L'ORDINANZA
VENEZIA Esisteva «una prassi consolidata di vero e proprio

Mercoledì 7 Aprile 2021
L'ORDINANZA VENEZIA Esisteva «una prassi consolidata di vero e proprio
L'ORDINANZA
VENEZIA Esisteva «una prassi consolidata di vero e proprio sfruttamento economico dei lavoratori subordinati attraverso l'applicazione di un sistema retributivo finalizzato ad aggirare la normativa posta dai contratti collettivi di lavoro e tradottosi nel cosiddetto sistema della paga globale», ovvero di una retribuzione oraria forfetizzata, inferiore ai minimi contrattuali (anche meno di 7 euro all'ora), senza le maggiorazioni dovute per notturno e straordinari e senza il riconoscimento di ferie, riposi settimanali e permessi.
Lo scrive il giudice per le indagini preliminari Andrea Battistuzzi nelle 70 pagine di ordinanza di custodia cautelare con cui ha imposto gli arresti domiciliari a 4 indagati e l'interdizione dall'esercizio di attività economica per altri 6, tutti appartenenti a due famiglie di nazionalità albanese che gestivano lavorazioni in subappalto all'interno di Fincantieri, accusati di caporalato e false fatture.
Quella condotta dalla Guardia di Finanza, con il coordinamento del pm Giorgio Gava, si colloca nell'ambito di un'inchiesta di più grandi proporzioni che è in corso da un paio di anni e ha già coinvolto altre società subappaltatrici, gestite principalmente da imprenditori originari del Bangladesh (per i quali i processi sono in corso o stanno per iniziare), oltre ad alcuni funzionari e dirigenti di Fincantieri, accusati di concorso nello sfruttamento dei lavoratori oltre a corruzione tra privati per aver chiesto e ricevuto regali o denaro per agevolare i titolari di quelle società, o per garantire loro di assicurarsi il rinnovo dei contratti. Quest'ultimo filone non è ancora concluso e la Procura potrebbe chiedere il processo entro l'estate.
IL CONSULENTE DEL LAVORO
A fornire un'importante contributo per portare alla luce i presunti episodi di caporalato nonché quelli relativi all'emissione di false fatture, attraverso le quali le società avrebbero degli imprenditori albanesi avrebbero fatto quadrare i conti scaricando spese mai sostenute, è stato il consulente del lavoro Angelo Di Corrado, già coinvolto nell'inchiesta sulle presunte infiltrazioni della camorra nel Veneto orientale in relazione ai rapporti da lui intrattenuti con il boss Luciano Donadio. Gli inquirenti hanno poi raccolto le deposizioni di alcuni dipendenti e la documentazione relativa ai rispettivi rapporti di lavoro dai quali, secondo il giudice Battistuzzi, emerge «la sussistenza di una situazione di sfruttamento», esercitato approfittando «dello stato di bisogno» dei lavoratori, tutti stranieri per i quali un'occupazione è necessaria per poter restare in Italia mantenendo il permesso di soggiorno, nonché per mantenere le loro famiglie.
Il gip ritiene provata anche l'accusa di false fatture, per un ammontare complessivo di quasi un milione e 300mila euro, emesse a favore delle società facenti capo a Di Corrado, a fronte di operazioni inesistenti.
«Si tratta di una condotta criminosa assai strutturata e posta in essere con modalità fraudolente finalizzate ad occultare le condizioni di sfruttamento e a massimizzare i profitti», si legge nell'ordinanza di custodia cautelare, emessa per evitare la prosecuzione degli illeciti.
GRAVI INDIZI
Tra i numerosi lavoratori impiegati, la Procura ha focalizzato l'attenzione su una ventina di posizioni, ovvero quelle in relazione alle quali sarebbe più evidente lo sfruttamento, operato attraverso una bassa retribuzione senza il riconoscimento di ferie e straordinari. E il Gip ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza a carico dei dieci indagati, chiamati in causa in qualità di amministratori di diritto, o soltanto di fatto delle varie società finite sotto accusa. Le quali a loro volta vengono chiamate in causa in base alla legge che le chiama a rispondere patrimonialmente per i reati commessi dai propri amministratori.
Le Fiamme Gialle hanno scoperto che con i proventi delle aziende alcuni indagati hanno acquistato immobili in Albania, contro i quali sarà però difficile, se non impossibile, ottenere provvedimenti di sequestro, a differenza di quanto accaduto per conti correnti ed immobili posseduti in Italia.
Ieri mattina, di fronte al gip Battistuzzi si sono svolti gli interrogatori dei sei indagati ai quali è stato imposto il divieto di svolgere attività imprenditoriale: alcuni si sono avvalsi della facoltà di non rispondere; altri hanno respinto ogni accusa rivendicando la correttezza del loro operato. I quattro indagati agli arresti domiciliari saranno ascoltati domani. La difesa è rappresentata dagli avvocati Matteo Lazzaro, Damiano Danesin, Arianna Salvalaio, Tommaso Bortoluzzi e Riccardo Vianello.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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