LO STUDIO
C'era quella scena di Apocalypse Now in cui il tenente colonnello William Kilgore, dopo aver bombardato una spiaggia per poter fare surf, pronunciava la leggendaria frase: «Mi piace l'odore del napalm al mattino... sa di vittoria». Ci sarebbero anche modi meno cruenti per compiacere le proprie narici, ma effettivamente su un punto il brutale Bill aveva ragione: per sentire un profumo, o un fetore, bisogna appunto annusarli, o almeno poter ricordare l'esperienza di averlo fatto. Come la mettiamo invece con le percezioni del passato, che personalmente non abbiamo mai avuto e di cui magari abbiamo perso la memoria collettivamente?
Alla ricerca degli olezzi perduti, che pure costituiscono il patrimonio culturale del Vecchio Continente, è ora dedicato Odeuropa, progetto transnazionale che ha il proprio avamposto italiano a Nordest e che utilizza l'intelligenza artificiale per recuperare i riferimenti sensoriali nella letteratura e nella pittura degli ultimi quattro secoli: «Il nostro obiettivo è quello di sviluppare un naso da computer, in grado di tracciare sensazioni ed emozioni, per arrivare a comporre un'enciclopedia olfattiva del periodo compreso fra Seicento e Novecento», spiega Sara Tonelli, che dopo un dottorato in Linguistica computazionale all'Università Ca' Foscari di Venezia, coordina il gruppo di Digital humanities alla Fondazione Bruno Kessler di Trento.
I COMPONENTI
Quest'ultima è uno dei sette componenti del consorzio internazionale impegnato nella ricerca, che per tre anni da gennaio vedrà una sinergia di competenze in materie quali la storia, la storia dell'arte, il web semantico, la visione artificiale, le scienze del patrimonio, la chimica e, come detto, l'informatica umanistica di cui si occupa Tonelli, al vertice di una squadra di cui fanno parte anche Elisa Leonardelli e Stefano Menini, approdati a Trento dopo i rispettivi studi a Padova e a Verona. Racconta la rappresentante del progetto in Italia, che lavora in rete con Paesi Bassi, Germania, Francia, Regno Unito e Slovenia: «Nel nostro laboratorio sviluppiamo software che processano grandi quantità di dati, da cui estrarre informazioni in modo automatico. Per esempio, se abbiamo un grosso archivio storico, lo diamo in pasto al computer, affinché riconosca gli elementi che ci interessano in tempi molto più brevi di quelli che impiegheremmo noi».
IL PROGRAMMA
Si chiama, per l'appunto, intelligenza artificiale: è l'abilità di un computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana, ma in modo del tutto autonomo. Per la prima volta nell'Unione Europea (che non a caso ha appena stanziato per l'iniziativa 2,8 milioni di euro, tratti dal programma Horizon 2020), questo strumento sarà utilizzato per scoprire come i profumi e i fetori hanno plasmato le nostre comunità e tradizioni. Sottolinea l'olandese Inger Leemans, responsabile dello studio: «Gli odori danno forma alla nostra esperienza del mondo, ma abbiamo pochissime informazioni sensoriali del passato. Odeuropa si immergerà nelle collezioni del patrimonio digitale per scoprire gli odori chiave dell'Europa e le storie che essi portano con sé, per poi riportarli ai nasi di oggi».
Aggiunge il tedesco Peter Bell: «Vogliamo insegnare al computer a vedere un odore». Gli esperti della Baviera addestreranno gli elaboratori elettronici a trovare oggetti odorosi e informazioni olfattive in una banca-dati che comprenderà fino a 400.000 fra dipinti e stampe: per esempio, i profumi emanati dalla seicentesca Natura morta con frutta e fiori di Balthasar van der Ast, oppure gli odori evocati dall'ottocentesca tela su cui Jan Willem Pieneman riprodusse La battaglia di Waterloo.
I FUTURISTI E VENEZIA
Gli analisti del Trentino si concentreranno invece sui testi. «Parliamo di centinaia di migliaia di documenti rimarca Tonelli in sette lingue: italiano, inglese, francese, tedesco, olandese, sloveno e latino. Cercheremo tutto ciò che è stato scritto sugli odori, compresi i luoghi, le persone e le emozioni che sono collegati alle percezioni olfattive. L'olfatto è infatti parte della del nostro patrimonio culturale, ma è un senso che non si può preservare, a differenza dei palazzi storici che invece possono essere restaurati o dei libri antichi che possono essere digitalizzati. Pensiamo solo alla puzza, che oggi sta scomparendo per repulsione, ma che ha avuto un ruolo nello sviluppo della nostra società e di cui però rischiamo di perdere la ricchezza della memoria, anche a livello linguistico».
Per questo saranno analizzate pure le opere dei Futuristi. «A lungo osserva la ricercatrice l'odore dell'industrializzazione è stato generalmente associato a emozioni negative, basti solo citare la Londra fumosa di Charles Dickens. Invece, da quel movimento, la fabbrica, l'olio, il motore, la macchina, il treno sono stati esaltati come qualcosa di positivo. Ma potremmo considerare anche il caso di Venezia: sarebbe bello ricomporre la puzza dei canali, scoprendo magari che era meno pungente un tempo, quando le pulizie erano più frequenti».
