L'INTERVISTA
Un film corale sull'amicizia. Dopo quarantatrè anni di lavoro,

Sabato 15 Febbraio 2020
L'INTERVISTA
Un film corale sull'amicizia. Dopo quarantatrè anni di lavoro, tenendo conto anche del suo impegno a teatro, e ventisei film che fanno parte della storia del cinema italiano, Carlo Verdone torna in sala con una commedia generosa che premia gli attori scelti, facendo fare a se stesso un passo indietro.
Si vive una volta sola, nelle sale dal 26 febbraio prodotto da Filmauro di Luigi e Aurelio De Laurentiis, è un inno all'amicizia: tre uomini e una donna, validi colleghi di sala operatoria e soprattutto amici, insospettabili e implacabili maestri della beffa, sorprendenti nel gioco di squadra e insuperabili nel partorire scherzi spietati, specialmente se la vittima di turno è uno di loro.
Sceneggiato da Verdone con Giovanni Veronesi e Pasquale Plastino, nel cast si trovano Anna Foglietta nelle veci della strumentista Lucia Santilli; Rocco Papaleo in quelli del medico anestesista Amedeo Lasalandra, e Max Tortora nel suo assistente Corrado Pezzella; a guidare la formidabile équipe medica è il professor Umberto Gastaldi, alias Verdone.
Il film è interamente girato in Puglia. I quattro amici inciamperanno in un'esperienza che non dimenticheranno mai, un colpo di scena che potrebbe cambiare per sempre le loro vite.
Si Vive Una Volta Sola è una beffarda radiografia dei nostri tempi raccontata attraverso il suo sguardo acuto, dissacrante e sempre originale.
«Volevo fare un bel film, con una buona regia e credo di esserci riuscito. Dopo gli ultimi due film, avevo un grande bisogno di tornare ad un film corale come lo fu Compagni di scuola, perchè mi piace dirigere e seguire gli attori, e se possibile fare io stesso un passo indietro. Così dalla traccia di Giovanni Veronesi, abbiamo cominciato a pensare allo sviluppo del progetto e gli attori ci sono subito stati chiari per ogni ruolo. Questa è la storia di una grande amicizia tra persone tanto brave nel loro lavoro ma dalle vite private disastrate dalla solitudine, come spesso accade nella realtà: dietro ad un grande prestigio arrivato nella professione, si celano persone sole, piene di problemi, sentimentali o economici, la cui ancora di salvezza è l'amicizia profonda».
Dunque un film sull'amicizia che riprende anche la sua passione per la medicina?
«Sull'amicizia che tra i protagonisti diventa quasi troppa di fronte ad un evento che non sanno come gestire. Sì, è conosciuta la mia inclinazione per l'ambiente medico ma in questo caso la scelta era già nell'idea di Veronese; così mi sono messo nei panni di un chirurgo, seguito passo passo in scena dall'aiuto di un vero medico per insegnarci la professione, dall'utilizzo dei bisturi e delle forbici a come mettere i punti. È un film meticoloso, due mesi di lavorazione faticosa ma al tempo stesso che ha ridato molto per la qualità del risultato finale».
Con una così ampia esperienza alle spalle e un successo consolidato in oltre quarant'anni, non può che essere un bilancio positivo il suo.
«Super positivo, innanzitutto per la salute: prima del talento, è necessaria la salute per reggere ai ritmi e per superare i momenti di malessere interiore. Poi non mi recrimino nulla, ho lavorato tantissimo e ho sempre cercato di cambiare, di non ripetermi. I miei primi film erano infatti basati sulla caratterizzazione dei personaggi, poi ci aggiungevo la storia: così con Sacco Bello del 1980, Viaggi di Nozze e con Grande, Grosso e Verdone, voluto dai miei fan con il mio nome nel titolo. Poi ho sterzato verso la costruzione di una storia dove inserirci i protagonisti ma senza una forte caratterizzazione perchè non voglio essere ricordato come un attore patetico e nostalgico, ma ho voluto guardare avanti e adattare a dei temi e a dei soggetti, le mie storie».
In questi anni, per uno come lei che osserva e racconta la realtà, cos'è cambiato?
«È cambiato tutto. Sono cambiati i colori della mia città e dell'Italia così come i costumi e i gesti e dunque raccontare oggi è molto più difficile di un tempo perchè la globalizzazione ha reso tutto uguale. Dal 1980 ad oggi, tutto si è trasformato anche la modalità dell'ironia: oggi si è meno disposti a ridere perchè più soli e diffidenti. A me sembra di aver vissuto più vite contemporaneamente, e al tempo stesso, il tempo è passato velocemente».
E a Venezia lei è legato?
«Venezia è la città dell'arte, dove è nata la commedia con Goldoni, come non amarla. Ma i miei ricordi di infanzia mi riportano al Lido, dove trascorrevo con la famiglia parte delle vacanze estive in concomitanza alla Mostra del Cinema. E mi torna in mente anche il mio primo batticuore verso una ragazzina dell'isola, che mi abitava di fronte in un bel palazzo e di cui però non ricordo il nome. Ma ogni estate tornavo felice perchè l'avrei rivista ancora. Ricordo anche che dalla finestra della casa di vacanza vedevo il retro dell'Excelsior con il va e vieni di tutte le star con grandi macchine lussuose nel parcheggio dell'epoca: da lì è nata la mia collezione di macchinine, come le Dinky Toys».
E a quando un film girato in Veneto?
«Spero che ci sia l'occasione di ambientare e di girare interamente in questo territorio, che già in parte conosco e che ho inserito in alcune scene dei miei film. Ora però deve arrivare la storia giusta».
Francesca Delle Vedove
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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