«Scrivere è una sfida di famiglia»

Venerdì 23 Luglio 2021
«Scrivere è una sfida di famiglia»
L'INTERVISTA
Sono passati ormai sessant'anni dalla scomparsa di Ernest Hemingway ed in questo lungo lasso di tempo attorno alla figura dello scrittore americano è nata una vera e propria leggenda che affianca alla sua indimenticabile prosa le sue grandi passioni per l'avventura, la caccia, le donne.
Dietro a quest'immagine, sin troppo stereotipata, c'è però molto altro, come racconta John Hemingway, nipote di Ernest, ospite d'onore ieri della terza serata della rassegna Hemingway, il Nobel nella Laguna di Caorle, in corso di svolgimento nella località balneare. In collegamento da Montreal, il nipote di Hemingway, anche lui scrittore e depositario di uno straordinario bagaglio familiare, ha spiegato il suo rapporto con il celebre parente. Nel libro Una strana tribù. Memorie di famiglia (con prefazione del presidente del Premio Giornalistico Papa Ernest Hemingway, Roberto Vitale) John Hemingway ha tratteggiato la complessità dei rapporti all'interno della sua famiglia, tra il nonno Ernest e suo padre Gregory, e tra questi e l'autore stesso.
Come era suo nonno Ernest?
«Ho conosciuto il nonno attraverso i racconti di mio padre, di mio zio ed attraverso i suoi libri. È morto quando io avevo circa 11 mesi. Era certamente una figura più complessa di quanto sia apparso nell'iconografia che lo ha sempre accompagnato. Era un uomo intelligentissimo, ma difficile e molto vulnerabile».
Non deve essere stato facile il rapporto in famiglia.
«Nel forte legame che c'era con mio padre Gregory (scomparso nel 2001) e tra questi e mio nonno Ernest erano presenti sia le luci che le ombre che hanno contraddistinto la mia famiglia. Anche mio padre era un uomo intelligentissimo, era un medico, che condivideva con Ernest la passione per la caccia e il tiro a segno. Mio nonno era entusiasta che questa passione per la natura e la caccia si fosse tramandata fino a suo figlio. Quando avevo 17 anni, mio padre mi portò con mio zio Patrick in Montana e mi vide centrare in pieno con il mio fucile una lattina lanciata da lui. Ricordo che mio padre si mise a tremare perchè in quel momento vide in sé stesso ed in me ciò che suo padre Ernest provava per lui. Per lui era addirittura più importante questa affinità della mia volontà di diventare uno scrittore».
Luci e ombre, quindi.
«Nella mia famiglia hanno avuto un peso preponderante le malattie psicologiche: mio nonno Ernest e il mio bisnonno soffrivano di depressione clinica, mio padre era invece bipolare. Il forte legame tra mio nonno e mio padre era legato anche all'aspetto della patologia: mio padre vedeva in Ernest il buono e il male della sua vita ed ha cercato di aiutarlo finchè ha potuto. Fortunatamente non ho ereditato questo tipo di problematiche, ma attraverso il libro che ho scritto e le ricerche che ho fatto, mi è stato possibile capire quali difficoltà mio padre e mio nonno avessero condiviso e quanto per certi versi fossero simili»
E questo appare nel suo libro?
«In un certo senso, il mio scritto mi ha aiutato anche a perdonare mio padre per certe difficoltà che avevo incontrato in gioventù e mi ha spronato ad essere un genitore sempre migliore per i miei figli. Questo libro, che in realtà è una biografia di mio padre, spero possa rappresentare anche un aiuto per chiunque viva situazioni legate alle patologie psichiche in famiglia».
Non deve essere facile portare un cognome come Hemingway.
«Sono arrivato in Italia nel 1984 ed ho vissuto qui per oltre vent'anni. Volevo scrivere, ma non avevo ancora trovato uno stile personale. Non potevo certamente scrivere come mio nonno, e mi è servito del tempo per trovare il coraggio di trovare il modo per esprimere ciò che sentivo. Non esiste competizione tra me e lui come scrittore e sono sempre stato ben conscio della necessità di seguire la mia strada. Sia in Italia che negli altri paesi dove ho vissuto ho incontrato persone che si sono dette onorate di avermi conosciuto, essendo io il nipote di Hemingway. A questi lettori, mio nonno ha parlato direttamente attraverso le proprie pagine. Cerco sempre di essere gentile con chi ricorda in questo modo mio nonno, ma devo dire che ancora oggi mi impressiona il grande amore che le persone nutrono per lui. Nonostante siano passati già 60 anni da quando si tolse la vita, Ernest Hemingway non è mai stato così amato e celebrato. Credo che il suo ricordo come scrittore rimarrà indelebile nel tempo».
Riccardo Coppo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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