La porta di Venezia è da sempre sotto il controllo della malavita organizzata.

Venerdì 19 Dicembre 2014
La porta di Venezia è da sempre sotto il controllo della malavita organizzata. Actv e Alilaguna, assieme a pochi altri imprenditori puliti, costretti a convivere con le prepotenze e le minacce quotidiane, si spartiscono le briciole, mentre il grosso del turismo, soprattutto di lingua spagnola, arriva a Venezia con il "pacchetto servizi" timbrato dalla mala. Nella spartizione del territorio decisa a suo tempo da Felice Maniero, infatti, l'isola del Tronchetto era stata assegnata alla banda dei cosiddetti "mestrini". Il capo riconosciuto era (è?) Gilberto Boatto detto Lolli. Con lui lavora(va)no Giovanni Paggiarin, Paolo Pattarello e Gino Causin. Felice Maniero è sempre rimasto fuori da questo business. Non ci ha mai creduto e si è sempre limitato ad incassare il "pizzo": 5 milioni di lire al mese. Poca cosa in confronto ai miliardi di lire in nero che giravano al Tronchetto già agli inizi degli anni '90. Ma l'inventore del business-Tronchetto è Ottavio Andrioli, l'uomo che fa fare alla banda di pischelli di Maniero il primo vero salto nell'high society della malavita organizzata. E' Andrioli infatti che ha i contatti con i fratelli Fidanzati, plenipotenziari per il Nord Italia della mafia siciliana. Grazie ai Fidanzati, la banda di Felice Maniero si specializza in spaccio della droga e bische clandestine. Andrioli il 17 giugno 1983 viene fulminato da 6 colpi calibro 38 in un appartamento di Eraclea. A fare irruzione nell'abitazione e ad uccidere Andrioli, secondo il racconto dello stesso Maniero, sono Sandro Radetich, lo stesso Maniero e i "mestrini" Gilberto Boatto e Giovanni Paggiarin. Guarda caso sono proprio Paggiarin e Boatto a trasformare il Tronchetto in una miniera d'oro. E Giovanni Paggiarin era l'unico dei mestrini rimasto in libertà fino ad un paio di anni fa, quando è diventata esecutiva la sentenza del processo Rialto - 14 anni e 9 mesi. Ebbene, fino all'aprile 2012 Paggiarin teneva sotto controllo il Tronchetto e piazzale Roma grazie soprattutto ad un paio di quelli che la Corte d'appello di Venezia ha appena mandato assolto. Paggiarin finisce dietro le sbarre, dunque, ed ecco che pochi mesi dopo, alla fine del 2012, a Mestre arriva Vito Galatolo, il boss mafioso allontanato da Palermo da una sentenza della magistratura. E Vito Galatolo va a lavorare, guarda caso, al Tronchetto, assunto come motorista part time da Otello Novello, il Cocco Cinese. Un caso? Quel che è certo è che, con tutti i "mestrini" in galera, il controllo del business del turismo è nelle mani delle terze fila della mala veneziana. Vuol dire che in libertà non ci sono killer, non c'è gente cioè in grado di regolare a revolverate l'arrivo di "potenze" esterne. Vito Galatolo a Mestre arriva per controllare gli appalti della Fincantieri - lo dice lui stesso - e del resto la sua famiglia ha piazzato uomini in tutti i posti dove si costruiscono navi, ma non è azzardato pensare che la sua attenzione ricada anche sul business del turismo. Tant'è che ad aprile 2014 risulta sul libro paga di Novello e pochi mesi dopo a Venezia circola la voce che il re del Tronchetto e cioè Otello Novello sia stato "invitato" con le buone maniere ad un incontro ai vertici dal quale sarebbe uscito con qualche preoccupazione - e qualche bozzo - in più rispetto a prima. Non si è mai saputo se questo episodio del Cocco Cinese che viene caricato di forza in macchina per discutere a quattr'occhi con non si sa chi dell'acquisizione delle quote delle sue società sia vero o no, fatto sta che da quel momento si fanno insistenti le voci sulle difficoltà dei "mestrini" a tenere sotto controllo il business del turismo che ogni anno porta in laguna 30 milioni di persone. Quando Vito Galatolo viene arrestato a giugno 2014, ecco che salta fuori la "curiosa" assunzione presso le società di navigazione di Otello Novello ed ecco che di nuovo per qualche giorno a Venezia si parla del Trinchetto. Ma è il solito fuoco di paglia, bastano poche ore perchè ci si dimentichi che dai tempi di Maniero c'è una banda che si alimenta con l'oro di Venezia, cioè i turisti.
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