella carambola fatale), insieme a Giorgia Diral, unica miracolosamente sopravvissuta.
La responsabilità di Marinica non viene contestata, ma il suo difensore, l'avvocato Rodolfo Marigonda, sta cercando di limitarla: da qui l'ipotesi, formulata dall'ingegner Davide Pavon, secondo cui la Fiesta si sarebbe fermata contro il guard rail, senza finire in acqua, se la sua velocità fosse stata di 5-10 chilometri all'ora più ridotta.
MORTI ANNEGATI
L'autopsia non è stata effettuata, ma sulla base dei rilievi e degli accertamenti medici si ritiene che i ragazzi siano morti annegati e, dunque, la circostanza sostenuta dalla difesa avrebbe un effetto decisivo sui risultati del processo, se verificata.
Ma, oltre al perito del giudice, anche il consulente del pubblico ministero, l'ingegner Mario Piacenti, oltre agli esperti nominati dai legali dei familiari delle vittime e dalla sopravvissuta, gli avvocati Guido Simonetti e Simone Zancani, considerano infondata la ricostruzione della difesa e negano la ben che minima responsabilità di Laugeni nell'esito fatale del grave incidente.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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