PROTAGONISTI
Dopo quasi un trentennio di assenza, domenica 24 novembre torna al Teatro La Fenice, quale titolo inaugurale della stagione 2019-2020, il Don Carlo di Giuseppe Verdi. Lo spettacolo quest'anno coinvolge tutta la città di Venezia: le facciate dei palazzi, le vetrine, le attività commerciali portano un segno delle suggestioni artistico-musicali di quest'opera monumentale di Verdi. Il sovrintendente della Fenice, Fortunato Ortombina, ha promosso incontri con scrittori, attori e artisti per sviscerare i molteplici aspetti del Don Carlo, che intreccia drammi personali, problematiche teologiche, sociali e politiche.
GLI ESORDI
Della compagnia di canto fanno parte anche il tenore Piero Pretti, il baritono Julian Kim e il basso Alex Esposito che debuttano nei rispettivi ruoli: Don Carlo, Rodrigo e Filippo II. Per Esposito, che alla Fenice ha cantato Mozart e Rossini, Verdi rappresenta un notevole traguardo interpretativo. «Dal punto di vista tecnico e vocale - spiega - ho sostenuto parti più impegnative di quella di Filippo II. La difficoltà di cantare Verdi sta nel giusto peso da dare alla parola, nella capacità di raccontare il dramma di un sovrano che vive un rapporto conflittuale col figlio e soffre in silenzio. Non serve una voce particolarmente potente, ma si deve lavorare sui colori, sullo spessore umano. Con il direttore Chung abbiamo insistito sulla fedeltà musicale, sulla corretta, ma non pedante lettura del testo. Il regista Carsen ci ha aiutato a mettere in evidenza ogni aspetto dei rapporti interpersonali dei personaggi. Poco importa avere una gorgiera o un costume d'epoca: fondamentale è centrare il dramma, che in questo caso è pieno di risvolti negativi».
ESPERIENZA VERDIANA
Piero Pretti ha già una rilevante esperienza verdiana, da Nabucco ai Vespri siciliani, da Trovatore a Un ballo in maschera. Tra breve, nella ripresa di Aida alla Fenice, debutterà come Radamès. «Io sono propriamente un tenore lirico d'ispirazione belcantistica. Questa è la mia chiave di lettura dei grandi ruoli verdiani. Tra i miei modelli interpretativi ci sono Pavarotti e Bergonzi. È una questione di gusto personale. Naturalmente, la sensibilità di Chung e la raffinata cultura di Carsen mi hanno molto aiutato nella resa del personaggio di Don Carlo».
Anche per il baritono Julian Kim, che interpreta Rodrigo, il marchese di Posa, la morbidezza della voce e il fraseggio legato sono fondamentali per una resa corretta della scrittura verdiana. «Amo molto questo personaggio. Spesso i baritoni sono padri. Qui invece sono un giovane della mia età. Rodrigo è un sincero amico di Don Carlo, è coraggioso e non teme di dire con saggezza quello che pensa. Un baritono lirico, quale sono io, deve sapersi destreggiare tanto nel repertorio comico quanto in quello serio. Anche se ho cantato centinaia di volte come Figaro rossiniano, mi trovo a mio agio in Verdi. Chung, poi, mi ha chiesto di muovermi con la musica e di saper usare le pause in funzione espressiva». A fianco dei già citati interpreti, ricordiamo ancora Maria Agresta (Elisabetta di Valois), Veronica Simeoni (Eboli) e Marco Spotti (Il grande inquisitore).
Mario Merigo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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GLI ESORDI
Della compagnia di canto fanno parte anche il tenore Piero Pretti, il baritono Julian Kim e il basso Alex Esposito che debuttano nei rispettivi ruoli: Don Carlo, Rodrigo e Filippo II. Per Esposito, che alla Fenice ha cantato Mozart e Rossini, Verdi rappresenta un notevole traguardo interpretativo. «Dal punto di vista tecnico e vocale - spiega - ho sostenuto parti più impegnative di quella di Filippo II. La difficoltà di cantare Verdi sta nel giusto peso da dare alla parola, nella capacità di raccontare il dramma di un sovrano che vive un rapporto conflittuale col figlio e soffre in silenzio. Non serve una voce particolarmente potente, ma si deve lavorare sui colori, sullo spessore umano. Con il direttore Chung abbiamo insistito sulla fedeltà musicale, sulla corretta, ma non pedante lettura del testo. Il regista Carsen ci ha aiutato a mettere in evidenza ogni aspetto dei rapporti interpersonali dei personaggi. Poco importa avere una gorgiera o un costume d'epoca: fondamentale è centrare il dramma, che in questo caso è pieno di risvolti negativi».
ESPERIENZA VERDIANA
Piero Pretti ha già una rilevante esperienza verdiana, da Nabucco ai Vespri siciliani, da Trovatore a Un ballo in maschera. Tra breve, nella ripresa di Aida alla Fenice, debutterà come Radamès. «Io sono propriamente un tenore lirico d'ispirazione belcantistica. Questa è la mia chiave di lettura dei grandi ruoli verdiani. Tra i miei modelli interpretativi ci sono Pavarotti e Bergonzi. È una questione di gusto personale. Naturalmente, la sensibilità di Chung e la raffinata cultura di Carsen mi hanno molto aiutato nella resa del personaggio di Don Carlo».
Anche per il baritono Julian Kim, che interpreta Rodrigo, il marchese di Posa, la morbidezza della voce e il fraseggio legato sono fondamentali per una resa corretta della scrittura verdiana. «Amo molto questo personaggio. Spesso i baritoni sono padri. Qui invece sono un giovane della mia età. Rodrigo è un sincero amico di Don Carlo, è coraggioso e non teme di dire con saggezza quello che pensa. Un baritono lirico, quale sono io, deve sapersi destreggiare tanto nel repertorio comico quanto in quello serio. Anche se ho cantato centinaia di volte come Figaro rossiniano, mi trovo a mio agio in Verdi. Chung, poi, mi ha chiesto di muovermi con la musica e di saper usare le pause in funzione espressiva». A fianco dei già citati interpreti, ricordiamo ancora Maria Agresta (Elisabetta di Valois), Veronica Simeoni (Eboli) e Marco Spotti (Il grande inquisitore).
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