Luci mie traditrici al Malibran È uno Sciarrino cinematografico

Domenica 15 Settembre 2019
LA CRITICA
La dimensione raccolta del Teatro Malibran si addice particolarmente alla rappresentazione di Luci mie traditrici, che dalla sua prima di oltre vent'anni fa è la più eseguita fra le opere teatrali di Salvatore Sciarrino e approda a Venezia in un nuovo allestimento che convince pienamente. La vicenda prende le mosse dalla tragedia secentesca Il tradimento per l'onore del veneziano Francesco Stramboli, ispirato a sua volta dal delitto d'onore commesso da Carlo Gesualdo da Venosa sommo polifonista della seconda metà del Cinquecento che uccise moglie e amante vivendo poi nel rimorso il resto della sua esistenza. Nel lavoro sciarriniano ogni riferimento alla fonte primaria si sublima, i personaggi cambiano nome diventando il duca e la duchessa Malaspina mentre l'amante che giunge improvviso è semplicemente l'Ospite; a loro si aggiunge il Servo, innamorato della duchessa e delatore del tradimento. Tutto si compie nell'arco di una giornata, in una successione di scene chiuse intervallate da intermezzi che nascono dalla rielaborazione dell'elegia di Claude Le Jeune che, a sipario chiuso, introduce al dramma. Un linguaggio cinematografico fatto di frasi ripetute e suoni spezzati, con l'orchestra di fiati e percussioni che suggerisce senza descrivere e il canto sul libretto coltissimo dello stesso Sciarrino lontano dagli stilemi operistici a richiamare la monodia gregoriana.
EVENTI INEVITABILI
È una Commedia Morale quella a cui si assiste, ove ciò che accade è semplicemente inevitabile, come inevitabili ne sono le conseguenze e il congedo a cinque voci Distendi la fronte, composto per la ripresa veneziana, ne è il sigillo. La regia di Valentino Villa concentra l'azione, grazie all'impianto scenico efficace e straniante di Massimo Checchetto, in una casa diroccata, con le piante a prendere il sopravvento anche all'interno e i cui ambienti gelidi di cemento si animano di particolari rosso sangue. Il gesto teatrale è rarefatto, espressionista, con i protagonisti che non si toccano mai se non quando il Malaspina racchiuderà in un abbraccio mortale prima l'Ospite e poi la Duchessa. Le luci perfette di Fabio Barettin illuminano per punti lasciando in ombra il resto e affidandolo all'immaginazione dello spettatore, mentre i costumi di Carlos Tieppo sono sobriamente sofisticati. La direzione di Tito Ceccherini è asciutta nelle sonorità ed allo stesso tempo rigogliosa nelle scelte dinamiche. Ottima la compagnia di canto con Otto Katzameier a dare voce e corpo ad un Malaspina lacerato da mille fragilità eppure lucidamente determinato nella sua vendetta. Accanto a lui la Malaspina, inconsapevole fino all'ultimo del proprio destino, di Wioletta Hebrowska, dalla voce sontuosa e bella come una diva anni Cinquanta; Carlo Vistoli, controtenore fra i più interessanti della nuova generazione, è Ospite ricco nella vocalità e dalla recitazione sempre convincente. Completano il cast il Servo del più che bravo Leonardo Cortellazzi e la Voce dall'interno dell'eccellente Livia Rado. Pubblico attento e meritato successo per tutti.
Alessandro Cammarano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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