Poli, un museo dello spirito

Giovedì 5 Luglio 2018
Poli, un museo dello spirito
Campare fino a 120 anni (e oltre) si può, con la grappa. No, la grappa non è un elisir di lunga vita, ma il prodotto principale della distilleria artigianale vicentina Poli, che quest'anno festeggia 120 anni dall'apertura. Tutto comincia nel 1898 quando i coniugi Giobatta Poli e Maria Moresco - che tre anni prima avevano trasferito la loro Osteria al Cappello da San Luca (al confine con il territorio di Molvena) a Schiavon - iniziano ad acquistare, oltre al vino, anche la vinaccia per produrre la grappa.
LA VACA MORA
La scelta tattica del luogo dell'attività era data dal fatto che proprio lì davanti si fermava la Vaca Mora, termine popolare con cui veniva denominato il trenino a vapore che collegava Vicenza a Bassano del Grappa, arrampicandosi sbuffando fin sull'Altopiano di Asiago. Le altre tappe salienti della storia di questa pluripremiata distilleria sono legate alle nuove tecnologie e ai passaggi generazionali. Nel 1921 muore Giobatta e gli succede il figlio Giovanni. Nel 1964, alla scomparsa di Giovanni, il testimone passa ai figli Antonio e Giobatta. Ad ogni passaggio generazionale corrisponde un cambiamento dell'impostazione aziendale, espressione delle attitudini dei diversi conduttori.
ARTIGIANALE
Giobatta, ad esempio, ha un intuito da commerciante: gli piace vendere vino e cappelli di paglia, frutta e verdura. Suo figlio Giovanni svela presto una mentalità più industriale: nel '45 è uno dei soci fondatori dell'associazione industriali veneti. Lo stesso Giovanni fa installare l'impianto di olio di semi di vinaccioli e quello per la produzione di alcol, molto all'avanguardia per l'epoca. Con i figli di Giovanni - Antonio e Giobatta - gestori negli anni '60, quando l'industrializzazione della grappa porta alla scomparsa di tante piccole distillerie artigianali, la Poli si trova in difficoltà, anche perché i due fratelli prediligono seguire altri interessi. Gli anni '80 segnano l'ingresso in azienda dei figli di Antonio (Gianpaolo, Jacopo, Barbara, Andrea), nel frattempo separato dal fratello Giobatta (un po' come succede nella recente fiction Rai Di Padre in figlia, ispirata e girata proprio nelle cantine della Poli) e il subentro di Teresa, moglie di Antonio. Con loro c'è la grande svolta: l'apertura dei musei e le esportazioni: «Il 4 luglio del 1993 - racconta Jacopo - abbiamo aperto a Bassano del Grappa il primo Museo della Grappa (che oggi conta oltre 150 mila visite annue), al quale è seguita nel 2011 l'apertura del più grande museo di Schiavon (altre circa 20 mila visite annue), attività portata avanti da mia moglie Cristina e da me: abbiamo cominciato ad interagire in presa diretta con il pubblico, prima filtrato dai nostri rivenditori, cosa che ci permette di fare accoglienza».
L'EXPORT
«Le esportazioni, invece, - continua Jacopo - sono cominciate solo nel 1987, a Vicenza: prima la nostra area di vendita si fermava alla strada statale da Marsan a Dueville. A Bassano non si andava perché c'erano già altre aziende importanti, e per lo stesso motivo neanche a Vicenza. Il primo che ha oltrepassato le colonne d'Ercole sono stato io. Non ero granché come venditore, ma avevo costanza. Poi abbiamo capito che era meglio assumere un commerciale. Abbiamo iniziato ad espanderci prima in Italia, poi all'estero, slegandoci dalle logiche delle distillerie industriali che dettavano le politiche di prezzo. Ora copriamo circa sessanta paesi». A proposito di elisir di lunga vita, ci sono regole d'oro per non invecchiare applicabili anche alle aziende. Jacopo ne onora almeno sei. Uno: saper trasformare i momenti più neri in opportunità. «Ero adolescente - racconta - quando mio padre e suo fratello si sono divisi e lui ci ha chiesto di aiutarlo: una scelta difficile».
IL SUGGERIMENTO
«Poi, fresco di diploma, mi sono trovato di fronte a un direttore di banca che ci suggeriva di dichiarare fallimento. Fu provvidenziale un amico che ci prestò dei soldi, ma anche l'intervento delle zie di mia mamma, che diedero la loro casa da vendere per risanare la questione finanziaria. Ancor più critico il momento della nevicata dell'85 che abbatté tanti capannoni, compreso il nostro: abbiamo lavorato dieci anni senza tetto perché non avevamo i soldi per rifarlo. Ma questo ci ha costretto a imparare a lavorare all'aria aperta, e a ristrutturare, cosa che ci ha portato a cambiare stile: un passaggio che si è rivelato fondamentale». Due: avere un corretto stile di vita. Ovvero, per Jacopo, portare avanti con coerenza e costanza i propri valori, che sono: «Il rispetto della memoria, l'artigianalità, la continuità, la famiglia, la cultura che ci permette di valorizzare il prodotto».
LA PASSIONE
Tre: ridurre il rischio di ammalarsi e deperire: «Occorre tramandare la passione, come sto già facendo con mio figlio di otto anni, Giobatta. Sono circondato da familiari e collaboratori preziosi e mi piace pensare di contribuire a farli crescere anche come persone all'interno della nostra azienda». Quattro. Mantenere la mente in forma, essere curiosi: «La ricerca è fondamentale, sia nell'ambito della tecnologia che in quello delle nuove tendenze, o nel recupero dei prodotti del passato: si pensi al vermut che stiamo rilanciando. Per noi innovazione non vuole dire stravolgere, ma tornare indietro, al passato, riportare le cose al loro senso originario». Cinque: restare al passo con i tempi. «La comunicazione per noi è importantissima. Il packaging, i giornali, il sito, i social media, le condivisioni, la televisione».
IL FILM
Recentemente, ad esempio, la Poli ha messo a punto un film sperimentale, diretto da due giovani registi, in cui la loro distilleria diventa un universo surreale e il loro antico alambicco a vapore si trasforma in una fornace alchemica, generatrice di vita. Sei, per finire. Porsi obiettivi da raggiungere e sfide da vincere: «Nessun altro alcolico si è evoluto qualitativamente tanto come la grappa, grazie alle tecniche di distillazione sempre più ingegnose o alle indagini sulla conservazione. A questa evoluzione è corrisposta però solo in parte un'evoluzione nella cultura del consumatore.
PREGIUDIZI
La nostra sfida è far perdere i pregiudizi sulla grappa anche nei mercati esteri (in Italia ci siamo quasi riusciti) dove negli anni sono stati esportati prodotti non eccelsi: nel nostro punto vendita di Venezia arriva ancora chi ci chiede cosa sia la grappa o chi pensa che sia solo uno scalda budella. I nostri musei ci aiutano a far capire e apprezzare la fatica, la tenacia e l'amore racchiusi in ogni bottiglia. Per noi la grappa rappresenta il legame con il territorio, un'arte alla quale si deve una totale dedizione, un saper fare artigianale che vede al centro l'uomo e la sua sensibilità».
Elena Ferrarese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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