L'EVENTO
Per il grande ritorno del Don Carlo di Giuseppe Verdi al Teatro La Fenice,

Venerdì 22 Novembre 2019
L'EVENTO
Per il grande ritorno del Don Carlo di Giuseppe Verdi al Teatro La Fenice, opera inaugurale della stagione 2019-2020 e in scena fino al 7 dicembre, è stata scelta la versione italiana in quattro atti presentata per la prima volta alla Scala nel 1884. Il compositore, attingendo all'omonima tragedia di Schiller ambientata nella Spagna del sedicesimo secolo, aveva scritto dapprima, nel 1867, un'opera in francese in cinque atti e con il balletto, affascinato dal tema dell'inconciliabilità tra ragion di stato e aspirazione alla libertà.
Robert Carsen, il regista, ha preferito la successiva rielaborazione verdiana, più breve e intensa, per esaltare il contrasto religioso e politico tra la Spagna cattolica e le Fiandre protestanti. Tutto è giocato sul ruolo oppressivo della Chiesa, che sorveglia ogni cosa nel tetro regno di Filippo II che nella scena dell'autodafé (il supplizio per gli eretici, ma qui si bruciano libri), indossa una tiara nera. E scuri sono gli austeri costumi firmati da Petra Reinhardt, senza precise connotazioni temporali. Carlo, il figlio di Filippo, si muove come fosse una sorta di Amleto col teschio in mano. Carsen non crede nell'amicizia, uno dei temi nuovi sviluppati in quest'opera da Verdi, e trasforma Rodrigo, il marchese di Posa, in un traditore, alleato del Grande Inquisitore. Non muore dunque nel terzo atto ma, eliminato Carlo, lo ritroviamo nel finale a ergersi quale nuovo signore. In ciò il regista è coerente con quanto dichiarato: «Se anche il pubblico cercasse una verità storica in questo lavoro, rimarrebbe deluso, perché niente è storicamente corretto. Ci troviamo invece in una narrazione psicologica il cui background è un paesaggio emotivo».
SUL PALCOSCENICO
La scena del Don Carlo, ideata da Radu Boruzescu, è grandiosa, profonda e prospettica, costruita su due piani. Il montaggio alla Fenice è stato un lavoro di grande impegno. «Tutto era già stato predisposto prima che arrivasse la grande acqua alta», ci spiega il direttore degli allestimenti scenici, Massimo Checchetto. «Per contenere l'enorme struttura abbiamo trovato un magazzino a Marghera. Da lì, dopo aver distinto con tre colori i numerosi pezzi di questo complesso puzzle, con diverse barche abbiamo trasportato tutto in teatro, attaccando gli elementi sospesi sul soffitto durante le repliche di Traviata. Per il montaggio finale abbiamo dovuto svuotare le torri del boccascena. Solo così è stato possibile incastrare la struttura, tutta in ferro e con scale che consentono di camminare a più livelli, e innalzarla di dieci metri. Ci abbiamo messo una settimana ed è un tempo eccezionale se si considera che a Essen, in Germania, da dove l'allestimento proviene, la scena era stata montata in quindici giorni, eppure hanno un teatro modernissimo, praticamente con tre palcoscenici».
LOTTA ALL'ACQUA ALTA
L'acqua alta, dunque, ha rallentato di fatto solo le prove di regia, oltre ad aver danneggiato naturalmente tutti gli impianti dei servizi, dal riscaldamento ai vari dispositivi, in gran parte prontamente recuperati grazie alla collaborazione di tutte le forze del Teatro e di quanti si sono subito messi a disposizione.
Musicalmente, il direttore coreano Myung-Whun Chung è una garanzia per quanto riguarda l'attenzione al segno verdiano, al rigore esecutivo. Il suo lavoro, durante i giorni in cui la Fenice non era agibile, è continuato a Treviso, al Teatro Comunale Mario del Monaco. Ad assecondarlo gli interpreti principali Piero Pretti (Don Carlo), Alex Esposito (Filippo II), Julian Kim (marchese di Posa), che debuttano i rispettivi ruoli con grande attenzione alla correttezza, per certi versi, quasi belcantistica della linea vocale, nonché Maria Agresta (Elisabetta di Valois), Veronica Simeoni (Eboli) e Marco Spotti (Il grande inquisitore). Completano il cast Leonard Bernad nel ruolo del frate, Barbara Massaro il quello del paggio di Elisabetta, Luca Casalin in quello del conte di Lerma, Matteo Roma in quello dell'araldo reale, Gilda Fiume in quello della voce dal cielo; Szymon Chojnacki, William Corrò, Matteo Ferrara, Armando Gabba, Claudio Levantino e Andrea Patucelli sono invece i sei deputati fiamminghi.
Mario Merigo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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