«L'ex sindaco Teso al servizio del clan»

Sabato 20 Marzo 2021
ERACLEA
Ci sono volute 768 pagine per elencare tutti i motivi che hanno portato il 10 novembre dell'anno scorso alla condanna di 24 imputati, che pur avendo scelto il rito abbreviato hanno collezionato 130 anni di carcere. Ieri il Gup Michela Rizzi ha depositato le motivazioni di quella sentenza che dipinge un quadro irrimediabilmente fosco per non dire drammatico per la città di Eraclea, soprattutto per quanto riguarda la compromissione della politica locale con la camorra. Non è tenera il Gup Michela Rizzi con Graziano Teso, il primo e unico sindaco veneto condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Per motivare i 3 anni e 3 mesi inflitti a Teso, il Gup parla di plurimi elementi indiziari, gravi, univoci e convergenti che, valutati nel loro complesso, portano a ritenere sussistente il reato contestato all'imputato sia sotto il profilo materiale che sotto il profilo psicologico. Vuol dire che Teso ha aiutato concretamente il clan dei casalesi a impadronirsi di Eraclea. In cambio ha ottenuto l'appoggio per l'elezione a sindaco a partire dal 2006 e fino alle ultime elezioni, quando è diventato vicesindaco della Giunta di Mirco Mestre, arrestato a febbraio 2019 e imputato nel processo in corso in aula bunker a Mestre per gli imputati che, a differenza di questi 24 che hanno scelto il rito abbreviato, hanno deciso per il processo ordinario.
APPOGGI CONCRETI
Ma non basta, scrive Michela Rizzi nelle motivazioni della sentenza: Vi sono intercettazioni telefoniche successive e assai più recenti che dimostrano come il sodalizio contasse ancora sull'appoggio di Teso nel periodo in cui era inserito nella giunta Mestre. Tant'è che in una intercettazione del 29 giugno 2016, Luciano Donadio confessa a Paolo Valeri che Boccion, soprannome attribuito a Teso, a lui non può dire di no. Peraltro resta il dubbio che in alcuni casi l'intervento di Teso a favore del clan dei casalesi nascondesse anche un interesse diretto del sindaco in alcuni affari come quello dell'hotel Victory. In un interrogatorio del 26 settembre 2019, Nunzio Confuorto dichiara: Era stato lo stesso Donadio a dirmi che sull'albergo avevano investito il denaro lui, Graziano Poles e Graziano Teso. E dunque, per mille motivi, non si può avere dubbi, scrive il Gup, che Graziano Teso abbia messo gli interessi dell'amministrazione comunale di Eraclea e la sua stessa carica di sindaco al servizio del clan. Non ci fosse stato il rito abbreviato, Teso avrebbe portato a casa almeno 4 anni e 8 mesi di reclusione.
Durissimo anche l'atto di accusa contro un altro servitore dello Stato e cioè il poliziotto del Commissariato di Jesolo, Moreno Pasqual, pure lui condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
IL POLIZIOTTO
Secondo le motivazioni della sentenza che ha condannato il poliziotto a 5 anni di carcere, Pasqual si poneva costantemente a disposizione dell'associazione mafiosa frequentando Luciano Donadio e Antonio Puoti (rispettivamente capo e nipote del capo del clan dei casalesi di Eraclea), oltre che per soldi, anche in cambio di vari benefici tra cui la dipintura di un immobile, lavori edili vari, disponibilità di un immobile, l' interessamento di Donadio per fare un assumere la compagna e la disponibilità a procurare un falso titolo di ragioniera.
Non solo, Pasqual informava Donadio di perquisizioni e inchieste mentre aiutava il figlio di Donadio ad ottenere la licenza per aprire un punto scommesse Snai a Eraclea. Insomma Pasqual era totalmente al servizio del clan dei casalesi.
Ma anche l'avv. Anamaria Marin avrebbe aiutato il boss dei casalesi. Alla legale viene riconosciuta dal Gup la responsabilità per il reato di favoreggiamento dal momento che avrebbe riferito a Donadio notizie apprese nell'esercizio del mandato difensivo ovvero informazioni illegalmente acquisite oppure destinate a rimanere segrete. Annamaria Marin è stata condannata a 8 mesi, pena sospesa.
Oltre a questi imputati eccellenti, la sentenza contiene le motivazioni delle condanne anche per gli altri, tra i quali l'imprenditore sandonatese Christian Sgnaolin, condannato a 5 anni e 10 mesi, Girolamo Arena (6 anni), Antonio Basile (12 anni) e Antonio Puoti (6 anni e 6 mesi).
Maurizio Dianese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci