L'INTERVISTA
VENEZIA Di questo ultimo anno segnato dalla pandemia rimarranno

Giovedì 10 Giugno 2021
L'INTERVISTA
VENEZIA Di questo ultimo anno segnato dalla pandemia rimarranno nella memoria collettiva le immagini di una Venezia pressoché deserta. Abituata a folle variopinte e a un intasamento pedonale da fare invidia a Tokyo, oggi Venezia vive una stagione straordinaria, ovvero profondamente differente da quella che la aveva caratterizzata negli ultimi anni. Per il rettore dell'Iuav, Alberto Ferlenga si tratta di una grande e forse unica opportunità.
Professor Ferlenga, provi a spiegare perchè
«Oggi a Venezia sono scomparse le grandi navi, la città si è alleggerita del peso insostenibile di un turismo eccessivo e grazie all'entrata in funzione del Mose anche l'acqua alta sembra un pericolo superato. Così il mondo guarda a Venezia in un modo diverso e anche i suoi abitanti, messi da parte i rischi di vera e propria sopravvivenza, possono finalmente riflettere sulle reali potenzialità di un futuro tutto da immaginare e da costruire. Venezia innanzitutto appare come un luogo straordinario per vivere in modo sostenibile. Liberata da 30 milioni di turisti all'anno recupera una piena vivibilità urbana. Quale altra città al mondo ha una misura urbana che consente di muoversi tranquillamente soltanto a piedi o in barca? Venezia ritrova la sua profonda identità di città con un equilibrato rapporto con il suo contesto paesaggistico. Diversamente da come si pensa Venezia è anche una città con una sua capacità residenziale, seppure in decrescita, così come presenta realtà occupazionali che, seppure in molti casi a rischio, potrebbero trasformarsi in opportunità di sviluppo. Occupazioni e mestieri in forte sinergia con le caratteristiche insediative e paesaggistiche. Ed è da qui e dalle caratteristiche dei suoi spazi che si deve ripartire. Venezia, infatti, ha un patrimonio edilizio che non è solo fatto di monumenti, bensì di un tessuto complesso che con i suoi campi, campielli e calli si è andato strutturando nel tempo, integrando fortemente residenzialità, lavoro e luoghi di socialità. Un tessuto che si presta molto bene a una reimmissione di nuove attività economiche, dall'artigianato alla sperimentazione di nuove tecnologie. E dove un ruolo determinante lo può svolgere il suo essere città universitaria».
Uno dei temi è l'interdipendenza tra attività economiche e un diverso modo di utilizzare il patrimonio immobiliare. Che ruolo può giocare da questo punto di vista l'Università?
«Nel tempo abbiamo assistito, dal punto di vista della residenzialità, a un allontanamento progressivo degli studenti per privilegiare il turismo mordi e fuggi. Oggi è venuto il tempo di invertire il trend. Ed è quello che stiamo facendo come sistema universitario, anche attraverso degli accordi con consorzi di proprietari di case, con l'Ance, in sintonia con il Comune. L'obiettivo è di ricollocare le residenze ancora non destinate al turismo a favore degli studenti. Attualmente, abbiamo messo a disposizione 330 alloggi. Lo abbiamo fatto attraverso la creazione di una piattaforma ad hoc, realizzata in collaborazione con le associazioni dei proprietari. Offriamo appartamenti a costi adeguati e a misura di un'utenza specifica come quella degli studenti universitari. Il successo dell'iniziativa è dimostrata dalla quantità delle domande pervenute, oltre mille, che ci deve incentivare a proseguire su questa strada. Così da riportare sempre più studenti a Venezia, incentivando i proprietari ad investire in un mercato dalle grandi potenzialità e sicuramente più stabile di quello turistico. Questa iniziativa è stata anche l'occasione per riflettere sull'importanza di ripartire dalla conoscenza delle caratteristiche del patrimonio immobiliare della città storica. Da qui è nata una proposta avanzata al Comune, insieme ad Ance Venezia, per un progetto volto a conoscere il patrimonio edilizio, partendo dalla considerazione che Venezia negli ultimi decenni non è stata più studiata, non certo dal punto di vista dei monumenti su cui sappiamo tanto, bensì dal punto di vista del tessuto abitativo. Un passaggio decisivo se si vuole realmente cogliere l'occasione che ci viene offerta dalla pandemia».
Lei prima ha citato come uno dei fattori di cambiamento con cui confrontarsi, oltre alla crisi del turismo anche l'entrata in funzione del Mose. In che misura può avere degli effetti benefici per il futuro della città?
«Il funzionamento del Mose ha restituito al mercato immobiliare nuovi spazi che a causa dell'acqua alta erano stati abbandonati e avevano perso qualunque interesse essendo impedita la loro fruizione, come ad esempio tutti i piani terreni. Totalmente svalutati a causa dei rischi di allagamento, oggi torneranno sul mercato. E si tratta di un patrimonio oggi in grandissima parte libero. Questa considerazione deve costituire una sfida per la città e per chi la governa. Nel senso che si deve decidere cosa farne, dove spingere e quindi quali incentivi e quali politiche attivare. Penso all'importanza di una pianificazione che punti a un rilancio dell'integrazione tra studio e lavoro. Magari guardando alla possibilità di attirare progetti e professionalità legate alle nuove tecnologie, con l'opportunità di operare in un luogo ad elevata offerta di welfare e di qualità della vita. E questo non in un borgo di montagna ma in una città con tutte le sue opportunità e i suoi servizi. Venezia è, infatti, parte di una sistema metropolitano, è una città dentro una più ampia conurbazione, con tutti i vantaggi che essa comporta. Puntare sulla conoscenza per poi costruire delle strategie e delle politiche: è questo l'obiettivo del progetto, promosso come Università insieme ad ANCE, ai proprietari degli immobili e al Comune. Un progetto che manca da 50 anni. Questa opera di lettura potrà inoltre contare su un'ampia gamma di nuove tecnologie, che faciliteranno tempi e qualità del lavoro. E su questo tessuto conoscitivo si potranno già innestare degli elementi di progettualità che possono prefigurare delle opere di riqualificazione per un adeguamento tecnologico e di benessere. Si pensi ai sistemi energetici sostenibili o agli ascensori, anche attraverso un coinvolgimento della sovrintendenza. Così da aumentare la qualità salvaguardando il valore storico del patrimonio»
Vogliamo provare ad arrivare a una sintesi
«Dobbiamo partire dal fatto che Venezia è una città ad elevata sostenibilità e attraverso un'analisi puntuale dell'esistente costruire un percorso condiviso di trasformazione. Venezia non può essere solo una città turistica o solo una città universitaria. Dobbiamo cogliere l'opportunità offertaci dalla pandemia invertendo un percorso che negli ultimi anni ha visto una scarsa capacità di limitare l'invasione turistica. Il cambiamento non piccolo che si sta verificando ci consente di attivare un circuito virtuoso».
(a cura di Alfredo Martini)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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