LETTURA E RIPRODUZIONE
Da un lato, quindi, l'idea è di trasformare l'olfatto in una chiave di lettura della storia e della società. «Il profumo del tabacco rimarca Tonelli ci accompagna nell'individuazione delle rotte commerciali con cui quel prodotto veniva portato in Europa, così come l'olezzo del rosmarino ci aiuta a studiare le modalità con cui le città cercavano di difendersi dalla peste. Allo stesso modo, il disgusto per la puzza, rispetto al quale siamo tutti abbastanza omologati a suon di deodoranti, ci permette di capire l'atteggiamento di pregiudizio verso ciò che è altro o diverso da noi, dimenticando tuttavia che alcuni viaggiatori del Grand tour descrivevano certe città italiane come sporche e puzzolenti».
Dall'altro lato, lo scopo è di arrivare alla riproduzione delle percezioni olfattive, partendo proprio dalle molecole che saranno individuate nell'enciclopedia digitale, destinata ad essere consultabile liberamente via web. «In tutta Europa anticipa la ricercatrice saranno coinvolti i musei e le istituzioni culturali nell'organizzazione di attività immersive, in cui il pubblico può annusare quello che vede. Questo potrà sembrare solo uno sfizio, ma per un visitatore ipovedente costituisce un prezioso arricchimento, che contribuisce ad abbassare le barriere sensoriali fra sé e l'opera». Non necessariamente un quadro ma, più in generale, qualsiasi testimonianza del passato. «Per esempio ci ha già contattati l'associazione Miniere Darzo spiega la coordinatrice del gruppo trentino di ricerca interessata a comprendere come poter preservare la memoria degli odori legati all'attività dei minatori».
DOPO IL COVID
Nell'epoca di Instagram e YouTube, in cui video e audio enfatizzano la crucialità degli occhi e delle orecchie, ecco dunque l'elogio del naso. Ma forse in fondo anche questo è un po' un segno dei tempi, dopo che il Covid ha dimostrato come proprio la perdita dell'olfatto (e del gusto) possa rappresentare il primo campanello d'allarme per l'avvenuta infezione. «Analizzando i social network anticipa Tonelli ci piacerebbe studiare il modo in cui le persone contagiate parlano di questo sintomo e del suo impatto sulle loro vite. È un senso che diamo per scontato, almeno finché non viene a mancare e allora subiamo un piccolo choc».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA C'era quella scena di Apocalypse Now in cui il tenente colonnello William Kilgore, dopo aver bombardato una spiaggia per poter fare surf, pronunciava la leggendaria frase: «Mi piace l'odore del napalm al mattino... sa di vittoria». Ci sarebbero anche modi meno cruenti per compiacere le proprie narici, ma effettivamente su un punto il brutale Bill aveva ragione: per sentire un profumo, o un fetore, bisogna appunto annusarli, o almeno poter ricordare l'esperienza di averlo fatto. Come la mettiamo invece con le percezioni del passato, che personalmente non abbiamo mai avuto e di cui magari abbiamo perso la memoria collettivamente?
Alla ricerca degli olezzi perduti, che pure costituiscono il patrimonio culturale del Vecchio Continente, è ora dedicato Odeuropa, progetto transnazionale che ha il proprio avamposto italiano a Nordest e che utilizza l'intelligenza artificiale per recuperare i riferimenti sensoriali nella letteratura e nella pittura degli ultimi quattro secoli: «Il nostro obiettivo è quello di sviluppare un naso da computer, in grado di tracciare sensazioni ed emozioni, per arrivare a comporre un'enciclopedia olfattiva del periodo compreso fra Seicento e Novecento», spiega Sara Tonelli, che dopo un dottorato in Linguistica computazionale all'Università Ca' Foscari di Venezia, coordina il gruppo di Digital humanities alla Fondazione Bruno Kessler di Trento.
I COMPONENTI
Quest'ultima è uno dei sette componenti del consorzio internazionale impegnato nella ricerca, che per tre anni da gennaio vedrà una sinergia di competenze in materie quali la storia, la storia dell'arte, il web semantico, la visione artificiale, le scienze del patrimonio, la chimica e, come detto, l'informatica umanistica di cui si occupa Tonelli, al vertice di una squadra di cui fanno parte anche Elisa Leonardelli e Stefano Menini, approdati a Trento dopo i rispettivi studi a Padova e a Verona. Racconta la rappresentante del progetto in Italia, che lavora in rete con Paesi Bassi, Germania, Francia, Regno Unito e Slovenia: «Nel nostro laboratorio sviluppiamo software che processano grandi quantità di dati, da cui estrarre informazioni in modo automatico. Per esempio, se abbiamo un grosso archivio storico, lo diamo in pasto al computer, affinché riconosca gli elementi che ci interessano in tempi molto più brevi di quelli che impiegheremmo noi».
IL PROGRAMMA
Si chiama, per l'appunto, intelligenza artificiale: è l'abilità di un computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana, ma in modo del tutto autonomo. Per la prima volta nell'Unione Europea (che non a caso ha appena stanziato per l'iniziativa 2,8 milioni di euro, tratti dal programma Horizon 2020), questo strumento sarà utilizzato per scoprire come i profumi e i fetori hanno plasmato le nostre comunità e tradizioni. Sottolinea l'olandese Inger Leemans, responsabile dello studio: «Gli odori danno forma alla nostra esperienza del mondo, ma abbiamo pochissime informazioni sensoriali del passato. Odeuropa si immergerà nelle collezioni del patrimonio digitale per scoprire gli odori chiave dell'Europa e le storie che essi portano con sé, per poi riportarli ai nasi di oggi».
Aggiunge il tedesco Peter Bell: «Vogliamo insegnare al computer a vedere un odore». Gli esperti della Baviera addestreranno gli elaboratori elettronici a trovare oggetti odorosi e informazioni olfattive in una banca-dati che comprenderà fino a 400.000 fra dipinti e stampe: per esempio, i profumi emanati dalla seicentesca Natura morta con frutta e fiori di Balthasar van der Ast, oppure gli odori evocati dall'ottocentesca tela su cui Jan Willem Pieneman riprodusse La battaglia di Waterloo.
I FUTURISTI E VENEZIA
Gli analisti del Trentino si concentreranno invece sui testi. «Parliamo di centinaia di migliaia di documenti rimarca Tonelli in sette lingue: italiano, inglese, francese, tedesco, olandese, sloveno e latino. Cercheremo tutto ciò che è stato scritto sugli odori, compresi i luoghi, le persone e le emozioni che sono collegati alle percezioni olfattive. L'olfatto è infatti parte della del nostro patrimonio culturale, ma è un senso che non si può preservare, a differenza dei palazzi storici che invece possono essere restaurati o dei libri antichi che possono essere digitalizzati. Pensiamo solo alla puzza, che oggi sta scomparendo per repulsione, ma che ha avuto un ruolo nello sviluppo della nostra società e di cui però rischiamo di perdere la ricchezza della memoria, anche a livello linguistico».
Per questo saranno analizzate pure le opere dei Futuristi. «A lungo osserva la ricercatrice l'odore dell'industrializzazione è stato generalmente associato a emozioni negative, basti solo citare la Londra fumosa di Charles Dickens. Invece, da quel movimento, la fabbrica, l'olio, il motore, la macchina, il treno sono stati esaltati come qualcosa di positivo. Ma potremmo considerare anche il caso di Venezia: sarebbe bello ricomporre la puzza dei canali, scoprendo magari che era meno pungente un tempo, quando le pulizie erano più frequenti».
LETTURA E RIPRODUZIONE
Da un lato, quindi, l'idea è di trasformare l'olfatto in una chiave di lettura della storia e della società. «Il profumo del tabacco rimarca Tonelli ci accompagna nell'individuazione delle rotte commerciali con cui quel prodotto veniva portato in Europa, così come l'olezzo del rosmarino ci aiuta a studiare le modalità con cui le città cercavano di difendersi dalla peste. Allo stesso modo, il disgusto per la puzza, rispetto al quale siamo tutti abbastanza omologati a suon di deodoranti, ci permette di capire l'atteggiamento di pregiudizio verso ciò che è altro o diverso da noi, dimenticando tuttavia che alcuni viaggiatori del Grand tour descrivevano certe città italiane come sporche e puzzolenti».
Dall'altro lato, lo scopo è di arrivare alla riproduzione delle percezioni olfattive, partendo proprio dalle molecole che saranno individuate nell'enciclopedia digitale, destinata ad essere consultabile liberamente via web. «In tutta Europa anticipa la ricercatrice saranno coinvolti i musei e le istituzioni culturali nell'organizzazione di attività immersive, in cui il pubblico può annusare quello che vede. Questo potrà sembrare solo uno sfizio, ma per un visitatore ipovedente costituisce un prezioso arricchimento, che contribuisce ad abbassare le barriere sensoriali fra sé e l'opera». Non necessariamente un quadro ma, più in generale, qualsiasi testimonianza del passato. «Per esempio ci ha già contattati l'associazione Miniere Darzo spiega la coordinatrice del gruppo trentino di ricerca interessata a comprendere come poter preservare la memoria degli odori legati all'attività dei minatori».
DOPO IL COVID
Nell'epoca di Instagram e YouTube, in cui video e audio enfatizzano la crucialità degli occhi e delle orecchie, ecco dunque l'elogio del naso. Ma forse in fondo anche questo è un po' un segno dei tempi, dopo che il Covid ha dimostrato come proprio la perdita dell'olfatto (e del gusto) possa rappresentare il primo campanello d'allarme per l'avvenuta infezione. «Analizzando i social network anticipa Tonelli ci piacerebbe studiare il modo in cui le persone contagiate parlano di questo sintomo e del suo impatto sulle loro vite. È un senso che diamo per scontato, almeno finché non viene a mancare e allora subiamo un piccolo choc».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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