L'INTERVISTA
«I contadini si ammalano più dei cacciatori. E noi oramai

Mercoledì 16 Giugno 2021
L'INTERVISTA
«I contadini si ammalano più dei cacciatori. E noi oramai siamo contadini, anche se viviamo in città superaffollate; infatti ci ammaliamo. Siamo contadini ma in realtà anche predatori: di ambienti e risorse e di altri viventi e combiniamo anche una doppia natura. Siamo predatori, e lo siamo diventati culturalmente. E siamo contadini perché stabiliti a coltivare quello che mangiamo in posti dove ci assembriamo. La pandemia la lezione del Covid-19 è ancora in corso - ormai si è capito, siamo noi a crearla con la nostra maniera di vivere».
Mario Tozzi, scienziato-divulgatore (Rai Tre, Sapiens in onda sabato sera). scrittore e uomo di televisione, è deciso. Il suo ultimo libro si titola Uno scomodo equilibrio. Ecologia evoluzione storia, come prevenire la prossima pandemia (Mondadori, 19, anche in eBook) ed è un asciutto viaggio culturale e scientifico nel territorio del presente plasmato da un passato che riusciamo a scoprire malamente solo adesso.
Come la Venezia storica che lei descrive nel libro vero? Un esempio da seguire.
«In questa città (e a Ragusa, odierna Dubrovnik ) nascono i primi lazzareti. Bisognava isolare (mettere in un'isola) chi era ammalato e poteva infettare gli altri. Dalla metà del 1400 in poi si usò così, E anche se con fatica il metodo funzionò. Ma a Venezia si utilizzava anche la parola «contumacia», riferendosi all'isolamento di persone e anche merci provenienti da zone infette. Lo scopo del sistema, inventato dai veneziani, era ben preciso, ed era soprattutto economico: con questo metodo, tutta l'attività economica poteva comunque proseguire tranquillamente, una volta che il meccanismo era entrato a regime».
Cosa avevano capito i veneziani?
«Pur non comprendendo la natura del male i veneziani, continuarono a mantenere integra e fiorente per secoli l'economia, anche se la città veniva colpita dalle pestilenze. Anche i romani cominciano a isolare, prima di Cristo, dall'isola Tiberina dove avevano creato un lazzareto. Del resto occorre sapere che proprio batteri e virus (dalla malaria al tifo, alla dissenteria alla peste, al vaiolo) determinano il declino dell'Impero romano».
C'è da chiedersi allora perché restiamo socialmente e collettivamente così ignoranti, sembra che oggi abbiano tolto di mezzo il sapere scientifico, come mai?
«Perché abbiamo delegato alla tecnologia parte dell'esistenza. In realtà preferiamo non sapere perché non vogliamo limiti, ci sembra che non ci siano dovuti. In qualche modo la differenza tra noi e gli altri viventi è l'accumulo. Noi accumuliamo, gli altri esseri no».
Ma continuiamo a cacciare come niente fosse.
«È nella natura dei sapiens essere contradditori, capaci anche di grandi gesti oltre che di essere grandi predatori».
Tampone sì o no? Caos mascherine, negazionisti che fanno difficoltà su tutto. Perché?
«Colpa dell'ignoranza e delle persone che non si rassegnano a regole. Questa storia va affrontata col metodo scientifico ed è un fatto fisico. Invece c'è chi vuole affrontarla politicamente o socialmente: non è possibile. Il metodo scientifico ci dice che se vuoi uscire fuori deve chiudere e vaccinare. La febbre spagnola ci dà ancora lezioni ma non le capiamo. Lì si cominciò a tracciare i malati. E già nel 1918 sapevano che occorreva tenersi almeno ad un metro di distanza. Adesso.».
David Quammen in Spillover ha raccontato la pandemia un decennio prima che avvenisse.
«Mi chiede perché non si fa niente? È scomodo: dovresti fermare per esempio la deforestazione e fare mille altre cose che non mi pare si facciano».
Conviviamo coi virus, scrive che virus ci hanno permesso di svilupparsi e riprodurci; la placenta, il nostro Dna sono fatti anche dai virus.
«Degli invisibili virus ne vediamo solo danno. E non avendo una prospettiva così lunga siamo in difficoltà di fronte al virus perché non lo conosciamo. Ma penso che nessuno rinuncerebbe alla flora batterica intestinale, sarebbe una follia. E dobbiamo ascoltare quello che ci ha detto la storica e vittoriosa battaglia per i vaccini contro vaiolo, tubercolosi, rosolia e altri».
La lezione degli incontri col nuovo mondo e le malattie derivate, 500 anni fa non ci ha insegnato alcunché. A Napoli anni fa tornò il colera.
«Fino a quando siamo stati cacciatori-raccoglitori nomadi, siamo stati fondamentalmente, in buona salute senza malattie infettive, campando poco. Ma poi arriva l'agricoltura e nascono le città, vere riserve di caccia e di cibo per i patogeni. I sapiens si ammalano e l'equilibrio si altera».
Cosa risponderebbe a un figlio, a un nipote adolescente che chiede come fare per il futuro? Possiamo sostenere che saremo diversi?
«No, non saremo diversi. Perché dovremmo dirgli una cosa che non siamo in grado di fare? Meglio non dire niente del futuro: possiamo ammettere che abbiamo sbagliato, che possiamo limitare i danni. Ora la palla tocca a loro: noi possiamo fare molto poco mi pare. Bisogna almeno non ostacolarli. Ma prima ci devono sbattere via, noi siamo oggettivamente il problema».
La scuola conta per trasmettere idee per il futuro e formare cittadini nuovi?
«Francamente fino ad ora mi pari conti relativamente».
Nel libro parla di Maga Magò vinta da Merlino che nella sfida del fumetto per vincere si trasforma in un virus: grande lezione.
«Merlino ci dice che il mondo appartiene ad un germe patogeno. Come divulgatore provo con libri e tv a raccontare la scienza. Però ci si scontra con oggettive questioni che sembrano molto più grandi di noi: invece tutto dipenderebbe da un nostro atteggiamento, ma per i sapiens il cambio abitudini è complicato.
Uno scomodo equilibro: ma ci dicono che bobbiamo essere felici, che il futuro sarà migliore, certezze che la giustizia trionferà: difficile. Dovremmo rovesciare l'idea che l'umanità ha costruito di se stessa?
«Auspicabile però la vedo lontana da venire. Tutto si scontra con i sapiens predatori. Più hanno più vorrebbero avere; con effetti ambientali negativa pesanti».
I libri dell'antichità, anche religiosi, parlano di un gran rispetto per l'ambiente.
«Un tempo questa cosa era naturale negli uomini, il rispetto per il luogo in cui si vive. All'inizio filosofie e religioni rispecchiavano questa situazione. Ora no».
Donne migliori degli uomini di fronte alle crisi ambientali?
«Donne più evolute: portatrici di un'armonia migliore; si può dire che le società matriarcali avevano più senso di equilibro. E poi sarebbe dura vivere senza speranza».
Adriano Favaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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