L'INTERVISTA
Una lettura scenica in teatro, uno spettacolo dedicato a Carlo Scarpa

Giovedì 6 Agosto 2020
L'INTERVISTA Una lettura scenica in teatro, uno spettacolo dedicato a Carlo Scarpa
L'INTERVISTA
Una lettura scenica in teatro, uno spettacolo dedicato a Carlo Scarpa e un nuovo libro in arrivo per Einaudi ambientato soprattutto in Nigeria. Vitaliano Trevisan ha un'agenda fitta di novità per i prossimi mesi e la prima tappa è al Teatro Del Monaco di Treviso, dove presenta oggi e domani una lettura scenica de Il Mondo e i Pantaloni nella stagione estiva del Teatro Stabile (info www.teatrostabileveneto.it). L'eclettico artista vicentino, insieme a Giorgio Sangati e ad Angelica Leo, porta sul palco le vicissitudini di un grande, e vecchio, attore drammaturgo che all'apice del suo successo e del riconoscimento per la sua carriera viene travolto da uno scandalo per molestie che gli cambia la vita.
Trevisan, come nasce questo lavoro?
«Innanzitutto è una anteprima in forma di lettura scenica, per cui vedremo se diventerà uno spettacolo. La trama è pretestuosa e molto improbabile, mentre ha una struttura strana, quasi da farsa. Ho iniziato a scrivere il testo due anni fa, a tempo perso, giusto per vedere cosa poteva venir fuori. Si ispirava a Dario Fo».
Per il Nobel o per la trama?
«È la storia di un attore e drammaturgo che prende Nobel, ma in questo caso non verrà mai insignito. In realtà poi ho proseguito il lavoro su richiesta di un grande attore italiano e l'ho portato a termine ora, su richiesta dello Stabile».
Il tema caldo è quello delle accuse di molestia. Più che Fo, viene in mente il caso recente di Spacey.
«Molto prima ne aveva scritto per il teatro David Mamet con Oleanna, portato in scena da Barbareschi in Italia. Il tema è caldo, perché può capitare a chiunque di esser sputtanato. Non serve nemmeno provarlo, perché prima del processo parte la gogna mediatica. E questo nonostante molti siano stati poi prosciolti, anche nel mondo dello spettacolo».
È un contesto particolare?
«Il mondo del cinema e del teatro è sempre stato promiscuo, dunque faccio fatica a capire e tutto può accadere per un fraintendimento, come nel testo. Tutto dipende dalla comunicazione e si va verso una presunzione di colpevolezza».
Oltre a questo, ci sono nuovi progetti all'orizzonte?
«Sempre con la regia di Sangati, a novembre dovrebbe debuttare la messinscena de Il delirio del particolare, un mio testo sull'architetto Carlo Scarpa che vinse il Premio Riccione nel 2017. In scena non c'è il protagonista, ma una donna interpretata da Maria Paiato. Il testo esce a settembre in volume per Oligo editore. Poi sto scrivendo un libro per Einaudi (uscita nel 2021) ambientato per buona parte in Nigeria e poi sulle nostre strade. È una sorta di memoir».
Come ha trascorso il lockdown?
«Camminando. Io vivo in montagna, ma ero in Toscana fuori dai centri abitati quindi niente assembramenti. Il pericolo erano i cacciatori di cinghiali».
Come vede lo scenario attuale post-Covid?
«Come Agamben. Siamo in un regime democratico, con una governance tecnica più che un governo politico. La scienza domina con le proiezioni matematiche, scordandosi che Einstein diceva: tanto più un esperimento è valido in laboratorio e tanto meno lo è fuori».
La cultura quale ruolo ha?
«Purtroppo si adegua, non si fa sentire e si allinea. Non ho posizioni o teorie preconcette, solo non mi convincono le procedure. Perché siamo lontani dalla peste, eppure sono state adottate misure autoritarie che gli stessi costituzionalisti ora stanno mettendo in dubbio».
Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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