L'INTERVISTA
Ci sono battaglie per cui vale la pena di vivere e morire. Lo sa

Mercoledì 15 Novembre 2017
L'INTERVISTA
Ci sono battaglie per cui vale la pena di vivere e morire. Lo sa bene Kuki Gallmann, 74 anni, nata Maria Boccazzi, la donna più resistente dell'avorio, colei che ha giurato sulle tombe del marito e del figlio di proteggere gli elefanti africani dall'uomo e dalla sua arroganza. E che sabato riceverà il premio honoris causa Gambrinus Mazzotti. «Non ci sarò, ma ci sarò. E leggerò alcune righe scritte di mio pugno. Ma, insieme voglio citare le parole di mio padre». In un video rimanderà la sua voce e la sua immagine da Laikipia, nel Nord del Kenya, dove abita da 45 anni. E dove, lo scorso aprile, ha rischiato di morire in seguito ad un attentato. «Ma io non me ne vado» ribadisce con fermezza.
È nel 1972 che la Gallmann lascia l'Italia. Nata il 1 giugno 1943, Kuki non è solo figlia del celebre medico esploratore Cino Boccazzi, ma anche della storica dell'arte Franca Zava. Poi il trasferimento in Kenya con il secondo marito Paolo e il figlio Emanuele, che moriranno tragicamente nel 1980 e nel 1983. Pochi mesi dopo, Kuki darà alla luce Sveva Makena, oggi suo braccio destro nella lotta a tutela delle specie animali in pericolo di estinzione e nella formazione dei giovani kenyoti alla Gallmann Memorial Foundation. «L'Africa rischia di perdere se stessa. I kenyoti non conoscono neppure le loro tradizioni e le loro ricchezze naturali spiega Gran parte di loro passa l'intera vita senza neppure vedere un elefante».
Come si sente dopo l'incidente? Quali sono le sue attuali condizioni di salute?
«Dovrò sottopormi ad altri interventi per correggere effetti collaterali delle ferite da arma da fuoco riportate, ma lo spirito regge. È la mia forza spirituale a sostenermi. Guardo al futuro con piena fiducia».
Com'è ora la situazione alla Conservancy di Ol Ari Niyro, dopo le ripetute minacce dei commandi Pokot che nei mesi scorsi hanno causato prima la distruzione di alcuni cottage e poi il suo attentato?
«Il Governo ci è stato ed è vicino per ristabilire la calma. Ed attualmente lo stato di sicurezza della proprietà sta migliorando».
In che direzione sta andando il Kenya oggi? Come ha vissuto le recenti elezioni che hanno visto la riconferma del potere a Uhuru Kenyatta? Ci sono molti stranieri che sono usciti definitivamente dal Paese, temendo per la sua fragilità politica.
«Il processo che si sta svolgendo è il risultato della nuova costituzione e delle nuove leggi. Noi speriamo per il meglio».
Cosa ha pensato quando le hanno comunicato il conferimento di questo premio?
«Il pensiero è andato subito a mio padre, Cino Boccazzi. È lui che mi ha insegnato ad essere quella che sono. La sua più grande eredità è stata l'amore per la natura. Poi ho pensato a Bepi Mazzotti, che era amico di papà. Un'amicizia, la loro, che ha generato tante cose importanti nel segno del recupero del passato e della bellezza».
Dunque che significato dà al Gambrinus Mazzotti che sabato le verrà tributato?
«Sono molto grata che il mio paese d'origine mi abbia dato questo riconoscimento per il mio lavoro per l'ambiente e per la comunità di questa parte dell'Africa in un momento non facile e dopo questa ennesima prova. Ma lo considero anche un riconoscimento per il Kenya».
È nata a Treviso e per un trentennio è vissuta qui. Cosa le è rimasto nel cuore del Veneto?
«La cortesia genuina, la generosità e l'ospitalità dei suoi abitanti. Treviso è una città di grande calore. Le case, le famiglie trevigiane, hanno il potere di farti sentire davvero bene. Treviso rappresenta la provincia nel senso migliore. E così tutto il Veneto. Con il suo culto per il bello, la sua cucina, la sua visione dell'amicizia e delle relazioni».
Si ritrova ancora nei panni della protagonista de Sognavo l'Africa, libro divenuto celebre film (con Kim Basinger) che ha fatto sognare milioni di persone?
«Da 45 anni il Kenya è la mia casa, e la mia patria d'adozione: forse ho realizzato il mio sogno. In questo momento, questo premio mi dà ulteriore coraggio per affrontare la ripresa fisica e continuare a battermi per ciò in cui credo e a cui ho dedicato la mia vita. E lo prendo come un'occasione per rinnovare il giuramento che ho fatto tanti anni fa. Dare tutta me stessa per ristabilire la giusta empatia tra uomo e natura».
Quali sono le battaglie per cui vale ancora la pena di vivere (e di morire)?
«Lo dico senza alcuna esitazione: la protezione dell'ambiente. Da cui tutto comincia e in cui tutto finisce».
Elena Filini
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