Oggi più che mai è il momento di ascoltare Beethoven poiché «ci

Domenica 25 Ottobre 2020
Oggi più che mai è il momento di ascoltare Beethoven poiché «ci
Oggi più che mai è il momento di ascoltare Beethoven poiché «ci ha insegnato due cose fondamentali per l'epoca che stiamo vivendo: il coraggio e la fantasia. La sua musica parla di noi oggi e ci dà un'indicazione molto potente per il futuro» spiega Michele dall'Ongaro, compositore, musicologo, grande divulgatore e comunicatore della musica d'arte, a cui giovedì 29 ottobre al Teatro Verdi di Pordenone verrà conferito il Premio Pordenone Musica.
Nel 250° anniversario dalla nascita del compositore tedesco, proprio per le difficoltà che stiamo attraversando «è importante reimmergersi nella sua musica, studiarlo e rileggerlo. Nella lettera testamento di Heiligenstadt indirizzata ai fratelli, Beethoven poco più che trentenne confessa la sua sordità, racconta di essere stato in isolamento per alcuni mesi senza alcun contatto con le persone, come suggerito dal medico. Scrive che l'unica cosa che l'ha tenuto saldo sono stati la sua arte e la fede. È un diario di lockdown. Beethoven ci insegna il coraggio di entrare in un mondo sonoro immenso, pur da disabile affetto da sordità, scrivendo musica che sintetizza passato e futuro. Ci insegna che c'è sempre una soluzione ai problemi e che non bisogna arrendersi mai».
Nel suo lavoro di composizione, spesso lei si è trovato a scrivere opere che instaurano una conversazione a distanza con le grandi pagine del repertorio classico, specialmente con Beethoven. Come si relaziona la scrittura contemporanea a quella del passato?
«Un compositore per prima cosa deve essere un ricompositore, così come un ascoltatore è un ri-ascoltatore. Pierre Boulez negli anni Sessanta diceva che un compositore è inutile se non sente l'esigenza dell'esecuzione seriale. Qualche anno fa gli chiesi se lo pensasse ancora, mi rispose che oggi il compositore è inutile quando non sente l'importanza e il peso della musica prima e intorno a lui. In questa accezione, si è compositori quando si è pervasi da un senso storico e di tutta la musica che abbiamo conosciuto. Si tratta di un grande racconto in cui passato e presente si mescolano, ecco perché nella musica il tempo è curvo. Ci devono essere il piacere e la responsabilità di stare dentro questo flusso che ci porta da Monteverdi a Nono. Occorre stare in questa galassia, poi è secondario se lo si faccia da supernova, se si sia un buco nero o una cometa, la cosa importante è la consapevolezza di esserci».
A Pordenone - territorio a cui è legato fin dall'infanzia, con origini familiari che lo portano da Mansuè (Treviso) ad Aviano - riceverà un premio per la sua attività di divulgazione. Come accoglie questo riconoscimento?
«Mi rende veramente orgoglioso perché mi ci riconosco. Quella per la musica è una passione che serve a poco se non la si condivide. Credere che la musica sia un bene accessibile solo a chi ha studiato tecnicamente, è un grande errore. In Italia i termini divulgare e divulgatore hanno sempre avuto un'accezione riduttiva. Si tende a pensare che chi fa il divulgatore è colui che ha poche conoscenze e quel poco cerca di raccontarlo ad altri. Pregiudizio che si sfata da solo se pensiamo ai tre maggiori divulgatori musicali in tv: Leonard Bernstein, Glenn Gould e Luciano Berio. Rientra sempre in quella concezione sbagliata, per cui se qualcuno in teatro applaude tra un movimento e l'altro viene zittito violentemente e guardato con disprezzo. E perché? Guardi che invece ai musicisti fa piacere! Pensi ad esempio al penultimo movimento della Sesta di Caikovskij, è impossibile trattenersi, si ha il bisogno fisico di esprimersi!».
A proposito del Teatro, possono i Teatri continuare a rimanere aperti anche in un frangente difficile come quello attuale?
«Il più possibile, se vengono attuati i protocolli in maniera corretta, sono luoghi sicuri. Teatri e sale sono presidi di civiltà, luoghi identitari e profondamente politici poiché qui la polis si riconosce, le persone condividono emozioni, pensieri e valori per il futuro. Perciò chi riceve finanziamenti pubblici ha il dovere e l'obbligo di assolvere a questa funzione, per quanto possibile certo».
Valentina Silvestrini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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