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(...)e interessante: riapriamo perché chiudere

Lunedì 12 Aprile 2021
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(...)e interessante: riapriamo perché chiudere non è servito a nulla, o meglio è servito solo a ridurre alla fame gli esercenti.
L'argomento è demenziale perché in realtà sappiamo perfettamente che cosa succede se si riapre. Il governo, infatti, ha già fatto un esperimento sulla Sardegna, e ha potuto constatare che, se a un territorio con il contagio in ritirata si concedono le libertà di una zona bianca (quasi tutto aperto), nel giro di poche settimane quel medesimo territorio si ritrova in zona rossa. È questo che vogliono i fautori delle riaperture appena la situazione migliora?
Ma l'argomento dei paladini delle riaperture non è solo demenziale, è anche interessante. Perché attira l'attenzione su un punto cruciale, e cioè che 6 mesi di sacrifici (da metà ottobre ad oggi), in fin dei conti non sono serviti a nulla. Non ci hanno evitato il picco di fine novembre, con 3800 ricoverati in terapia intensiva, e non ci hanno risparmiato, a quattro mesi di distanza, il picco attuale, con il medesimo numero di ricoverati in terapia intensiva. Dunque, su questo, il partito delle riaperture ha ragioni da vendere: bisognerà pure, a un certo punto, prendere atto che le misure messe in campo non hanno funzionato, e che la pretesa delle autorità scientifico-sanitarie di farci ballare ancora per mesi e mesi la danza dei 4 colori è forse un po' eccessiva. Su questo l'inquietudine del partito delle riaperture è perfettamente giustificata.
E allora veniamo al punto: perché le misure non hanno funzionato? Perché i morti anziché diminuire stanno crescendo?
Le ragioni, a mio parere, sono essenzialmente tre. La prima è che la campagna di vaccinazione, essendo stata condotta in modo scriteriato, ha dato un contributo molto modesto al contenimento della mortalità. Fa una certa impressione, leggendo le cifre ufficiali del Governo, scoprire che ancor oggi, a 100 giorni dall'inizio della campagna vaccinale, meno del 40% degli over 80 (e meno del 3% della fascia 70-79) sia completamente vaccinato. O scoprire che, a fronte di circa 800 mila medici e infermieri, 3.1 milioni di dosi siano state riservate al personale socio-sanitario. Per non parlare degli 1.1 milioni di dosi andate al personale scolastico (con le scuole quasi sempre chiuse), o del milione di vaccinazioni di cui non è possibile individuare la ratio, e che vengono più o meno semplicisticamente ascritte ai furbetti del vaccino. Sembra inevitabile concludere che se fin dall'inizio, oltre medici e infermieri, si fosse vaccinata la maggior parte degli over 80, oggi avremmo almeno 200 morti al giorno in meno.
La seconda ragione è che il lockdown attuato in Italia, specie a gennaio-febbraio, è stato molto più blando di quello adottato nei Paesi che stanno uscendo dall'epidemia. E non sto parlando di Paesi molto avanti con le vaccinazioni (come Regno Unito e Israele), ma di Paesi che, come Irlanda, Portogallo, Sud Africa, Svizzera, hanno vaccinato come noi o meno di noi. Questo dato dà torto agli aperturisti, e fornisce invece un supporto alla linea lockdown breve e durissimo da tempo sostenuta da Walter Ricciardi, il consulente inascoltato (e ora a quanto pare pure silenziato) del ministro della salute Roberto Speranza.
Ma c'è un terzo motivo per cui le cose non vanno bene. E questo dà invece ragione ai critici della giostra dei 4 colori. Sono ormai in molti, fra gli studiosi indipendenti (ma non nel Comitato tecnico-scientifico), a sostenere che le indicazioni fornite fin qui dalle autorità sanitarie sono basate su evidenze scientifiche dubbie o datate, e talora sono addirittura in contrasto con quel che ormai si sa sui meccanismi di trasmissione del virus.
Si sanno parecchie cose che prima non si sapevano, o si sapevano ma non venivano credute dall'Oms e dalle autorità sanitarie. La prima è che, all'aria aperta, la trasmissione del virus è estremamente difficile. La seconda, speculare alla precedente, è che la trasmissione al chiuso è piuttosto agevole, molto più di quanto si supponesse. La ragione, ridotta all'osso, è che la trasmissione del virus non avviene solo con le goccioline più grandi (droplets), che tendono a cadere a terra, ma anche con quelle più piccole (aerosol), che invece negli ambienti al chiuso possono restare in sospensione e diffondersi in modo analogo al fumo, mentre all'aperto vengono rapidamente disperse.
Semplificando e forzando un po' a scopo comunicativo, si potrebbe riassumere così: le mascherine chirurgiche (che non filtrano l'aerosol) all'aperto non sono necessarie e al chiuso non sono sufficienti. In pratica. Se sei all'aperto, il rischio che corri non portando la mascherina o usando solo la chirurgica esiste, ma è minimo. Se invece sei al chiuso (in un negozio, a scuola, in un ufficio, su un treno), è essenziale indossare le mascherine più filtranti (ffp2 e simili), e/o garantire la qualità dell'aria (mediante filtri Hepa, o mediante ventilazione meccanica controllata).
Se questa ricostruzione, basata essenzialmente su studi degli ingegneri, ha fondamento, allora siamo decisamente fuori strada. Ci accaniamo contro assembramenti, pic-nic, movida, vita di spiaggia, tutte attività che avvengono all'aperto, e non facciamo nulla per mettere in sicurezza gli ambienti al chiuso, o quasi al chiuso: uffici, negozi, ristoranti, scuole, università, teatri, musei, aule parlamentari, ma anche bus, tram, metropolitane, treni.
È la linea Sgarbi, che da mesi si batte contro la mascherina all'aperto e per dotare gli ambienti chiusi di sanificatori? Un po' sì. O perlomeno non è né la linea degli aperturisti selvaggi (apriamo tutto, e buonanotte), né quella delle vestali del lockdown, che non vedono altra strada che quella di rinchiuderci tutti.
In conclusione: è vero che, poiché quasi nulla si è fatto di quel che andava fatto, nel brevissimo periodo ci restano solo mascherine ffp2 e lockdown. Ma forse è anche vero che, a fronte di una campagna vaccinale mal impostata, e ora messa a repentaglio dalla mancanza di dosi, ci vuole un piano B. Più che dividerci fra fautori delle riaperture e difensori delle chiusure, dovremmo cominciare a pensare a un nuovo e diverso mix fra le misure da adottare: sanificatori in tutti gli ambienti chiusi; distanziamento, ricambio d'aria e controlli rigorosi sui mezzi pubblici; più libertà per le attività che si svolgono all'aperto; lockdown, brevi e durissimi, solo intorno ai focolai (a livello comunale, se non di quartiere).
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