Serrata della cultura Dieci milioni di danni

Mercoledì 26 Febbraio 2020
IL PUNTO
«È una situazione che fa male. Hanno chiuso i teatri per evitare assembramenti di persone, ma i bar sono aperti e si sa che in Veneto i bar sono molto più frequentati dei teatri!». Andrea Pennacchi non fa mancare la sua ironia anche in un momento davvero critico per lo spettacolo dal vivo. Con la chiusura un intero settore è stato messo in ginocchio e l'Agis ha stimato una perdita economica di oltre 10 milioni di euro, diretta causa della cancellazione di 7.400 spettacoli. In questo scenario, il Veneto si lecca le ferite e inizia la conta dei danni.
CONGELAMENTO
«A fronte del decreto abbiamo sospeso tutti gli spettacoli - riferisce Pierluca Donin, (Arteven) - Non abbiamo annullato alcuna data, ma abbiamo concordato con le compagnie un recupero a fine stagione. È tutto congelato e le compagnie sono alle paghe minime. Per noi è importante non penalizzare ulteriormente chi produce e gli artisti». E ora? «Appena possibile andremo a riprogrammare gli spettacoli saltati. Dopo Cresco (il coordinamento del teatro contemporaneo), ieri anche Agis e FederVivo hanno chiesto al ministero lo stato di crisi.
SISTEMA IN CRISI
È un intero sistema economico in crisi. Arteven da sola ha un bilancio da 7 milioni e un indotto che vale quattro volte. «Solo questa settimana - spiega Donin - abbiamo perduto un migliaio di giornate lavorative tra attori e tecnici e personale dei teatri. E per tornare a regime ci vorrà un mese di lavoro di recupero». Anche per il presidente del Teatro Stabile del Veneto «è un disastro». E nonostante dica che «il mondo è triste senza teatro», Giampiero Beltotto riconosce il lato positivo delle chiusure obbligate: «l'intervento delle ordinanze permette almeno di mettere in funzione i meccanismi assicurativi, perché in fondo se avessimo proposto gli spettacoli quante persone avremmo avuto in sala? - si chiede - Ora speriamo arrivino provvedimenti di sostegno dal Governo».
ARTIGIANALE E INTERMITTENTE
Con quattro spettacoli saltati in Veneto, Giuliana Musso si domanda: «Ma come si può pensare che cambi qualcosa da lunedì?». L'attrice veneto-friulana coglie l'occasione per portare in luce lo status dei lavoratori dello spettacolo. «La stragrande maggioranza lavora a chiamata - spiega - e quindi nel momento di una chiusura così, nel momento più intenso della stagione, non hanno tutele». Se dunque non vanno in scena, non portano a casa il cachet. E allora - secondo la Musso - si tratta di ragionare sul valore sociale ed economico che l'Italia assegna ai professionisti della cultura. «È vero che siamo un po' anarchici di natura e fatichiamo ad avere uno spirito corporativo, ma credo ci sia un po' di indifferenza per quello che è il nostro esser anche semplicemente delle persone che fanno un mestiere, artigianale e intermittente».
AI CONFINI DELLA REALTÀ
Attore e direttore di due festival, Andrea Pennacchi si trova appiedato. «Passeggio per la città deserta, come fossimo nel finale de Ai confini della realtà - dice - Ora è troppo presto per piangere, vedremo l'impatto sul lungo termine. Certo per noi attori è una doppia ferita: perdiamo il salario, ma perdiamo anche il rapporto con la scena che ci tiene vivi». Pennacchi sottolinea in particolare la perdita «della catarsi, di quel rapporto comunitario che si vive a teatro tra pubblico e artisti. Non è facile ripensare il modello per aprire i luoghi di aggregazione senza provocare danni, ma è importante». E conclude con una battuta: «dovevo accaparrarmi scorte di amuchina e rivenderle al mercato nero per rifarmi delle perdite».
Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci