Le stelle di Celi in un film

Martedì 23 Gennaio 2018
Le stelle di Celi in un film
IL PERSONAGGIO
Ha compiuto da poco 80 anni Marcello De Dorigo, il campione nello sci di fondo a metà degli anni Sessanta già vincitore di otto titoli italiani e due presenze a due Olimpiadi (Squaw Walley 60 - nono nella 15 chilometri - e Innsbruck 64) e a due Mondiali (Lahti 58 e Zakopane 62), in nazionale ininterrottamente dal 1957 al 1964. Uno dei talenti più interessanti dello sci di fondo internazionale. Il primo a battere gli atleti scandinavi e russi, fino ad allora inavvicinabili. Un successo che gli valse la copertina della Domenica del Corriere. De Dorigo vinse, tra le altre gare, anche la 30 chilometri tricolore del Nevegal, imponendosi sul colle bellunese pure nella staffetta insieme ad Aldo Piller e Franco Nones. Un ragazzone di 27 anni nato nella sperduta frazione di Laste, molto sopra Rocca Pietore nell'Agordino, che sfidava i nordici in casa loro e che proprio in Svezia ha combattuto la battaglia più difficile della sua vita: sopravvivere una notte con una temperatura dai quindici ad oltre ventidue gradi sotto lo zero.
LA DISGRAZIA
Era il 28 novembre 1964 il giorno in cui finì la sua carriera. Quel mattino De Dorigo era uscito per un allenamento, ma anche subito rientrato per recuperare un berretto in lana, per questo ripartito da solo senza riuscire a raggiungere i compagni si è trovato perso in una fitta nebbia, lungo una pista sbagliata, in mezzo ai boschi ed alla neve ghiacciata. Questa storia comunque dal lieto fine è anche un film Le Stelle di Celi della Lila Film, voluto dalla regista Lucia Zanettin e girato nei boschi del Vanoi in Primiero. Trionfa la voce del protagonista, i toni commossi ma anche graffianti e decisi per spiegare i contorni della battaglia di una vita.
È il racconto di una vicenda sportiva, soprattutto umana, di chi nel pieno della carriera in una notte agghiacciante, salva la pelle, ma non senza conseguenze. «Quella notte - racconta Marcello De Dorigo - ho pensato alla possibilità poi avveratasi di perdere un piede». Marcello vagò per ore fino a vedere, passata la mezzanotte, le luci del paese di Volodalen, rimanendo lucido ebbe l'avvertenza di stabilire la rotta da prendere orientandosi su tre stelle posizionate sulla direzione della cittadina svedese. «Tolsi di nuovo gli sci, risalii sulla collina e da lì vidi, sulla verticale dell'albergo e ben alte sull'orizzonte, tre stelle, equidistanti tra loro e quasi perfettamente allineate - racconta Marcello - rientrai nel bosco e, rimessi gli sci, decisi di seguire la direzione di quelle tre stelle che vedevo, alte, davanti a me nel cielo».
Di qui il titolo della pellicola che richiama il cielo stellato dove Celi sta per il soprannome del campione degli sci stretti. Quella notte dovette pure proseguire a piedi per la rottura degli sci, togliersi scarpe e calzini per massaggiarsi i piedi nel tentativo di riattivare la circolazione e poi trascinarsi per altre tre ore fino a trovare una guida lappone e quindi i soccorritori.
IL FILM
«A chi mai potrebbe interessare il film sulla mia vita?» È la domanda ricorrente che l'atleta e Cavaliere della Repubblica, Marcello De Dorigo per settimane ha ripetuto alla regista rifiutandosi di vedere le prime riprese, la fase del montaggio, dando forfait alla prima familiare e senza mai inserire il dvd nel lettore. Un disinteresse forse per la paura del confronto, non tanto per l'esperienza da atleta di cui ne parla sempre volentieri, ma per la vicenda da thriller di una notte gelida.
La risposta all'impegnativa domanda sull'interesse per il ritratto filmico, Marcello l'ha avuta a giugno, all'attesa primissima di Agordo in una sala gremita. Quel 2 giugno Marcello festeggiava l'ottantesimo compleanno e fino ad allora aveva continuato a dimostrare totale disinteresse.
IL SUCCESSO
«Durante il film nelle scene più drammatiche, ma anche alla fine tra la standig ovation del pubblico ho temuto per lui, che non gli prendesse un colpo dall'emozione per la presenza di tantissime persone, soprattutto per come poteva vivere il rivedere costruita quella notte, temevo potesse fargli del male», racconta il figlio Santo, da sempre accanto al padre a Forcella Aurine di Gosaldo nella nota stazione sciistica De Dorigo.
«Quella sera durante la proiezione del film, che per me era nuovo, ho provato emozioni intense - ricorda Marcello - mi sembrava di essere tornato lì nel freddo della Svezia. Era tutto così vero, preciso, quella notte, quella preghiera, tutto così profondo». Ma è nel giorno della proiezione nella sua Laste che ha svelato tutti i suoi sentimenti. In una stanzetta con almeno cento persone stipate per la prima volta ha detto e ripetuto: «Grazie tante perché siete venuti a vedere il mio film».
LE REPLICHE
Dopo quindici serate dalla montagna alla pianura, da Arabba in territorio Fodom fino a Vicenza passando per Sospirolo, dopo l'incontro con migliaia di persone paesane e foreste, Marcello ha capito che la sua storia può interessare. «Mi pare che interessi, sì ne sono quasi convinto. Ad ogni serata in cui presentiamo il ricordo della mia vita è una festa davvero particolare, sempre diversa ma sempre tanto calorosa».
Marcello è anche il bimbo che da Laste di Rocca Pietore ogni giorno ad ogni stagione scendeva a Rocca Pietore a prendere il pane, trecento metri di dislivello che hanno potenziato il fisico dell'atleta cresciuto nella Fiamme Gialle a Predazzo.
«Senza dimenticare - sottolinea Marcello De Dorigo - che al momento della nascita la levatrice mi pronosticò vita breve a causa dei pochi battiti, 26 al minuto». Invece le sue eccezionali doti fisiche e di spirito gli hanno consentito di sopravvivere 22 ore al gelo. Sei le dita dei piedi amputate che hanno decretato la fine della sua carriera nel fondo agonistico. «Avrò perso un piede -ribadisce l'uomo Marcello - ma la vita è un'altra cosa».
Mirko Mezzacasa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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