Pasolini e le tele ritrovate

Martedì 29 Dicembre 2020
Pasolini e le tele ritrovate
LA SCOPERTA
«La mia pittura è dialettale: un dialetto come lingua per la poesia» scriveva nel 1970 Pier Paolo Pasolini, poeta, regista, scrittore, ma anche pittore. Fu durante il periodo friulano che Pasolini si avvicinò per la prima volta a pastelli, tempere e china. Tra il 1941 e il 1947 realizza le sue prime opere pittoriche. Ora una selezione di queste opere da poco restaurate diventeranno un'esposizione permanente all'interno del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa. La nuova pinacoteca sarà allestita nella sala dell'Academiuta di lenga furlana, a cui fanno riferimento le 21 opere pittoriche di proprietà del Centro di cui 19 quelle appena restaurate che saranno affiancate a una scelta di quadri degli artisti friulani con cui Pasolini sviluppò un'amicizia e una collaborazione: Federico De Rocco, Virgilio Tramontin, Anzil e Renzo Tubaro e Giuseppe Zigaina.
ARTE FIGURATIVA
Fu proprio quest'ultimo a scrivere che Pasolini «ha sempre dipinto da poeta - rivelò Zigaina - Fin da quando l'ho conosciuto nell'immediato Dopoguerra ha sempre sperimentato le più strane tecniche pittoriche, adoperando e mescolando tra loro i materiali più strani». Gli anni friulani diventano cruciali per Pasolini e per la strutturazione del suo pensiero estetico, che trovò declinazione nella parola ma anche nelle arti figurative. «Per molti anni scriveva lo scrittore e cugino Nico Naldini nel 1991 introducendo il catalogo di una mostra di disegni e dipinti di Pasolini allestita a Vienna - anche se in modo saltuario, Pasolini è stato attratto dall'idea di diventare pittore, unendo magari strettamente l'attività pittorica a quella poetica. Cominciò a dipingere a Casarsa nell'estate del 1941: quadri dipinti a olio e con l'acquaragia secondo le antiche ricette della pittura impressionista che si ispiravano al mondo friulano. Come un vero vedutista usciva di casa con il cavalletto e la cassetta dei colori legati alla canna della bicicletta e si inoltrava nei campi che circondano il paese».
SFONDI FAMILIARI
E ancora, «qualche volta l'accento pittorico era tutto dalla parte della natura e allora su uno sfondo di cielo invernale grigio azzurro si stagliavano spogli gli alberi solitari. Alla levità lirica della pittura italiana del Novecento, cui manifestamente si ispirava, Pasolini aggiungeva come proprio contributo poetico la qualità forte della luce del paesaggio friulano fatta di contrasti e di accensioni dilaganti». Non potendo più dipingere all'aperto in pieno conflitto mondiale, Pasolini «fu costretto a trovare i soggetti della sua pittura all'interno del nido familiare. Gli sfondi gli venivano offerti dalla cucina e dal tinello mentre tutti noi parenti ci prestammo volentieri a fargli da modello» scrisse ancora Naldini. Nel marzo del 1970 Pasolini tornò alla pittura, come lui stesso raccontò in un testo pubblicato postumo nel 1984 nel libro di Achille Bonito Oliva e Giuseppe Zigaina Disegni e Pitture di Pier Paolo Pasolini (Balance Rief SA).
LE INFLUENZE
I pittori che lo influenzarono negli anni Quaranta «quando ho fatto i primi quadri e i primi disegni - scriveva il poeta - sono stati Masaccio e Carrà (che non sono, appunto, pittori materici)». Sia allora sia negli anni Settanta «i temi della mia pittura non possono che essere stati e essere famigliari quotidiani, teneri e magari idillici. Malgrado la presenza cosmopolita di Longhi (la mia Nous nemmeno pregata, allora, tanta era l'adorazione) la mia pittura è dialettale: un dialetto come lingua per la poesia. Squisito, misterioso: materiale da tabernacoli. Sento ancora (quando dipingo) la religione delle cose. Naturalmente tra i miei idoli (dimenticavo) c'era anche Morandi. Non posso allora tacere il mio immenso amore per Bonnard (i suoi pomeriggi pieni di silenzio e di sole sul Mediterraneo)». Il rapporto con Roberto Longhi risale agli anni in cui a Bologna Pasolini ne frequentava le lezioni «se penso alla piccola aula in cui ho seguito i corsi bolognesi di Roberto Longhi, mi sembra di pensare a un'isola deserta» è ancora Pasolini a raccontare. «Allora, in quell'inverno bolognese di guerra, egli è stato semplicemente la Rivelazione».
A BOLOGNA CON LONGHI
In aula Pasolini incontra l'assistente di Longhi, Francesco Arcangeli, a cui Pasolini mostrò i suoi primissimi quadri casarsesi. L'arte pittorica fu al punto centrale nello sviluppo critico di Pasolini da indurlo nel 1942 a proporre a Longhi una serie di titoli per la sua dissertazione della tesi di laurea, di cui scrive solo alcuni capitoli e il cui manoscritto andò perso l'anno successivo. La nuova pinacoteca del Centro Studi Pasolini esporrà le prime opere pittoriche, i due oli su tavola del 1941, tra cui probabilmente il primissimo in cui ritrae il borgo di Valvasone, fino ai disegni del 1942-43, ritratti a matita o china su carta e su carta trasparente che appartengono al periodo della guerra, «quello della pittura domestica» come li descrive riferisce Nico Naldini.
IMMEDIATO DOPOGUERRA
Risalgono invece agli anni 1946-47 le opere a colori, i pastelli e acquerelli o pastelli e tempere, in cui figurano rappresentazioni di luoghi, ritratti e nature morte, forse realizzati in «un'aula della scuola di avviamento professionale di San Vito, atelier di Federico De Rocco» scriveva sempre Naldini nel 1991. Opere in cui «sparito l'idillio campestre dei primi quadri basato sulla dedizione al mondo contadino friulano e ai simboli della religione cattolica mi pare si faccia avanti un fantasma estetico che per comodità di etichetta definirei espressionistico. Una pittura che va oltre il quadro per attingere una realtà emblematica rivissuta in modo fortemente emotivo» ancora Naldini. Tra le opere esposte, figurano due grandi cartoni dipinti sui due versi Giovani con strumenti musicali, Pantera e Due giovani rintracciati nell'atelier dell'amico pittore sanvitese De Rocco. Il recupero di tele e disegni è stata una delicata operazione svoltasi fra il 2019 e il 2020, sotto il parere e supervisione della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, restaurati dal Laboratorio di restauro di Valeria Pedroni di Porcia, e grazie al sostegno della Fondazione Friuli. Oltre alla pinacoteca, il Centro Studi ha annunciato anche la ristrutturazione del sito internet che rende accessibile il ricco patrimonio documentale e bibliografico, con la risistemazione del Fondo Angela Molteni e la sezione dedicata alla Scuola Pasolini / Summer School con il volume Storia di una casa. Pier Paolo Pasolini a Casarsa curato da Angela Felice.
Valentina Silvestrini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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