Rugby, 90 anni combattendo

Giovedì 19 Aprile 2018
Rugby, 90 anni combattendo
L'ANNIVERSARIO
«Zògo da mati?». «No, esperienza da paradiso». Fra le due definizioni, la prima di uno sconosciuto giornalista degli anni Venti, la seconda dello scrittore Gian Antonio Cibotto, si colloca la genesi del rugby in Veneto. Disciplina della quale, proprio in questi giorni, si celebrano i novant'anni della scoperta in una regione dove è diventato ben presto molto più di uno sport. Tanto da ribattezzare il Veneto Galles d'Italia, per come si è sviluppata geograficamente, socialmente e tecnicamente la palla ovale, e per il modo in cui è vissuta la sua passione.
GLI INIZI
La prima partita di rugby in terra veneta si gioca a Padova il 23 aprile 1928, al campo dell'Arcella. Leoni di San Marco contro Sport club Milano. È una sonora sconfitta 39-8. Il bis è annunciato pochi giorni dopo, il 6 maggio, al Campo sportivo fascista S. Elena. Prima partita di rugby a Venezia, come campeggia nei manifesti. Da quella sconfitta di strada i giocatori, le squadre e le società venete ne hanno fatta parecchia. Tanto da vincere il 52% dei titoli italiani seniores maschili: 45 scudetti su 87 (15 Treviso, 12 Padova, 12 Rovigo, 5 Fiamme Oro allora di stanza a Padova, 1 Mogliano). Il 75%, 60% e 47,5% dei titoli giovanili rispettivamente nelle categorie under 18-20, 17-18 e 15-16 che si sono succedute con vari cambi di fasce d'età nel corso degli anni. Addirittura il 99% di titoli tricolori femminili (33 su 34, unica eccezione Monza). Un vero dominio, ribadito dalle decine di giocatori che hanno vestito la maglia delle Nazionali di ogni categoria.
IL SAGGIO
Le origini dell'epopea e dell'identificazione del territorio veneto con il rugby sono state per la prima volta ricostruite da un saggio dello storico e giornalista veneziano Elvis Lucchese. S'intitola Sport di combattimento. Gli esordi del rugby in Veneto 1927-1945 (Hoggar edizioni, Treviso, pp. 74, euro 10). È stato realizzato in collaborazione con il Comitato regionale veneto (Crv) della Federazione italiana rugby (Fir) e con la Regione, i quali intendono far rivivere quell'atto di nascita del 23 aprile 1928 con una rievocazione in maglie d'epoca della partita. Preziose sono state la ricerche documentali di Luca Raviele, principale collezionista italiano di materiale rugbistico. Illuminante l'introduzione di Felice Fabrizio, della Società italiana di storia dello sport (Siss), che contestualizza la genesi nella politica di promozione e propaganda sportiva del Fascismo. «È il gioco completo per la gioventù di Mussolini», recita un opuscolo dell'epoca.
Il saggio di Lucchese parte dal 1927. Da quando la sera del 29 novembre nasce a Padova la prima società, i Leoni di San Marco. Sulle ali dell'entusiasmo di un Italia-Francia non ufficiale vista il 1° novembre a Bologna dai due fondatori: Amedeo Fusari, giornalista del Gazzettino, quotidiano sul quale si basa una grossa parte della ricerca; Pietro Pierobon, «gestore con la famiglia di un noto locale cittadino».
LA CRONACA
Il primo allenamento, su un campo vicino a Prato della Valle, viene così epicamente narrato: «Una sera d'inverno chiamarono a raccolta pugilatori, calciatori in rotta con le rispettive società, cultori dell'atletica leggera e pesante. Tutti furono immediatamente tassati di cinque lire e nacque di colpo una nuova società. La domenica successiva, con un freddo polare, Pierobon, regolamento alla mano, tenne la prima lezione pratica. Cacciati via i freddolosi e i pusillanimi e coloro che dimostrarono di non gradire quel zògo da mati, ne restò a sufficienza per mettere in piedi una squadra».
I Leoni disputano il nascente campionato italiano di rugby nella stagione 1928/29 (sei squadre, vince l'Ambrosiana Milano). L'Appiani di Padova ospita il raduno dell'Italia per lo storico esordio a Barcellona il 20 maggio 1929, dove viene sconfitta 9-0 dalla Spagna. Giovanni Parolin è il primo veneto a vestire la maglia azzurra. Poi, rapidamente come hanno iniziato a ruggire, i Leoni spariscono. Il seme gettato però cresce rigoglioso. Alimentato dalle strutture giovanili, universitarie e di partito del Fascismo che trasmettevano ai giovani la sua ideologia legata allo sport. Il combattimento (le combàt dicono i francesi) è uno dei fondamentali del rugby. Dentro a quell'ideologia diventa lo strumento per formare l'Uomo Nuovo del regime e il soldato fascista. Da qui il titolo del libro.
IL FASCISMO
«Padova, e in particolare la sua università, rappresenta il centro d'irradiazione della disciplina verso gli altri capoluoghi del Veneto» scrive Lucchese. Fra il 1931 e 1932 lo studente di giurisprudenza Cesare Sarti propone di fondare una squadra a Mestre legata al Guf (Gruppo universitario fascista), mentre Livio Zava, futuro medico, dà vita al primo embrione a Treviso. Nel 1935 Davide Dino Lanzoni, studente di medicina, porta il primo pallone a Rovigo. A Padova intorno al Guf e alla spinta di Fusari, morto a soli 39 anni nel 1935, al quale come pioniere viene intitolato il primo Trofeo veneto, tre squadre partecipano alla serie A. Un fermento dal quale nel dopoguerra nascerà l'epopea del Petrarca all'interno del collegio Antonianum dei Gesuiti, fucina della classe dirigente cittadina.
A ROVIGO
Non è un caso. Il rugby si sviluppa come sport per il «notabilato urbano, l'élite borghese che detiene saldamente le carriere professionali e politiche e che può garantire ai figli un'educazione universitaria». Un «ceto privilegiato» il quale può permettersi i valori del dilettantismo e del fai-play, alimentati da contatti diretti con il mondo anglosassone. L'unica eccezione è Rovigo, dove la comparsa di un rugby plebeo è una peculiarità. In città esplode subito la passione per le sorti di questo sport. La vittoria nel campionato della Gioventù italiana del littorio (Gil) del 1939 fa da detonatore. Il cuore della squadra è il quartiere popolare di San Bortolo, con il piazzale d'erba davanti alla chiesa ombreggiato dagli alberi mirabilmente decritto da Cibotto. I suoi eroi di lavoro fanno i carbonari, i facchini, gli spazzini. Per loro il rugby è riscatto sociale, non fair play. Mario Maci (dal Maciste star cinematografico) Battaglini, gigante dell'epoca e professionista ante litteram, diventa la leggenda di questo crogiolo di passioni. Tanto da dar oggi, legittimamente, il nome allo stadio della città rimasta da allora la più rugbistica d'Italia.
Ivan Malfatto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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