LA STORIA
Erano venticinque le ville costruite da Andrea Palladio. Ora ne restano

Mercoledì 17 Ottobre 2018
LA STORIA
Erano venticinque le ville costruite da Andrea Palladio. Ora ne restano ventiquattro: una, villa Pisa, a Malo, in provincia di Vicenza, è saltata in aria. La località si trova vicino al Pasubio, dove si è aspramente combattuto durante la Prima guerra mondiale. A qualcuno era venuta la brillante idea di costruire un deposito di esplosivi a ridosso dello storico edificio. Le polveriere, si sa, ogni tanto esplodono e così è successo pure a questa, il 25 marzo 1919. Lo scoppio si è portato via la villa palladiana e due vite: un soldato e una donna. Questo è forse il caso più clamoroso di ville venete distrutte, perché era del Palladio e perché si è trattato di un incidente. Tante altre, invece, sono state demolite consapevolmente. Sembra di sentirli, i commenti: «Quatro piere vecie, cossa ti vol che sia».
IL ROGO CONTARINI
Meglio, molto meglio, costruirci un bel distributore di benzina, che è pure utile, come si voleva fare nel 1967, a Fossò, sulla parte veneziana della riviera del Brenta. Villa Contarini-Muneratti era una bella costruzione quattrocentesca, probabilmente di origini più antiche. Possiamo aggiungere che di ville quattrocentesche non ce ne sono moltissime, ma questo certo non aveva commosso il solito costruttore locale che già si stava facendo i calcoli di quanto gli avrebbe reso «il progettino». Naturalmente la villa non si poteva abbattere, perché era protetta dal vincolo della Soprintendenza. Ma i vincoli possono essere aggirati, basta un po' di fantasia. Così nella notte tra il 29 e il 30 maggio 1967 un incendio ma guarda un po' avviluppa l'edificio. Dovevano averlo costruito bene mezzo millennio prima, perché crolla soltanto il tetto, mentre i muri perimetrali resistono. Allora il proprietario, anche se non avrebbe potuto, fa intervenire le ruspe che terminano il lavoro delle fiamme. Alcuni testimoni oculari avevano raccontato che durante la demolizione emergevano dall'intonaco interno resti antichi affreschi e archi in muratura che testimoniavano le origini medievali della costruzione.
Il proprietario l'ha però fatta troppo grossa e la faccenda suscita l'indignazione di molti intellettuali al tempo non ancora disprezzati e bollati come radical-chic in particolare quella di Giuseppe Mazzotti, il critico d'arte trevisano che era stato uno dei principali artefici del recupero delle ville venete. La soprintendenza, che non era riuscita a fermare la demolizione, ora blocca la costruzione, rendendo l'area inedificabile. Oggi al posto della villa abbattuta si trova un giardino che ospita il monumento ai caduti e quel che resta del nobile edificio: una trifora dalle orbite vuote che occhieggiano mestamente.
SPARITO L'ARCHIVIO SAGREDO
Villa Sagredo, a Vigonovo, per fortuna esiste ancora. Quel che non c'è più invece, è l'archivio, che fino ai primi decenni del Novecento si trovava ancora nelle soffitte dell'edificio, al tempo abbandonato. Un negoziante della zona aveva bisogno di carta per avvolgerci il formaggio comprato dai clienti e viene a sapere che di carta, all'interno della villa, ce n'è quanta se ne vuole. Fa due più due e chiede di acquistare i faldoni a prezzo di sgombero. Affare fatto, e così secoli di storia mappe, lettere, decreti finiscono per diventare, letteralmente, «carta da formaggio». Se i mattoni vecchi suscitano scarsa solidarietà, figuriamoci le carte: degli archivi non interessa niente a nessuno e persino oggi riesce difficile far comprendere l'importanza dei documenti senza i quali diventa impossibile ricostruire la storia.
I LUOGHI SUL BRENTA
La riviera del Brenta vanta un'elevatissima concentrazione di ville, ma un tempo ne aveva ancora di più. Basta confrontare il paesaggio odierno con la serie di incisioni di Gianfrancesco Costa, architetto e pittore veneziano, che nella seconda metà del Settecento pubblica una serie di vedute dal titolo Le delizie del fiume Brenta nei palazzi e casini situati sopra le sue sponde dalla sua sboccatura nella laguna di Venezia infino alla città di Padova. Sfogliando la sua opera ci si rende conto di quel che sia andato perduto: villa Corner, a Oriago; il corpo centrale della villa Valmarana; la facciata della villa Valier (con il celebre affresco della suonatrice, oggi alle gallerie dell'Accademia di Venezia); villa Labia, ricchissima di sculture; villa Bembo; villa Contarini dalle Torri, attribuita a Baldassarre Longhena, tutte in territorio di Mira; poi ancora la maestosa villa Tron di Dolo, distrutta da un incendio; la villa Mocenigo dalle perle sempre a Dolo; le barchesse Riva e la villa Giustinian a Paluello; la villa Grimani dall'albero d'oro a Fiesso; la palladiana villa Valier, di Stra. Gran parte di questi edifici sono stati abbattuti nell'Ottocento, quando era abbastanza consueto rivendere tutto, mattone su mattone, come materiale edilizio.
GLI EDIFICI ABBANDONATI
E oggi? Al di là del triste caso di villa Fini, a Dolo, rasa al suolo dal tornado dell'8 luglio 2015 e chissà mai se sarà ricostruita, visto che i proprietari hanno calcolato che i costi andrebbero dagli otto ai dieci milioni di euro, ci sono parecchie ville venete in stato di abbandono e a rischio scomparsa. Basta dare un'occhiata al sito www.luoghidellabbandono.com per trovare una lunga gallery fotografica di nobili costruzioni lasciate in balia di se stesse. Per esempio villa Mari, uno degli edifici più belli di Montebello Vicentino, in stile palladiano e con parco di 18 mila metri quadrati. Desolatamente vuota, è in vendita, e il sindaco ha già dichiarato che il Comune non può acquisirla perché troppo costosa. In vendita pure villa Bellati, imponente edificio del 1703 a Umìn di Feltre, inserito nel paesaggio delle prealpi feltrine. Dopo aver ospitato un preventorio per ragazzi malati di tubercolosi, dal 1981 è in stato di totale abbandono. O ancora la bellissima villa Renier, a Monticelli di Monselice, su colli Euganei, costruita nel Cinquecento da Daniele Renier e ampliata nel Settecento con l'aggiunta di quattro torri agli angoli della corte. Era la villa di Giustina Renier Michiel, una delle figure femminili di spicco del Settecento veneziano; ha scritto Origine delle feste veneziane, importante opera storica, ed è stata la prima a tradurre in italiano tre tragedie di Shakespeare, pubblicate a Venezia nel 1798. Le foto dell'edificio mostrano una desolazione senza pari: statue decapitate, resti di bivacchi, tracce nel muro di quel che apparentemente doveva essere un altare, divelto per finire sul mercato antiquario. Su internet si trova un tentativo di vendita all'asta da parte del tribunale di Padova, nel settembre 2013. Prezzo base 2 milioni 272 mila euro. Da allora, nessuna notizia.
Alessandro Marzo Magno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci