L'INTERROGATORIO
VENEZIA Come da previsione, come ovvio che fosse trattandosi

Mercoledì 23 Ottobre 2019
L'INTERROGATORIO
VENEZIA Come da previsione, come ovvio che fosse trattandosi di una rogatoria, Antonio Genesio Mangone, 54 anni, originario di Cosenza e residente a Finale Emilia, arrestato mercoledì scorso con l'accusa di estorsione aggravata dai metodi mafiosi, non ha risposto alle domande del giudice per le indagini preliminare di Civitavecchia, che l'ha interrogato su mandato del gip veneziano Gilberto Stigliano Messuti. E al gip laziale, Mangone non ha nemmeno chiesto la sostituzione della misura del carcere: se ci sarà, la richiesta arriverà direttamente all'ufficio gip di Venezia, lo stesso che una settimana fa ha tramutato i suoi arresti domiciliari - dove si trovava da marzo con l'accusa di far parte della cosca Grande Aracri della ndrangheta - in custodia cautelare in carcere.
Sono tre le estorsioni contestate a Mangone nell'ordinanza del gip Stigliano Messuti ed emerse dalle testimonianze di alcuni imprenditori che dopo la retata di marzo, quando vennero arrestate 27 persone, decisero di raccontare il pressing degli emissari della ndrangheta sulle loro aziende, usate come lavatrici dei soldi fatti con affari illeciti. La prima riguarda la riscossione di un credito relativo ad un prestito usuraio di 300mila euro (con interessi del 20 per cento al mese) che l'imprenditore Leonardo Lovo aveva ottenuto da un soggetto poi finito in carcere, al quale si era rivolto per far fronte ad una serie di difficoltà aziendali: con minacce e intimidazioni l'imprenditore sarebbe stato costretto a versare 4500 euro, un orologio Franck Muller e gioielli: «Assumiti la tua responsabilità, siamo tutti una famiglia» gli disse Mangone per indurlo a far fronte al suo debito. La seconda vittima di estorsione è un imprenditore di origini albanesi, Adrian Arcana sottoposto a minacce e violenze per impedire che portasse all'incasso due assegni che gli erano stati consegnati a pagamento di lavori edili. C'è poi l'estorsione ai danni di Mario Borella, titolare della Golden costruzioni, che aveva ceduto un negozio a Sambruson di Dolo per 75mila euro, mai visti. «Tu devi venire a firmare, che tu voglia o non voglia - lo minacciò Mangone davanti al notaio Gianluigi Maculan, anch'egli indagato - Io sono una persona onesta ma tu stai attento che se non fai effettivamente le cose vanno anche a finire male».
N. Mun.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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