Nell'imminenza delle elezioni americane, ricordiamo l'anniversario di un episodio

Sabato 24 Ottobre 2020
Nell'imminenza delle elezioni americane, ricordiamo l'anniversario di un episodio che condizionò a lungo la democrazia di quel grande Paese. Il 23 Ottobre 1973 Richard Nixon accettò di consegnare alcune delle registrazioni delle conversazioni tenute alla Casa Bianca sul caso Watergate. Fu la fine dell'inizio dello scandalo, e l'inizio della fine del Presidente.
I COLLABORATORI
L'inizio risaliva al 17 Giugno del 1972, quando a Washington cinque individui, assoldati da alcuni collaboratori di Nixon, erano entrati abusivamente al sesto piano del palazzo Watergate, dove aveva sede il Comitato dei democratici, per carpire informazioni sulla loro strategia elettorale. Gli intrusi erano stati scoperti, e si cercò di risalire ai mandanti. Le indagini furono difficili per i vari tentativi di insabbiamento, finchè due giornalisti del Washington Post, Carl Bernstein e Bob Woodward, con molta abilità e l'aiuto di una Gola profonda(poi rivelatasi il vice direttore dell'FBI) risalirono al Presidente. Peggio ancora, si scoprì che quest'ultimo registrava tutte le conversazioni tenute nel suo studio della sala ovale. Giudici e Congresso chiesero la consegna delle bobine. Nixon dapprima ne negò l'esistenza; poi, come s'è detto, ne consentì una diffusione parziale. E quello fu l'inizio della sua fine.
L'effrazione del Watergate era stato un crimine tanto odioso quanto inutile. Il partito democratico aveva candidato George McGovern, un progressista con le basette lunghe e un improbabile riporto, che proponeva riforme ultra radicali. Era lo stesso errore commesso, all'incontrario, otto anni prima dai repubblicani, che avevano opposto a Lyndon Johnson l'estremista Barry Goldwater. Questo reazionario senatore dell'Arizona fu strapazzato dall'erede di Kennedy che vinse con il 61 per cento dei voti popolari. A McGovern andò anche peggio: perse in 49 dei 50 Stati dell'Unione. Le elezioni in America, come in quasi tutte le democrazie mature, si vincono con programmi essenzialmente moderati, serrando al centro. Se Joe Biden, che non sembra brillare di particolare carisma, tra due settimane sconfiggerà Trump, sarà perché quest'ultimo ha esagerato nei toni e nei contenuti.
L'AVVERSARIO
Con queste prospettive - poi confermate di una schiacciante vittoria, Nixon non aveva alcun bisogno di ricorrere a mezzucci sleali per battere l'avversario. E tuttavia, per quel misto di arroganza e di intrigo che si insinua nei detentori del potere, avallò, o comunque non impedì, questa impresa sciagurata. Quando i cinque furono arrestati minimizzò il caso, negando ogni coinvolgimento. Poi, a mano a mano che lo scandalo montava, lo gestì in modo sempre più ambiguo e impacciato. Non ebbe nemmeno la spregiudicatezza del principe machiavellico: le registrazioni non erano documenti ufficiali della Casa Bianca, ma il frutto di una sua personale iniziativa a fini cautelativi, e avrebbe potuto distruggerle. Alla fine, dopo l'ultima consegna imposta dalla Corte Suprema, emerse la smoking gun, la pistola fumante: si capì che Nixon forse non aveva deciso l'intrusione, ma aveva cercato di inquinare le indagini.
LE MENZOGNE
Gli americani furono indignati dalle menzogne del loro presidente, e ancor più dal suo linguaggio sboccato. Per salvarne un residuo di dignità personale, il Congresso accettò la versione che 18 minuti di colloqui, quelli più volgari, fossero stati accidentalmente cancellati, come è avvenuto di recente per alcune significative intercettazioni del dottor Palamara . Nulla di nuovo sotto il sole. Quando conviene a tutti nascondere la polvere sotto il tappeto, un gentleman's agreement si trova comunque.
Oltre a questa ingarbugliata matassa di meschini complotti, maldestre manipolazioni e sbugiardate menzogne, gravava su Nixon il vero cancro che minava allora l'America: la guerra nel Vietnam. Come spesso accade nella storia, qualcuno paga per le colpe altrui. Era stato Kennedy a impelagare gli Usa in Indocina, inviando oltre diecimila consiglieri per combattere la guerriglia comunista: pochi per combattere, troppi per consigliare. Ed era stato Johnson a impantanarsi fino al collo, con la cosiddetta escalation contraria a ogni principio militare, mandando cioè un po' alla volta, e sempre in ritardo, i soldati necessari. Le guerre non si fanno, come disse il generale Gallois, à petits paquets. Il Presidente Conte, che adotta una simile strategia contro il Covid, adottando settimanalmente provvedimenti già inadeguati, dovrebbe imparare la lezione.
IL RESPONSABILE
Lacerata e ferita dall'interminabile salasso di vite e di risorse in quel paese lontano, l'America voleva un responsabile, e lo trovò in Richard Nixon che, per ironia della sorte, stava attuando un graduale ritiro delle truppe. Così, abbandonato dai collaboratori inquisiti, sconfessato dal suo stesso partito, aggredito e dileggiato da stampa e tivvù che lo chiamavano Tricky Dick, (Riccardino dei trucchi) Nixon annunciò, l'otto agosto 1974, le proprie dimissioni. Una flebite lo salvò da una cattura imminente, finché il suo successore, Gerald Ford, gli concesse la grazia.
Pochi mesi dopo la guerra fini, l'America sospirò, e si affidò a Jimmy Carter, tanto onesto nei propositi quanto incapace nell'attuarli, come si vide con il sequestro dei 52 ostaggi a Teheran e il disastroso tentativo di liberarli. Dopo quattro anni Carter fu spazzato via da Ronald Reagan, e l'America riacquistò potere e prestigio, culminato con la caduta del muro di Berlino e dell' Impero del Male: la realpolitik di Nixon, più volte discretamente interpellato dal nuovo inquilino della Casa Bianca, si era presa la rivincita sui velleitarismi delle utopie progressiste. L'ex presidente ebbe anche una parziale riabilitazione: Bernstein e Woowdard ammisero che non avevano inventato nulla ma avevano deformato tutto. Il che dimostra, scrisse Montanelli, che anche dicendo la verità si può mentire. Più in generale, si riconobbero i meriti di Nixon in politica estera: la normalizzazione dei rapporti con la Cina, l'accordo sulla limitazioni delle armi strategiche con la Russia, le iniziative di pace tra Arabi e Israeliani. e naturalmente la fine della guerra del Vietnam. Infine, anche gli avversari più accaniti riconobbero che durante il suo mandato era stato legalizzato l'aborto e sospesa la pena di morte. Quando Nixon mori, nel 1994, Bill Clinton partecipò alla cerimonia funebre, e pronunciò un'orazione nobile e riconciliativa. In effetti, se si guarda all'etica, Nixon fu un pò troppo spregiudicato. Ma se si guarda ai risultati, unico criterio di giudizio politico, egli fu uno dei più importanti presidenti americani.
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