LA MESSA
VENEZIA Un'omelia di fede e di denuncia, quella del patriarca Francesco

Martedì 23 Aprile 2019
LA MESSA VENEZIA Un'omelia di fede e di denuncia, quella del patriarca Francesco
LA MESSA
VENEZIA Un'omelia di fede e di denuncia, quella del patriarca Francesco Moraglia in basilica a San Marco nel giorno di Pasqua. La denuncia Moraglia ha voluto incentrarla tutta sul tema della mafia, della camorra, della criminalità organizzata che negli ultimi anni ha infestato il Veneto e il Veneziano, con un Comune, Eraclea, che ha visto il proprio sindaco arrestato con pesanti accuse.
LA DENUNCIA
«Recentemente abbiamo constatato, anche nel nostro territorio, che quanto pensavamo non ci appartenesse, ossia il comportamento di chi con l'intimidazione e la violenza assoggetta altri in modo da prevaricare e sostituendosi allo Stato, è ben presente. Si tratta del potere mafioso che si declina in mille modi nella vita sociale», ha spiegato Moraglia, ricordando la recente giornata in memoria delle vittime della criminalità organizzata, tenutasi proprio in basilica di San Marco in collaborazione con l'associazione Libera di don Luigi Ciotti.
«Il Maligno - ha aggiunto - agisce pensando di intimorire e la paura è l'atteggiamento che suscita». E l patriarca ha sottolineato, quindi, gli esempi di ritrovato coraggio che, dopo la risurrezione, ha animato apostoli e discepoli di Gesù.
«Cosa significa Pasqua nel nostro vissuto? - si è chiesto - La Pasqua deve rendersi presente in una vita buona secondo il Vangelo che si manifesta anche nelle scelte culturali, vale a dire in leggi buone e in relazioni sociali fondate sulla verità e sul rispetto dei più deboli. Nell'omelia Moraglia ha dunque invitato i fedeli a concretizzare nella realtà di tutti i giorni l'annuncio della resurrezione di Cristo, che vince la morte.
L'APPELLO
«La Pasqua deve convertirci e manifestarsi anche esteriormente. Non a caso il Regno di Dio, quando finalmente sarà compiuto, si manifesterà - ci dice la Rivelazione - come una città riconciliata e pienamente illuminata dalla luce di Dio, tanto da non aver più bisogno delle luci degli uomini», ha affermato Moraglia richiamando l'immagine della Gerusalemme celeste di cui parla il libro dell'Apocalisse, l'ultimo del Nuovo Testamento.
«La città, nella Bibbia, è il luogo delle relazioni umane, dove gli uomini, con le loro scelte, segnano una convivenza umana, sociale, civile, religiosa che si manifesta anche nella salvaguardia del creato come bene di Dio e dell'uomo e delle generazioni future. Qui rivestono grande importanza le buone leggi ha ripreso il Patriarca Di fatto la città, nell'Antico Testamento, è il luogo in cui cresce il potere dell'uomo che si traduce in dominio del più forte sul debole. Pasqua, allora, cosa vuol dire? Noi viviamo ancora nella realtà della Gerusalemme terrena eppure, con la fede, siamo già nella prospettiva della Gerusalemme celeste. Viviamo quindi le contraddizioni di un'umanità già redenta ma non ancora giunta alla piena salvezza, un'umanità alla ricerca di sé stessa e che, lentamente, si accorge come attraverso le sue sole forze non riesca a venire a capo di questioni fondamentali come la verità, la giustizia, il bene, la giustizia, la solidarietà».
Alvise Sperandio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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