L'AUTORE
Nato e cresciuto a Torino, colui il quale si cela dietro lo pseudonimo

Giovedì 13 Agosto 2020
L'AUTORE
Nato e cresciuto a Torino, colui il quale si cela dietro lo pseudonimo di Ade Zeno, autore del libro L'incanto del pesce luna, edito da Bollati Boringhieri, ha 41 anni, due figli piccoli, una laurea in letteratura contemporanea, un dottorato in dialettologia, e un lavoro come cerimoniere nel Tempio crematorio della sua città.
Com'è avvenuto il salto dall'università al cimitero?
«Lavoravo come assegnista di ricerca a un atlante linguistico, ma non ho fatto un gran balzo, perché anche l'università è un luogo funebre. Anzi, il settore cimiteriale spesso è più vitale di quello universitario. Ho fatto la tesi di dottorato sulle editazioni linguistiche, ovvero sulle forme fraseologiche che sostituiscono nomi sgradevoli con un eufemismo. In particolare i nomi che riguardano la morte con il classico è mancato. C'è pudore a parlare della morte, il grande tabù, per cui si usano locuzioni, è un tema scabroso, anche se naturale, che non siamo capaci di affrontare».
Ha contravvenuto a un mantra dell'editoria: non si scrive di morte perché i libri che parlano di morte non vendono.
«È vero, di fronte a tale tema si storce subito il naso. Comunque questo libro è stato proposto dal mio agente letterario a pochissimi editori e le resistenze riguardavano l'atmosfera piuttosto cupa del romanzo. C'è sempre resistenza alle storie disturbanti che sconfinano da certe strade, sono viste con diffidenza, si pensa che il lettore abbia bisogno di qualcosa di consolatorio. Ho firmato due anni fa il contratto con Bollati Boringhieri che non ha formulato alcun tipo di resistenza e io sono loro grato per l'accoglienza».
E i lettori? Che segnali ha ricevuto?
«Siamo in un periodo storico in cui è semplice rintracciare gli autori e i timori si sono rivelati infondati. Ho ricevuto bellissime lettere e la lettera che mi ha fatto più piacere di tutte è stata quella di un prete. Nonostante io dichiari il mio ateismo, mi ha scritto che ha trovato un aspetto religioso nel libro. Quindi mi ha fatto capire di aver raggiunto anche chi non pensavo di poter raggiungere».
Il protagonista fa il suo lavoro, è un libro autobiografico.
«Uno scrittore per non essere un cialtrone deve parlare di ciò che conosce. Ho attinto in modo molto specifico, pur se parziale, alla mia esperienza, anche se poi il protagonista compie una scelta molto più complessa e variegata. Quel che scrivo non è inventato, anche se viene riproposto con una profondità maggiore, comunque all'interno di un contesto che spinge chi lavora in questo settore a confrontarsi con la morte e con le domande importanti».
Lo pseudonimo Ade Zeno è una riproposizione dell'alfa e omega, simboli di inizio e fine? E che relazione c'è con Italo Svevo? «Ho scelto lo pseudonimo per due ragioni. Una è che non mi piace mescolare la mia vita privata con quella dello scrittore, voglio stare per conto mio. L'altra è che mi aiuta a dialogare con il libro. Per quanto riguarda Svevo, lo amo moltissimo, ma non è un mio padre fondatore. Ettore Schmitz è un caro amico, ma non c'è un richiamo al suo romanzo più celebre. Lo pseudonimo ha una ragione che non intendo spiegare».
E poi c'è la dedica a Gene Kelly, celebre ballerin.
«Cerco sempre leggerezza, nella vita e nella scrittura, la cerco e non la trovo. Kelly è un simbolo irraggiungibile, il simbolo dell'allegria a cui dovremmo aspirare tutti. Io ancora non ce l'ho fatta a raggiungerla, ci devo lavorare di più».
Nelle recensioni al suo libro L'angelo esposto, si sottolinea il valore della scrittura.
«Ho una scrittura che vuole essere molto letteraria. Mi sento meglio se una frase è molto lavorata. Compio una ricerca di ritmo e scioltezza al servizio del lettore. Scrivere è per me motivo di grande fatica, è una cosa che detesto fare. Mi piace molto, invece, aver scritto ed è per quello che continuo a farlo, ma quando ho finito mi sento molto sollevato».
Alessandro Marzo Magno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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