La ricchezza è sotto i piedi grazie a funghi e tartufi

Mercoledì 23 Ottobre 2019
La ricchezza è sotto i piedi grazie a funghi e tartufi
Antonio Di Lorenzo

Giganteggiano con le fettuccine, brillano nei risotti, pazientano nella tecia sul fuoco, ammiccano nel piatto assieme alla polenta, si arrendono se finiscono sulla griglia, riescono a trasformarsi da contorno in piatto di portata, a sciogliersi in una zuppa o a trionfare nella pastasciutta, insomma possono essere tutto, ma tanto per parafrasare Rigoletto questi o quelli per me pari sono Perché, in poche parole, i funghi non ammettono ignoranza: la cucina veneta e friulana ne è talmente ricca che ognuno li celebra a modo suo. E nessuno sbaglia.
La cucina del fungo è talmente radicata nella cultura veneta che nel Trevigiano esiste dal 1976 la rassegna Cocofungo, che proprio domani e dopodomani si conclude con due serate da Gigetto a Miane. Il titolo è un gioco di parole tra il nome dell'ovulo (coco) e la contrazione della parola cuoco, scelto perché esprime bene qual è l'importanza del fungo nella gastronomia delle prealpi trevigiane. A far parte del gruppo sono i ristoranti Baggio ad Asolo, Marcandole a Salgareda, le Calandrine a Cimadolmo, Barbesin a Castelfranco, Der Kazlmacher di Monaco di Baviera e, appunto, Gigetto a Miane. Nei menu predisposti si incontrano abbinamenti vivaci, come il fritto di schie, scampi e calamaretti con porcini oppure meditate rivisitazioni, come il risotto al tartufo estivo, crema di finferle gialle e nere, con emulsione di mascarpone e spinaci, due piatti che rientrano fra i classici di Marcandole.
I funghi li ritrovi dove meno te lo aspetti, per esempio sulla Riviera del Brenta. Prendete Fabio e Diego D'Orfeo, per esempio. Sono figli d'arte, in quanto la loro famiglia gestisce da qualche decina d'anni il ristorante Poste Vecie vicino Rialto a Venezia. E loro decidono di andare controcorrente: dopo la tromba d'aria del 2015, ristrutturano un antico fabbricato e aprono a Dolo il Villa Fini. Che sorpresa! ha un menu di terra e non di pesce, all'interno del quale c'è ampio spazio per funghi, tartufi e uova.
Oppure per convincersi di quanto la cultura dei funghi sia diffusa, basta salire nel Vicentino fino al Casin del Gamba, ristorante collocato in cima a una collina che divide la valle del Chiampo da quella dell'Agno. In questo ex casotto di caccia, Antonio Dal Lago e la moglie Daria iniziarono nel 1976 un'avventura gastronomica che prosegue tutt'oggi, con il figlio Luca sommelier in sala. Se hanno una stella Michelin ininterrottamente dal 1992 (e se Antonio e Nadia Santini quando tornano a casa ad Altissimo vanno a pranzo da loro) è merito anche del loro menu degustazione dedicato ai funghi. Basta ricordare alcuni classici: i tagliolini con zabaione salato e tartufo bianco, il budino di foie gras e porcino al vermut, lo storico pappardelle con porcini delle Vezzene e burro di Altissimo
Le Vezzene sono una località dell'altopiano che si estende da Asiago a Lavarone, metà nel Vicentino e metà nel Trentino. A Lavarone, alle Vezzene appunto, nel primo Novecento trascorreva le sue vacanze d'estate un medico viennese, il dottor Sigmund Freud. Al tempo si interessava molto di sogni. Abitualmente riposava sotto l'Avez del Prinzep, il maestoso e secolare albero che è stato abbattuto, malato, un paio di anni fa: chissà che L'interpretazione dei sogni sia nata anche dai sonnellini sotto quel pino.
A duecento chilometri di distanza, a Cividale in Friuli, c'è la trattoria Alla Frasca specializzata in funghi. Il locale, aperto nel 1987 da Paolo Angeli e oggi gestito dai figli, presenta un menu dedicato al tartufo nero: polentina tartufata, tagliatelle e risotto al tartufo, costicine d'agnello o tagliata al tartufo e porcini, e naturalmente l'uovo al tegamino.
Con il tartufo si compie un salto di qualità a proposito di funghi, perché la sua natura lo ha sempre posto su un piedistallo, circondato da un fascino che sconfina nella magia. Tant'è vero che Teofrasto, filosofo greco successore di Aristotele, lo classificava come un vegetale senza radici, nato durante le piogge senza tuoni. Plutarco, invece, diffuse la tradizione di considerarlo il miracoloso frutto di acqua, calore e fulmini, suggestione recuperata in poesia da Giovenale, secondo cui il tartufo sarebbe nato dalla saetta scagliata da Giove contro una quercia.
In realtà il tartufo è un fungo sotterraneo, che però sembra un tubero. Il tartufo veneto, alias scorzone, è raccolto nei boschi con i cani specializzati, ma sono spuntati anche molte coltivazioni che richiedono pazienza e lavoro, perché servono dieci anni prima di vedere il prodotto. Nell'attesa si può sempre riflettere sul fatto che Molière abbia battezzato Tartufo il protagonista di una delle sue commedie più celebri. Siccome il tartufo cresce sottoterra, quasi a nascondersi, lo ha preso come metafora del protagonista. Il suo Tartuffe, infatti, nasconde il proprio carattere perché è l'emblema dell'ipocrisia che cerca vantaggi dalla falsa amicizia. Ma le assonanze finiscono qui. Quella è satira contro i nobili del Seicento. Il tartufo che finisce in tavola da noi profuma di sincerità.
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