Mantovani, solo 6 dipendenti per il Mose

Mercoledì 21 Novembre 2018
LA GRANDE OPERA
VENEZIA Una mezza dozzina di uomini della Mantovani a sorvegliare i macchinari rimasti nei cantieri del Mose. L'ex colosso delle costruzioni, che ha costruito il cuore della grande opera, prima di essere investito dallo scandalo delle tangenti, e che ora ha chiesto il concordato, si è ridotto a una manciata di tecnici. Una situazione che ha del paradossale, quella che si verifica ai cantieri alla bocca di porto di Malamocco e all'Arsenale. Qui tutti i giorni arrivano i tecnici della Mantovani, solo per sorvegliare i costosi macchinari. Niente operai (peraltro trasferiti alla Coge-Mantovani e in cassa integrazione), niente lavori in corso. E il clima di tensione con il Consorzio Venezia Nuova dei commissari è palpabile.
L'ATTACCO
Uno scontro che la Mantovani ha rilanciato in questi giorni, anche con la richiesta da parte della controllata Covela di recesso dal Cvn per «giusta causa». L'ennesimo attacco ai commissari che, da parte loro, ritengono questa fuoriuscita impossibile, stante il commissariamento per corruzione in atto. «Noi siamo convinti del contrario - ribatte il patron della Mantovani, Romeo Chiarotto - Non sono un avvocato, ma della cosa se ne stanno occupando i nostri legali. Quello che sostengono i commissari, a loro avviso, non è valido. A questo punto deciderà la magistratura». Un contenzioso destinato a lievitare, con al centro quei 50 milioni di lavori non pagati. «I soldi non sono arrivati né alla Mantovani, né al Covela - continua Chiarotto -. E visto che avanziamo soldi, non si capisce nemmeno perché ci debbano trattenere il 10% nel conto vincolato».
CANTIERI VUOTI
Intanto i cantieri affidati alla Mantovani restano vuoti, ma sorvegliati. Fermi quelli alla bocca di porto di Malamocco, dove comunque i lavori erano quasi ultimati. Bloccato anche l'intervento all'Arsenale, di fatto non ancora iniziato. Quello per cui il Cvn aveva versato un anticipo di 5 milioni all'inizio dell'anno, dopo la mediazione della Prefettura. «Ci hanno tolto i lavori perché eravamo in ritardo, in realtà perché hanno deciso di spostare la manutenzione del Mose a Marghera. Questi commissari sono stati messi per la legalità, ma mi pare che sia l'ultima cosa a cui pensano» conclude Chiarotto. L'ultimo affondo di uno scontro che continuerà nelle aule dei Tribunali, mentre l'intenzione del Provveditorato alle Opere pubbliche e dello stesso Cvn è di completare l'opera con le imprese più piccole.
L'APPELLO
E sullo stallo del Mose, ma anche del Porto, ieri è intervenuto anche il Consiglio generale della Cisl che si dice preoccupato per la «perdurante assenza di decisioni da parte delle istituzioni preposte sul futuro di queste infrastrutture». In particolare, sul Mose, «visto l'avanzatissimo stato dei lavori», chiede che l'«opera venga quanto prima conclusa, senza spreco di risorse pubbliche e nel rispetto della legalità, e che contestualmente si decida la governance della gestione della infrastruttura completata e la collocazione degli impianti di manutenzione». Quanto al Porto, «ribadisce la propria volontà al mantenimento del loro scalo in città attraverso il canale dei Petroli e del canale Vittorio Emanuele,una volta sciolto definitivamente e velocemente il nodo di una comprovata compatibilità con l'ambiente, gli altri traffici portuali e le attività industriali esistenti». Temi che la Cisl veneziani vanno affontati quando prima in un Comitatone.
R. Br.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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