L'INTERVISTA
VENEZIA Venezia e il Patriarcato si preparano a celebrare la festa

Lunedì 15 Novembre 2021
L'INTERVISTA VENEZIA Venezia e il Patriarcato si preparano a celebrare la festa
L'INTERVISTA
VENEZIA Venezia e il Patriarcato si preparano a celebrare la festa della Madonna della Salute, un appuntamento sempre molto sentito dalla gente, un'autentica festa popolare per i veneziani, ancora più significativo alla luce dell'emergenza sanitaria che ormai da due anni sta tenendo con il fiato sospeso Venezia e il mondo intero. Primo tra tutti a fermarsi in preghiera davanti all'icona della Vergine, nel tempio del Longhena, è il patriarca Francesco Moraglia.
Eccellenza, siamo purtroppo ancora in pandemia, ma almeno possiamo celebrare in presenza e col pellegrinaggio: che significato assume la festa della Madonna della Salute di quest'anno?
«Quest'anno la festa della Salute potrebbe essere occasione per approfondire e ulteriormente interiorizzare la personale vita di fede compiendo tutto quanto sarà compatibile con la situazione che stiamo vivendo. La basilica dedicata alla Madonna della Salute, non dimentichiamolo, è frutto della fede di un popolo che in un frangente difficile della sua storia ha voluto e saputo volgere lo sguardo alla Misericordia divina attraverso l'onnipotenza supplice di Maria».
Sembra affacciarsi il pericolo di una quarta ondata, mentre la campagna vaccinale ha raggiunto il suo massimo risultato nel ciclo ordinario, le terze dosi faticano a decollare e le contestazioni dei no vax e no green pass agitano la società. Da vaccinato, pensa di poter lanciare un appello per la profilassi?
«In tempo di pandemia è necessario attenersi alle indicazioni che la scienza suggerisce e alle precauzioni che lo stesso buon senso pure ci suggerisce. È importante anche sentirsi, come in effetti siamo, piccoli e fragili. Siamo, inoltre, una comunità e quindi, come spesso si ripete, siamo tutti sulla stessa barca. Ma siamo anche chiamati a guardare in alto e avanti con speranza cristiana. Certo, occorre avere un sano realismo accompagnato da solidarietà».
Dopo quasi due anni di chiusura e restrizioni la gente chiede di poter tornare a vivere e molti sono preoccupati dal punto di vista lavorativo ed economico: come contemperare il diritto alla ripresa e alla socialità, da tutti condiviso, con quello alla sicurezza?
«Ripresa e sicurezza sono due facce della stessa medaglia, come, anche la tutela dei diritti di tutti i lavoratori e degli investimenti. Se si sviluppa un vero senso di solidarietà sociale si sviluppa anche, conseguentemente, quello della sicurezza. Dobbiamo pensare in modo meno dialettico e più inclusivo».
Il 12 novembre di due anni fa la seconda acqua granda della storia ha invaso e messo in ginocchio Venezia: adesso c'è il Mose in funzione, ma la salvaguardia della città non è solo il sistema delle paratie mobili e c'è ancora tanto altro da fare... Intanto, la politica sembra aver deciso sulle grandi navi.
«Sì, la salvaguardia della città non è solo il sistema del Mose ma, intanto, tale parziale realizzazione è importante per la difesa della città ed è qualcosa di oggettivo. Continuano a preoccupare, e non poco, le acque alte medie per quanto riguarda la vita quotidiana della città e, ovviamente, la Basilica di San Marco. C'è stata poi la decisione politica circa le grandi navi, una scelta che ora andrà gestita al meglio per non scaricarne il costo sull'occupazione e sui lavoratori. Un'operazione avvenuta, dopo infiniti rinvii e in tempi forse troppo contratti per le ricadute che potrebbe avere. Confido perciò nella saggezza e nella competenza di quanti sono chiamati ad attuarla».
Non tutti i danni alle imprese di quella alluvione eccezionale sono stati ancora liquidati, una difficoltà ulteriore in aggiunta a quelle prodotte dalla pandemia, che ha costretto molti imprenditori a rivedere i propri investimento e a ridefinire gli organici delle realtà produttive. Lei in questi giorni ha fatto sentire la sua voce per la difesa delle vetrerie di Murano.
«Certamente oltre alle vetrerie di Murano ci sono altri settori in difficoltà. Penso, per esempio, ai commercianti, alle attività legate al turismo ma anche agli artigiani che, con le loro conoscenze e tecniche, hanno contribuito a rendere così bella la nostra città. Tali attività possono aprire prospettive per tanti giovani dotati d'ingegno e intraprendenza, così da mantenere vivo, anche oggi, quel senso del bello che ha reso unica nel mondo Venezia».
Nel frattempo vanno a rilento i lavori per mettere in sicurezza la basilica-cattedrale di San Marco e l'area marciana: talvolta la burocrazia appare estenuante quando invece i lavori sono agli occhi di tutti non solo necessari, ma urgenti. Lei stesso ha lanciato un appello sabato alla consegna del Premio Torta.
«La deriva burocratica (tempi e adempimenti) costituisce spesso una vera e propria barriera contro cui si infrangono le urgenze della vita quotidiana della collettività. La vita della comunità e i tempi dell'imprenditoria e del mondo del lavoro, hanno scadenze indilazionabili. Questo delicato tema appartiene, però, soprattutto alla politica ed è una delle grandi riforme che riguardano il sistema Paese. Ciononostante la burocrazia ha una sua necessità per tutelare il bene comune: è la deriva della burocrazia a bloccare il sistema. Speriamo che la basilica marciana non ne venga schiacciata».
Come procede il cammino della Diocesi, con le nuove collaborazioni pastorali e a sinodo iniziato, dopo due anni in cui il Covid ha condizionato la vita ordinaria delle parrocchie e, anche sotto questo aspetto, non è detto che si tornerà alla situazione precedente...
«Non è possibile ritornare a situazioni precedenti e non sarebbe neppure auspicabile. Il cammino sinodale in atto nella nostra Diocesi sarà un momento di presa di coscienza ecclesiale anche in tale ambito. La questione delle collaborazioni tra le differenti comunità, comunque, chiede una conversione pastorale di tutti i soggetti ecclesiali: battezzati, ministri ordinati, consacrati. Pensare di intervenire solo con indicazioni pastorali, organizzative o giuridiche sarebbe del tutto illusorio».
In una recente intervista al settimanale diocesano Gente Veneta, il suo predecessore il cardinale Angelo Scola, che ha compiuto 80 anni, ha parlato del rapporto speciale con i papi. Lei che rapporto ha con papa Francesco, cosa vi lega?
«È quello di chi ama il successore di Pietro e ha cura di essere promotore di comunione con lui. È il pastore della Chiesa universale e a lui guardo come a colui al quale Gesù ha chiesto un amore più grande».
L'anno prossimo lei festeggerà a marzo 10 anni da patriarca e intanto saranno una decina i cardinali che, per raggiunti limiti di età, usciranno dal collegio degli elettori in caso di conclave. Venezia tornerà ad avere la porpora?
«I cardinali, propriamente, non sono nominati ma creati dal Papa. In un certo senso sono sue creature e, pertanto, non è questione di diritti. Il Papa fa le scelte che ritiene opportune per la vita della Chiesa».
Alvise Sperandio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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