LA STORIA
Petronilla Bortoletto agli inizi del Novecento perse due fratelli,

Martedì 19 Marzo 2019
LA STORIA
Petronilla Bortoletto agli inizi del Novecento perse due fratelli, Maria e Antonio, quando erano ancora in fasce. Il padre Placido si recò in bicicletta al tempietto di Col San Martino per estrarre dall'urna benedetta un biglietto che riportava i nomi di Policarpo e Petronilla. Altri genitori, altra simile storia per Tito e Fulgenzia e per tanti altri fanciulli il cui strano, stranissimo nome veniva estratto in quella collina della pedemontana trevigiana dove oggi non si parla d'altro che di Prosecco. Si andava a Col San Martino a cavar il nome con la speranza che il nascituro potesse crescere sano e forte, perché la mortalità era frequente a quei tempi. Oggi invece la motivazione del pellegrinaggio è la difficoltà di rimanere incinta oppure con una gravidanza difficile. «È una tradizione che va avanti da secoli quella dell'urna di San Martino di Tours. Una figura religiosa che fu prima un soldato, poi un vescovo vissuto nel IV secolo dopo Cristo in Ungheria, noto in tutta Europa per la sua generosità, tanto che nell'iconografia lo si vede quasi sempre donare un mantello ad un povero», spiega Lucia Biscaro, docente trevigiana che ha promosso, insieme agli allievi dell'istituto Casteller di Paese, una ricerca storico-iconografica sui nomi cavai. «A Col San Martino invece è venerato per il miracolo che ridona la vita ad un neonato dichiarato morto. Da qui la tradizione, che da secoli richiama le coppie ad estrarre il nome del figlio tanto desiderato, chiedendo la grazia al Santo».
MIRACOLO O SUGGESTIONE?
Come si possono spiegare i casi avvenuti a San Martino? Sono eventi miracolosi o siamo nell'ambito dell'autosuggestione? In passato i miracoli erano considerati eventi abbastanza frequenti, ma oggi si è affermata una cultura decisamente più scettica. «A mio avviso occorre esercitare un grande rispetto di fronte ad una antica tradizione come questa, che non fa certo male ed anzi favorisce il benessere e la coesione della comunità», dichiara il teologo Vito Mancuso. «Se dobbiamo invece ragionare sul campo teologico e quindi pensare in maniera razionale, è molto difficile credere che ci sia un intervento di un Santo negli accadimenti quotidiani. La ragione in questi casi potrebbe chiedersi come mai i Santi, ma anche la Madonna o Dio stesso, non intervengano quando ci sarebbe un bisogno enorme di una loro intercessione». E continua Mancuso: «Tale pratica segna la necessità della mente umana di trovare una giustificazione, appellandosi ad un Santo e in tal modo le persone si sentono più soddisfatte trovando una conferma. Del resto, noi siamo ragione che ha bisogno di indagare e al tempo stesso sentimento che ha bisogno di avere certezze e sostegno. Sono due ambiti diversi, tuttavia è una pratica che ancora fa del bene e quindi manteniamola».
CULTURA RADICATA
Anche il parroco dell'Annunciazione di Col San Martino va cauto su questo tema. «Quando le coppie mi telefonano per chiedere informazioni, semplicemente rispondo di partecipare alla Santa Messa», spiega don Carlo «Si tratta di una tradizione leggendaria, oserei dire magica secondo la maggior parte delle persone. Quello che non deve essere ritenuto magico, invece, è la fede che ciascuno dovrebbe avere verso Dio. Personalmente mi limito a dire questo». Una tradizione decisamente ben radicata, non solo nell'area pedemontana. «Si presentano mediamente dalle due alle tre coppie alla settimana, specie di domenica. La cosa che sorprende è che gran parte giunge dalla destra Piave, in zona Treviso, ma ho ricevuto anche persone dalla Germania e dall'Australia, probabilmente discendenti di emigranti», continua Don Carlo. «I nomi custoditi nell'urna, sono stati scritti dai parroci predecessori e ve ne sono a sufficienza credo anche per chi verrà dopo di me. In passato vi erano nomi molto particolari ed inusuali, tanto che si dovette ricorrere ad una selezione per aggiornarli». Non mancano anche gli aneddoti simpatici legati alla tradizione di San Martino. Alcuni anni fa un parrocchiano estrasse il nome di Brunone, dichiarando che mai lo avrebbe dato al figlio. Ritentò la seconda volta ed uscì ancora Brunone.
CASTELLI & CAMPANILI
L'attuale oratorio che domina dall'alto Col San Martino, è relativamente recente. Fu inaugurato nel 1927 al posto di una precedente chiesetta distrutta dai bombardamenti della Prima Guerra Mondiale che doveva rappresentare la cappella di un antico fortilizio nei documenti citato come Castelletto. In epoca feudale Col San Martino aveva anche un secondo maniero, costruito in tempi successivi sul colle a nord della località Scandolera. Entrambi risultavano di proprietà della nobile famiglia Da Col San Martino. «Non conosciamo l'epoca precisa della distruzione dei due castelli. È certo che nel 1374 risultavano già diroccati», spiega lo storico Enrico Dall'Anese. «Le rovine erano visibili ancora a fine Ottocento e con il loro materiale furono eretti alcuni edifici del villaggio di Col San Martino che si andava sviluppando sulla destra del torrente Raboso. Alla sinistra del fiume invece si andava formando l'abitato di Posmon, dominato dalla splendida chiesetta di San Vigilio». L'attuale Col San Martino risultava quindi un territorio diviso. Dal punto di vista religioso era riunito in una sola parrocchia, quella dell'antica Pieve di Santa Maria in Silva, ma dal punto di vista civile era costituito dai due villaggi, ognuno con la propria autonomia amministrativa. Inevitabili i campanilismi e le rivalità, tanto che alla metà del Novecento l'arciprete don Durante scriveva che tra le due parti del paese esisteva in passato un antagonismo insanabile.
LA MOSTRA DEL VINO
Col San Martino, frazione di Farra di Soligo in provincia di Treviso, ospiterà anche quest'anno la tradizionale mostra del Valdobbiadene Docg. La 63^ edizione si svolgerà dal 30 marzo al 22 aprile con un ricco programma di appuntamenti, tra concerti canori, eventi per bambini, escursioni a piedi e mountain bike, mercatini e visite guidate alle storiche chiesette di San Martino e San Vigilio. Novità di quest'anno la degustazione ad alta quota, proposta sulla collina del Moncader oltre alle tradizionali degustazioni di ben 165 tipologie di vini in mescita.
Giovanni Carraro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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