L'INTERVISTA
Come ci si sente a essere la prima rock band ad aver vinto il Festival

Lunedì 8 Marzo 2021
L'INTERVISTA
Come ci si sente a essere la prima rock band ad aver vinto il Festival di Sanremo? I Maneskin rispondono con quel mix di spocchia, ma anche consapevolezza tipico dei ventenni: «Abbiamo fatto la rivoluzione. Più che la vittoria in sé, la cosa più bella è avere il sentore che qualcosa sia veramente cambiato a Sanremo». Nella notte tra sabato e domenica la band romana lanciata da X Factor nel 2017 e composta da Damiano David (voce, 22 anni), Victoria De Angelis (basso, 20), Thomas Raggi (chitarra, 20) e Ethan Torchio (batteria, 20) ha trionfato al Festival battendo con il rock graffiante e spigoloso di Zitti e buoni il duo della bassanese Francesca Michielin e Fedez e Ermal Meta. L'altra giovane vicentina, Madame (originaria di Creazzo), ha portato a casa il premio Bardotti per il miglior testo, ed è arrivata ottava con Voce.
I vostri genitori cosa fanno nella vita?
«Lavori modesti. Quelli di Damiano, ad esempio, sono entrambi assistenti di volo. Non siamo figli della Roma bene, siamo cresciuti in quartieri come Monteverde, Bravetta, Balduina».
«Rockstar si nasce, non si diventa», diceste a X Factor: voi quando avete scoperto di esserlo?
«Nei primi anni di liceo. Siamo cresciuti ascoltando rock classico. Poi i Rage Against the Machine. Una passione trasmessa in parte dai nostri genitori: il papà di Thomas è un metallaro, lavorava per una rivista (Metal Shock, ndr). Il nuovo disco, Teatro d'ira, lo abbiamo registrato in un casale al confine tra Lazio e Umbria, il Mulino Recording, come facevano i gruppi che abbiamo amato. Uscirà il 19 marzo. Ci siamo rinchiusi lì per qualche settimana, vivendo insieme e lavorando giorno e notte utilizzando banchi di missaggio Anni 70 e amplificatori a valvola».
Lo fate per moda o perché effettivamente le cose registrate con questi mezzi hanno un suono migliore?
«I dischi suonano in maniera completamente diversa, così. Un conto è registrare con un banco analogico, un conto farlo con una chitarra collegata al pc in cameretta».
Non è un po' anacronistico, nell'era della trap?
«Noi no inseguiamo la tendenza: la creiamo. Vogliamo dimostrare ai nostri coetanei che c'è un'alternativa, che la musica suonata può avere ancora uno spazio».
Da Vasco a Piero Pelù, passando per Drigo dei Negrita e Ruggeri: il rock italiano esulta per la vostra vittoria. Il commento più bello?
«Tutti. Ma quello di Vasco è stato un regalo inaspettato. La nostra manager è venuta correndo verso di noi mostrandoci il post, urlando. È un gigante e non smetteremo mai di ringraziarlo. Così come Manuel Agnelli, tra i primi a credere in noi ai tempi di X Factor: che bello cantare con lui i Cccp».
Sui social c'è chi vi critica anche per le esibizioni un po' eccessive e sopra le righe: perché tanto odio nei vostri confronti?
«Se uno è scarso non lo critica nessuno. Se uno è bravo, invece, sì. Forse c'è dell'invidia».
Damiano, in Zitti e buoni canta: «Troppe notti stavo chiuso fuori»: fuori dove?
«Da casa. Stavo fuori dalla mattina alla sera a inseguire il sogno di fare il musicista. Non ho bisogno di inventare storie per avere una credibilità di strada. Però qualche tarantella l'ho fatta anche io (ride)».
Che intende dire?
«Le classiche cose che si fanno a 16 anni: andare in discoteca e fare danni. Ma non sono uno di quei criminalotti. La famiglia mi ha sempre tenuto al riparo dagli ambienti malsani».
All'Eurovision canterete in italiano o in inglese?
«In italiano. Rappresentare l'Italia all'estero con un pezzo rock cantato nella nostra lingua sarà la nuova sfida, dopo aver vinto Sanremo».
Mattia Marzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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