Matteo Strukul sceglie Tartini tra prosa barocca e stile pulp

Mercoledì 16 Giugno 2021
LA STORIA
L'autore del Trillo del Diavolo, abile spadaccino e maestro di scherma che sposa in segreto la nipote dell'arcivescovo di Padova e poi deve scappare in fretta e furia dalla sua città di adozione: materiale senza dubbio interessante per uno scrittore di romanzi storici con una vena avventurosa e un pizzico pulp. Per questo la storia di Giovanni Tartini e del suo matrimonio segreto con Elisabetta Premazore che precede la fuga del compositore e violista da Padova è al centro del racconto Didone abbandonata di Matteo Strukul, che così torna a raccontare proprio la sua città questa volta nel primo scorcio del Settecento. Un racconto di lungo respiro inserito nell'antologia Storie Barocche (Piemme Edizioni, 320 pagine, 17,90 euro) «che raccoglie altri racconti di ambientazione analoga firmati da autori italiani come Marcello Simoni, Nicolò Migheli, Marina Marazza, Barbara Frale, Marcello Fois, Cristina Fantini, Carlo Melis Costa, Francesco Abate, Lia Celi, Carla Maria Russo.
PADOVA IN PRIMO PIANO
«Era da tempo che avevo voglia di raccontare Tartini e la Padova Barocca, anche se è un barocco tardo, di inizio settecento - spiega Strukul - Per questo ho accettato prontamente. Nell'antologia, curata da Francesco Abate, ci sono con me molti altri grandi nomi del romanzo storico italiano». Affascinato da Tartini, quindi. «Anche se nel mio racconto non faccio riferimento a quella sonata ma a Didone abbandonata, il compositore del Trillo del Diavolo rappresenta quei temi foschi, gotici, dark che mi piacciono e caratterizzano le mie storie. La vicenda del matrimonio con Elisabetta Premazore è nota, ma poco indagata. Un altro aspetto affascinante è che nel suo primo soggiorno a Padova, che si conclude con il matrimonio segreto e la precipitosa fuga dalla città, Tartini era quasi più noto come spadaccino e maestro di scherma che come violinista, molti provavano a sfidarlo con la spada. Per questo era un personaggio molto affascinante. Poi c'era anche la voglia di raccontare la mia città, Padova, nei primi anni del settecento. Il racconto lungo è la misura giusta».
DOPO L'EMERGENZA
E tutto questo in un momento complicato post-Covid. «Io negli ultimi mesi ho scritto è letto molto, questo è il mio lavoro. Purtroppo la cultura è stata dimenticata. Dobbiamo dire grazie al governo che ha considerato i libri bene essenziali, salvando le librerie che da parte loro hanno eroicamente resistito. La crescita delle grandi piattaforme di intrattenimento e del commercio online però è stata esponenziale. Non sempre però i contenuti sono all'altezza. Credo che sia essenziale un ritorno alla socialità per far vivere ancora le librerie come centri culturali. Così come i cinema e i teatri. La cultura per noi veneti è legata strettamente al turismo che deve tornare a vivere proprio grazie all'arte e alla bellezza. Magari anche con un po' di sano sciovinismo. Abbiamo voglia di tornare alla normalità e abbiamo fiducia nei vaccini per farlo».
Massimo Zilio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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